due chiacchiere

I falsi pregiudizi sui siti web

Per centinaia d’anni la progettazione di qualsiasi cosa ha sempre posto problemi di accessibilità. Non è certo una questione limitata ai siti web: dall’accesso ad un edificio agli ascensori, dalle automobili alle prese di corrente in cucina, dalla televisione ai giochi per bambini, sono tutte situazioni in cui, volendo, ci si trova ad affrontare l’argomento “accessibilità” dell’oggetto. La soluzione al problema è sempre stata che il progettista, usando la sua esperienza in materia, prende delle decisioni ragionate per rendere l’oggetto in questione usabile (o leggibile, o accessibile) dalla grande maggioranza delle persone. Conservando allo stesso tempo un dato margine di controllo sull’estetica e sulle funzionalità. E gli altri? Beh, semplicemente si sono adattati ad usare quell’oggetto come meglio potevano, magari aiutandosi con appositi ausili. In termini spiccioli, se il libro aveva dei caratteri troppo piccoli, l’ipovedente si comprava una bella lente d’ingrandimento.

In altre parole, quello che non capivo in passato e che il mio capo m’ha fatto pian piano realizzare, è che il requisito di soddisfare le esigenze delle minoranze, va risolto ad un livello più “basso” del codice HTML, CSS e JavaScript. Se guardiamo d’altro canto ai moderni browser, si capisce come gli stessi sviluppatori di questi programmi se ne stiano rendendo conto, fornendo un numero sempre maggiore di opzioni per l’accessibilità (Opera è abbastanza avanti su questo fronte). In fondo questo è l’approccio più logico: se solo un sito su 10 offre la possibilità di ridimensionare il testo, il browser può aiutarci offrendo tale funzionalità per tutti i siti, eventualmente ingrandendo la pagina in sé. Anche i sistemi operativi sono da tempo attrezzati in tal senso: non bisogna aspettare che qualcuno implementi una lente di ingrandimento, sia Windows che Mac ce l’hanno a portata di mano. E la lista potrebbe continuare.

Voglio dire, è tempo di riscoprire nel web lo stesso approccio che per centinaia d’anni si è usato in tutte le altre cose: lasciare all’utente la possibilità di personalizzare il proprio computer in base alle specifiche esigenze. Non serve cercare di creare un sito che soddisfi tutti a priori, tanto è impossibile. Ricordo quand’ero in Italia, il mio dirigente era fissato col voler integrare un lettore vocale nel sito che gestivamo. Non è stato facile convincerlo dell’inutilità della cosa: un non vedente avrà già sicuramente Jaws installato sul proprio computer (altrimenti mi spieghi com’è arrivato ad aprire il sito aziendale in questione?), quindi è del tutto superfluo (se non controproducente) fornire questi appesantimenti della pagina. L’ha fatto Genialloyd per un po’ credo, e per me era un fastidio non da poco.

Benvenuto nel primo sito porno sonoro

Ovviamente non sto dicendo che l’accessibilità va totalmente buttata fuori dalla finestra. Chi sviluppa siti web, se conosce bene il proprio mestiere, deve sentirsi addosso l’obbligo morale di progettare pagine accurate, valide secondo gli standard e che siano in grado di soddisfare le esigenze del maggior numero di persone possibile. Diventa evidente, però, che da qualche parte bisognerà tracciare una linea di demarcazione. Che dipende da diversi fattori: soldi a disposizione, tempi di rilascio, competenze degli sviluppatori, target di utenti, e via dicendo. Se sarà necessario rinunciare alla versione ad alto contrasto chiaro su scuro, questo non farà di te un insensibile disgraziato.

Commenti

  1. CyberAngel
    ha scritto:

    Interessanti questi articoli sull’accessibilità, sicuramente in futuro di farò qualche domanda in merito.
    E ora una, o più domande: negli USA esiste un vademecum per quanto riguarda la progettazione dei siti web accessibili? Sai, per caso, se anche in Italia ne esiste qualcuno di comprensibile?

  2. camu
    ha scritto:

    @CyberAngel: beh, ci sono le norme di riferimento ufficiali, quelle del W3C, oltre all’equivalente dell’italiana legge 04/2004. Che però qui copre tutti gli aspetti della vita quotidiana, dall’altezza degli interruttori sul muro, alle specifiche delle rampe per disabili, ai siti web. Si chiama ADA, American with Disabilities Act, e trovi un sacco di siti che ti spiegano per filo e per segno come implementarla. Ci sono persino dei libri che vendono, in cui le indicazioni sono tradotte in consigli pratici. In Italia, secondo me, fanno sempre testo i 22 requisiti predisposti all’epoca dal Governo.

  3. Criel
    ha scritto:

    Qualche mese fa un amico mi ha detto: “Accessibilità? Bella cosa, ma è una scusa per gonfiare i preventivi per la realizzazione dei siti”.
    Il tema dell’accessibilità è un vecchio amore. Ho avuto un sito conforme al livello 3 delle linee guida W3C dal 1999 quando queste raccomandazioni erano ancora una bozza. Il sito era leggero e ben impiantato, ben visualizzabile su Mosaic Netscape 0.9 e sulle diverse versioni di Internet Explorer. Ha avuto però un riscontro davvero inaspettato solo per i contenuti: in 10 anni non ho avuto neanche 1 critica, positiva o meno, sull’accessibilità. Un po’ poco per continuare sulla stessa strada.

    Camu, penso la stessa cosa. Il sito perfetto è impossibile da realizzare e così ho semplicemente deciso di scegliere soluzioni più equilibrate, senza buttare alle ortiche l’esperienza.

  4. CyberAngel
    ha scritto:

    @camu: Grazie per la risposta camu. Anche sull’accessibilità in Italia c’è un gran caos, pure sui siti ufficiali. Cerchi qualcosa e ti si aprono 10 siti governativi in merito… ma perchè non farne uno ben fatto e veramente accessibile???

  5. camu
    ha scritto:

    @Criel: parole sante, quelle sullo scegliere soluzioni più equilibrate 🙂 Riguardo al fatto di gonfiare i preventivi, credo sia associato al costume tutto italiano di vendere a peso d’oro cose che dovrebbero invece essere fornite di default in qualsiasi offerta. Personalmente non carico mai i miei preventivi dei costi sulla normale accessibilità che “garantisco”, certo se poi ci sono soluzioni personalizzate, il discorso è diverso. In realtà quello che le aziende non capiscono è che un sito accessibile è per “definizione” più digeribile per Google e compagni, indi più reperibile, indi più incline a scalare la sopravvalutata SERP dei motori di ricerca 🙂

  6. Criel
    ha scritto:

    @camu: Sì, dopo 10 e più anni non è ancora arrivato il messaggio che una pagina scritta bene e accessibile, almeno negli elementi di base, oltre ad avere un valore etico straordinario, si diffonde meglio e non è poi così tremendamente difficile da realizzare.
    E’ anche vero, però, che i signori di Google hanno fatto progressi e ormai vengono indicizzati facilmente molti più documenti di prima.

Rispondi a camu

Torna in cima alla pagina