due chiacchiere

Dal ribollir dei tini, va l’aspro odor

Secondo appuntamento con il wine making casalingo, piacevole tradizione che abbiamo ripreso quest’anno, grazie all’annata sperabilmente propizia per l’uva americana. Dopo aver atteso circa sette giorni per far “bollire” il mosto, l’abbiamo separato dagli acini d’uva con l’aiuto di un colino ed un tubo di gomma, mettendolo in un altro tino.

A quel punto abbiamo trasferito tutto il resto della materia prima nel torchio, abbiamo montato tutto il castello di blocchi di legno necessario a spingere, ed ho cominciato a fare avanti e indietro con la sbarra metallica collegata agli ingranaggi che facevano scendere la pressa. Una massa alta circa un metro si è ridotta a più o meno un terzo del suo volume. Non contenti, abbiamo aperto il torchio, separato i chicchi spremuti dai raspi e li abbiamo rimessi nel torchio, facendo uscire, incredibilmente per me, altri 3 litri di mosto.

La prossima settimana ci sarà l’ultimo passaggio, che consiste nel travasare il mosto fermentato nelle damigiane, per farlo decantare per qualche mese. Non abbiamo le botti in legno, ma in negozio vendono degli speciali trucioli “pregiati” che promettono di dare al vino lo stesso sapore raffinato. Però quest’anno non li abbiamo presi, perché il retrogusto dell’ultima volta non ci è piaciuto. Speriamo di poter assaggiare il vino novello per Natale (giusto un bicchierello), prima di poterlo consumare intorno a Febbraio.

Commenti

  1. giglio
    ha scritto:

    Ma guarda, questi nuovi americani che si fanno il vino in casa!

    Risposte al commento di giglio

    1. camu
      ha scritto:

      @giglio: un sogno che non avrei mai potuto coronare nel mio piccolo buco d’appartamento in città, quand’ero in Italia 😉

  2. ha scritto:

    ‘mazza, pure il vino fai?

    Risposte al commento di Giovanni ~ Quacos

    1. camu
      ha scritto:

      @Giovanni ~ Quacos: potrei metterne una bottiglia in palio sul blog, ci penserò 🙂

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