due chiacchiere

I giovani disperati italiani

Mi è capitato, in passato, di ripubblicare lettere inviate al Corriere, di giovani che non erano emigrati per disperazione. Oggi, un nuovo appello dettato dalla disperazione, arriva direttamente sotto forma di commento ad un mio articolo. Ho deciso quindi di ripubblicarlo qui, perché ritengo sia giusto evidenziare lo stato in cui versano molti ambienti lavorativi ed “educativi” italiani: affinché ognuno si assuma le proprie responsabilità e faccia, nel suo piccolo, qualcosa per migliorare la situazione. Perché è facile dire “gli altri non fanno mai nulla” o dare la colpa ai politici o alla società in generale. Ma è molto più difficile, quando si ha il controllo del potere (dirigenti, direttori d’azienda, capi reparto, funzionari pubblici), agire in prima persona. Eppure, se si continua così, l’unico rischio è di demotivare la gente e alienare la creatività del Belpaese!

(scrive Agatha) Sono un po combattuta (sul rimanere in Italia o emigrare, ndr), anche perchè ho trovato per il momento una buona soluzione di alloggio a Roma (anche dal punto di vista economico visto che non sono di Roma). Comunque credo che prima di un anno o due non mi muovo, ho gli studi da finire. Recentemente ho lavorato per una azienda americana di computer (anche se non direttamente assunta da loro… ma ho incontrato amici che hanno fatto il mio stesso percorso e poi sono stati assunti…). Con uno in particolare parlavamo di farci trasferire (lui subito, io dopo qualche anno dall’assunzione). Sono cose un pò campate in aria, ma la mia esperienza a Roma sembrava dovesse aprire la porta del mio futuro e così non è stato.

Avendo sentito che le leggi europee sono alquanto “autolesioniste”, sinceramente temo di fare un investimento di nuovo sbagliato (a rimanere in Europa, ndr). A me interessa un posto dove ci sia gente concreta senza puzza sotto il naso e senza nipotismi vari, che vedendo un mio progetto mi dica “bello, facciamolo!” oppure “fa schifo, correggi questo e quello”, e lo valuti per quello che è, non per le amicizie-simpatie-leccapiedismi che ho fatto o meno e non mi devo mettere a fare le “pubbliche relazioni”. Ti faccio un esempio: quando frequentavo l’Accademia, durante un final work mi capitava stare al mio tavolo di lavoro anche 12 ore, mentre c’era un ragazzo che faceva varie cose solo per 5 minuti senza finirne nessuna e poi andava al bar col professore. Risultato: lui lavora e io no, non che non fosse bravo, ma lo ero anch’io, solo che lui ha saputo “oliare” ed io no. Per carattere.

A volte vorrei non sentire più niente, alzarmi la mattina e andare a vendere gelati, senza avere questo maledetto cervello che sforna dieci idee al minuto. La mia dote è diventata un fardello, vorrei solo trovare un posto che dia valore a quello che sono e sinceramente temo che l’Europa si riveli un’altra Italia. Forse questa storia dell’America terra delle opportunità è solo un’illusione, ma vorrei capire, capire come funziona in America, il mercato del lavoro, la forma mentis nei settori “creativi”, insomma com’è l’aria.

Commenti

  1. Lure
    ha scritto:

    Chissà perchè non mi stupisce. Di queste cose ne leggo molte, troppe. Peggio, non è una storia tanto differente dalla mia. Mio padre continua a dirmi “Ma parti ! Che ci stai a fare qui in Italia”.

    Agatha .. se è un discorso economico … “..Saranno oggetto di trattamento, elettronico e non, nei limiti strettamente necessari alla prestazione dei servizi gratuiti del sito, ivi compresa la loro eventuale comunicazione a terzi (ad esempio il provider che ospita il sito) entro detti limiti.” … ops che pollo che sono, non avevo notato il disclaimer, mi ero sempre fermato ai Gravatar.

    Forse in America è diverso .. ma non è detto mica sia migliore 😉

  2. camu
    ha scritto:

    @Lure: sottoscrivo la tua ultima frase, ma se uno parte con l’idea di trovare il Paradiso, non lo trova in nessun posto in cui andrà a finire…

  3. Lure
    ha scritto:

    @camu: grandissimo tema di discussione. Uno di quelli che, come in un quadro, mi piacerebbe discutere con amici davanti ad un camino; con un liquorino/birra/vino o quant’altro in mano.
    Antico come il mare. E similmente bello e pericoloso.

  4. Criel
    ha scritto:

    Intellettuali come Pier Luigi Celli scrivono “Avremmo voluto che l’Italia fosse diversa e abbiamo fallito” e “Non è più un posto in cui si possa stare con orgoglio”. La sua lettera del 30 novembre “Figlio mio, lascia questo paese” la dice lunga.

  5. antonio
    ha scritto:

    Ciao, vi segnalo un caso in controtendenza.
    Sono infatti rientrato in Italia dopo un bel periodo all’estero.
    A parte una gastrite fulminante appena arrivato (si era nel momento in cui la corte doveva decidere sul lodo alfano) devo dire che pian piano sto accettando l’idea che anche qui posso farcela, e che con un po’ di pazienza e tanta tanta pazienza, e molta testa dura, anche qui si può trovare qualcuno che crede nelle mie idee.
    Se cercate un rivoluzionario, difficilmente lo troverete da ste parti, ma se cercate qualcuno con coscienza del mondo e voglia di cambiarlo, beh è ancora possibile.

  6. camu
    ha scritto:

    @antonio: congratulazioni per la tua tenacia! La pazienza che ci vuole è in effetti tanta, troppa. Beato tu che ne hai una scorta così grossa. Ehi, ti ho risposto privatamente per la questione del template 🙂

  7. camu
    ha scritto:

    @Criel: della lettera di Celli ne ho già parlato a suo tempo… è tutto molto triste!

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