due chiacchiere

La giornata per portare i figli in ufficio

Per la curiosità di oggi (o per la precisione di ieri) dal Paese a stelle e strisce, vorrei parlare della Giornata in cui portare i propri figli in ufficio, ovvero Take your child to work Day, che quest’anno s’è celebrata appunto il 27 aprile. Una scusa per ragazzi grandi e piccini per saltare un giorno di scuole ed andare a conoscere i figli dei colleghi nell’ufficio di mamma o papà. Visto che io oramai lavoro da casa a tempo pieno, Sunshine ha deciso di portare entrambe le ragazze (guai a chiamarle bimbe, oramai!) con se a scuola, dove passeranno una giornata a giocare con gli studenti, grazie alle attività organizzate dalla scuola. Molti uffici allestiscono sale riunioni ed altri spazi con giochi e passatempi: ricordo quando lavoravo a New York, da noi c’era un funzionario dell’ufficio personale che faceva fare ai ragazzi un giro dell’edificio, ed in ogni stanza gli impiegati avevano caramelle o presentavano qualche piccola attività per spiegar loro di cosa si occupavano. Qualcuno regalava magliette, tazze ed altri ricordini vari.

Tutto bello, almeno in superficie. Peccato però che, ad oggi, sotto questa patina di giubilo e di apparente celebrazione delle politiche per la famiglia, gli Stati Uniti siano sempre alquanto in basso nelle classifiche sui congedi parentali e per maternità. Mentre in Italia e nella maggior parte del mondo alle neo-mamme vengono concessi alcuni mesi retribuiti per curarsi dei nuovi arrivati e per rinforzare quel legame affettivo che è tanto importante a quell’età, in America la legge prevede al massimo 12 settimane, non retribuite. L’azienda, se sei assunta regolarmente, ti conserverà il posto, ma non ti darà un soldo neppure per le necessità. Persino l’Organizzazione Mondiale per il Lavoro, una branca delle Nazioni Unite, bacchetta gli americani, insieme ai neozelandesi ed agli australiani, perché non rispettano la convenzione internazionale in merito.

In alcuni casi gli stati intervengono con dei sussidi, che coprono si e no la metà della busta paga, ma in altri si viene lasciati al proprio destino. Ecco quindi che spesso le neo-mamme finiscono per non approfittare dell’intero periodo di 12 settimane, vista la necessità economica di far quadrare il nuovo bilancio familiare e la nuova bocca da sfamare. E poi si chiedono come mai il tasso di natalità sta crollando in America. Nel frattempo, in Cina (cosa di cui nessuno parla) alle mamme danno fino a 180 giorni di maternità pagata, con le cure mediche a carico del sistema sanitario nazionale.

Commenti

  1. Trap
    ha scritto:

    Allora è ora di portarli alla sede della Provincia quando sarete in Italia 😅

    Per quanto riguarda la Cina, è messa peggio dell’America: già tra tre anni le vendite dei pannoloni per allettati supereranno quelle per neonati, problema reso ancora più grosso per il fatto che hanno adottato la politica di un figlio per decenni, con la conseguenza che oggi ci sono 40 milioni di cinesi maschi in età giovane in più rispetto alle femmine.

    Risposte al commento di Trap

    1. ha scritto:

      Interessante osservazione. Bisogna dire però che anche l’America sta invecchiando, con la differenza che la copertura sanitaria in Cina è per la maggior parte pubblica (e di buona qualità), mentre per gli americani è tutto privato, ed anche quando vai in pensione, devi sempre pagare fior di quattrini se finisci all’ospedale o ti devono trasportare in ambulanza. Questo, a mio parere, contribuirà ad un impoverimento ancora più accentuato delle classi sociali più deboli, che quindi si ammaleranno ancora di più (“se costa troppo, magari non vado dal dottore e aspetto”) e graveranno ancora di più sul resto della popolazione.

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