due chiacchiere

La nebbia agli irti colli

Fine settimana intenso, quello appena trascorso in casa camu. Con il suocero ed un suo amico abbiamo ripreso la piacevole tradizione di farci un po’ di vino domestico. Personalmente non sono un gran bevitore, ma quel bicchierello in compagnia o durante il fine settimana non si rifiuta mai, e poi come diceva sempre mio nonno, l’acqua fa venire i reumatismi alle spalle ed arrugginisce le articolazioni 😉 Tutto è cominciato verso l’una di pomeriggio, quando siamo andati da uno dei più grandi distributori di “roba italiana” del New Jersey: Corrado. Il cui immenso centro commerciale vende dai pecorini ai pentoloni per fare il sugo, dai torchi per spremere l’uva alle madonnine da mettere sul davanzale di casa. Gli anziani si sono messi subito al lavoro assaggiando varie qualità d’uva, valutandone il grado di maturazione e confabulando con altri avventori (ovviamente italiani). Non ho filmato l’intera operazione, ma lascio alla tua immaginazione il compito di completare i dettagli.

Dopo circa tre quarti d’ora di meticolosa ispezione e discussione su quale “ricetta” sperimentare quest’anno, gli esperti hanno emesso il loro verdetto: Sangiovese, Alicante e Merlot. Per un totale di 37 cassette d’uva da circa venti chili ciascuna, che secondo le previsioni dovrebbero fruttare più o meno 10 litri di vino a testa. Certo, dal punto di vista economico non si risparmia poi granché, avendo pagato quest’anno una media di 40 dollari a cassetta (in salita dai 34 di due anni fa, sob), ovvero 4 dollari al litro. Ma è più che altro il piacere di sperimentare, e di passare qualche ora in compagnia. Ed anche la salute ne guadagna, non dovendo trangugiare tutta la robaccia chimica (solfiti in testa) che mettono nei vini in commercio.

Caricate le cassette sul furgoncino, ci siamo diretti a casa di quest’amico di mio suocero, che ha tutta l’attrezzatura necessaria: dalla macchina per macinare l’uva al torchio, ai tini per la fermentazione. Io ero l’addetto all’apertura delle casse, ed armato di martello e piede di porco, mi sono subito messo al lavoro per rimuovere chiodi, retine di protezione e quant’altro, e passare poi i preziosi contenitori agli addetti alla macina. Nel giro di un paio d’ore, tra soste e chiacchiere condite dal vinello dell’anno passato, abbiamo riempito tre tini, nei quali ora il mosto inizierà a fermentare per circa una settimana (il meteo prevede temperature non ottimali, ma pazienza).

La prossima settimana si passerà alla spremitura nel torchio, vediamo se riesco a pubblicare qualche altra foto del procedimento. Intanto sto prendendo appunti sull’intero processo, così che un giorno, chissà, io possa riuscire a farmi un vino tutto mio. Si accettano consigli su uve e quant’altro 😉

Commenti

  1. ha scritto:

    Bravo, bella iniziativa. In ogni modo i solfiti sono presenti nel vino anche senza che siano aggiunti artificialmente. Esistono poi dei disciplinari in materia. Anche perchè la totale assenza di tale elemento renderebbe assai difficoltosa la sua conservazione e favorirebbe la naturale tendenza all’ossidazione (a tal proposito un tempo i nonni usavano mettere un goccino d’olio a “chiudere” il vino nel fiasco in modo che evitasse il contatto con l’aria). Io per esempio diffido dei vini chiusi nelle bottiglie con tappo a vite in quanto non credo che abbiano una chiusura ermetica al 100% ed il fatto che non subiscano alterazioni non può altro che significare che vi è stata aggiunta di solfiti. E bisogna comunque fidarsi che non abbiano superato i limiti consentiti dalla legge.
    Tieni poi presente che in natura, solo per informazione, i solfiti sono in concentrazione maggiore nelle uve bianche piuttosto che in quelle nere.

    Un saluto dalla terra del Chianti, dell’Ornellaia, del Nobile, del Brunello, del Sassicaia, ecc ecc ecc …

    Risposte al commento di Sanghino

    1. camu
      ha scritto:

      @Sanghino: grazie per le delucidazioni tecniche e per i consigli dei nonni 🙂 Riguardo ai solfiti, quelli naturali sono probabilmente molto meno, perché a me il vino casalingo non produce gli stessi effetti collaterali di quello acquistato.

      Risposte al commento di camu

      1. ha scritto:

        @camu: Sicuramente i solfiti presenti in natura sono in quantità inferiore.
        Ora io non so a quali “effetti collaterali” ti riferisci … da quello che posso sapere io, che è poco, i solfiti in genere producono reazioni allergiche a chi mal tollera tale sostanza … altra sostanza che produce effetti, come il cerchio alla testa, è il tannino, in questo caso in concentrazioni maggiori nei vini rossi (anche i tannini hanno proprietà antiossidanti).

        Saluti

        PS io lavoro in ambito informatico …. ma ti giuro che ogni tanto mi prenderebbe la voglia di abbandonare tutto per dedicarmi alla Madre Terra !!! Le cose sono due: o sto invecchiando oppure … bò, la seconda non la so ancora !!!

        Risposte al commento di Sanghino
        1. camu
          ha scritto:

          @Sanghino: si, nel mio caso l’effetto collaterale è proprio il cerchio alla testa, che però non avverto con il vino (rosso) fatto in casa.

          Anche a me piacerebbe dedicarmi a qualcosa di più vicino con la natura, e conosco gente che dalla laurea in Informatica, è passata a gestire un agriturismo… proprio in Toscana 🙂

  2. […] in categoria: ripostiglio, categoria: cartolineSecondo appuntamento con il wine making casalingo, piacevole tradizione che abbiamo ripreso quest’anno, grazie all’annata sperabilmente propizia per […]

  3. Fernando
    ha scritto:

    Che coincidenza stavo cercando un modo per fare il vino con l’alicante. Vivo in NJ da qualche anno e con mio suocero andiamo da Corrado per il rifornimento. Molto utile. Ciao e che il vino venga buono!

    Risposte al commento di Fernando

    1. camu
      ha scritto:

      @Fernando: ciao e bentrovato. Magari l’anno prossimo finisce che ci si incontra da Corrado! Facci sapere che risultati avete ottenuto, noi abbiamo travasato oggi il nostro nelle damigiane da 5 galloni.

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