due chiacchiere

Così i santi hanno vinto

Superbowl, una parola sconosciuta alla stragrande maggioranza degli europei, ma che in America è un vero e proprio evento nazionale, quasi importante quanto il 4 luglio o il giorno in cui si commemorano i caduti in guerra. Ieri s’è disputata la finale tra i New Orleans Saints e gli Indianapolis Colts. Ed i primi hanno vinto contro tutti i pronostici, il loro primo trofeo da quando si gioca questa competizione. Per noi “europei”, sarebbe a dire come se il Catania vincesse la Champions League. In effetti penso che la Coppa dei Campioni sia quella più vicina al Superbowl: le squadre di football devono prima vincere l’equivalente del nostro scudetto, poi fanno i play-off ad eliminazione diretta (che non funzionano ad ottavi e quarti, ma  hanno un meccanismo più complicato che ho impiegato qualche giorno a digerire) ed infine accedono allo scontro finale.

Indianapolis era praticamente rimasta imbattuta per tutto il campionato, ma anche New Orleans non aveva fatto male. Ma come dicevo prima, se la finale fosse tra, che so, Real Madrid e Catania, tu chi diresti che vince? Eppure, il piccolo David ha sconfitto, con la tenacia di chi vuole dimostrare al mondo di potercela fare, il pompatissimo Golia. Che forse s’è presentato all’incontro un po’ troppo sicuro del fatto proprio. Pagandone le conseguenze ed uscendo a testa bassa dopo tre ore e passa di lanci, pochi touchdown e false partenze. La difesa, bisogna dire, è stata ben schierata da entrambe le parti, ma l’attacco, ovvero i ragazzi che quel pallone ovale lo devono portare oltre l’ultima striscia, è stato un altro discorso. Anch’io che non sono certo un appassionato di questo sport (anche se sto imparando a capirne tutte le regole, domenica dopo domenica), ho notato la differenza.

Comunque, per  New Orleans, che ancora si sta risollevando dopo l’uragano Katrina, è una bella soddisfazione. Che, come sempre accade qui, s’è trasformata per i network televisivi in ore ed ore di “documentari” strappalacrime su come  i giocatori della squadra avevano perso parenti nella tragedia, su come stavano aiutando la comunità a rialzarsi, e via dicendo. Io tifavo per loro, quelli di Indianapolis (mi si perdoni il francesismo) mi sono sempre stati un po’ sul culo. La “mia” squadra sono i New York Giants, di cui mio cognato è un sostenitore sfegatato, di quelli che strillano davanti alla televisione, al limite del dolore fisico quando le cose non vanno bene per la propria formazione. Ma i Giganti non hanno superato i play-off, e quindi quello di due anni fa rimane ancora  l’ultimo Superbowl per New York ed il New Jersey.

Commenti

  1. Elandryl
    ha scritto:

    E piovono anche ricette sul Superbowl 🙂
    Soprattutto con i colori dei mitici Saints!

    http://blog.fatfreevegan.com/2010/02/saintly-black-and-gold-salsa.html

  2. ha scritto:

    “un sostenitore sfegatato, di quelli che strillano davanti alla televisione, al limite del dolore fisico quando le cose non vanno bene per la propria formazione”.

    Come capisco tuo cognato… io sono un’appassionata di basket e dopo una finale scudetto (e per di più in un derby) persa dalla mia squadra per un fallo fischiato su un tiro da tre ho vagato come uno zombie e non ho parlato in casa e fuori con nessuno per una settimana!

  3. camu
    ha scritto:

    @Silvana: wow, io non vi capirò mai… ma non lo dico in senso dispregiativo, anzi con un pizzico d’invidia. Mi piacerebbe avere un tifo così passionale e viscerale per la mia squadra del cuore 😉

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