Qualche giorno fa, Giuseppe Marino ha invitato sul suo blog i lettori a partecipare ad una simpatica iniziativa di scrittura creativa a più mani. “Vi invito a partecipare ad [..] un gioco che trasformerà semplici parole in storie straordinarie, ognuna con una voce unica e originale. In questo spazio, il punto di partenza sarà una frase, una parola, o una breve suggestione, e da lì prenderanno vita racconti dai toni, dalle atmosfere e dai temi più diversi.” Un’idea simile mi era venuta tanti tanti anni fa, quando iniziai a pubblicare le varie puntate del mio racconto distopico, e ricordo che qualcuno mi mandò un paio di capitoli che esploravano ancora meglio le avventure di Enrico, poi sostituito da Eva nella versione che l’intelligenza artificiale ha riscritto di quella storia. Così ho deciso di partecipare anch’io, interpretando la traccia di Giuseppe in chiave ovviamente distopica.
Il vento sibilava attraverso le fessure della vecchia torre, portando con sé il profumo salmastro del mare ed un suono insolito, simile a un sussurro. Sul tavolo di pietra al centro della stanza, una candela illuminava un antico diario dalla copertina di cuoio. La prima pagina, scritta in una calligrafia incerta, recitava: “Il mondo è caduto il giorno in cui abbiamo deciso di controllarlo.” Sofia fissava quelle parole con un misto di fascino ed inquietudine. Era arrivata alla torre seguendo le coordinate scritte su un foglietto che le aveva dato il padre poco prima di morire per colpa di una malattia che se l’era portato via troppo in fretta. Iniziò a scorrere tra quelle pagine, che sembravano raccontare eventi di cui nessuno parlava più, un passato che qualcuno aveva accuratamente sepolto.
La scrittura proseguiva: “La Rete Consapevole, creata per garantire ordine e prosperità, è diventata il nostro carnefice. Ogni pensiero, ogni azione, ogni desiderio, tutto è monitorato, corretto, riscritto.” Sofia ricordava le storie che si raccontavano sottovoce nella comunità clandestina. Storie di un tempo in cui le persone erano libere di scegliere e sbagliare, di pensare senza paura che ogni loro impulso potesse essere censurato o manipolato. Ora invece, ogni essere umano aveva un impianto neurale, connesso alla Rete Consapevole. Tutto era nato quasi per gioco, un nuovo gadget per migliorare lo stile di vita di ognuno di noi, dicevano le pubblicità sui cartelloni digitali in giro per la città, per migliorare il bene comune.
Un rumore secco la distolse dai suoi pensieri. Si voltò verso la scala a chiocciola che l’aveva condotta in quella stanza, ma la candela non riusciva ad illuminare oltre pochi passi. “C’è qualcuno?” chiese con voce tremante. Nessuna risposta. Tornò al diario, cercando di calmarsi. Ogni pagina era più scioccante della precedente: racconti di individui che avevano cercato di sabotare la Rete, di piccoli gruppi che si erano rifugiati in luoghi remoti per sfuggire al controllo. Ma nessuna di queste storie aveva un lieto fine.
Il vento si fece improvvisamente più forte, e la candela tremolò. Dalle scale saliva una figura scura, i passi lenti e pesanti. Non sembrava un essere umano, ma un’ombra dalle forme mutevoli, come se fosse fatta della stessa oscurità che permeava il mondo sotto il dominio della Rete. Sofia si alzò di scatto, stringendo il diario al petto. L’ombra si fermò, e una voce metallica riempì l’aria: “Il sapere non è concesso. Consegnalo.” Sofia indietreggiò verso la finestra alle sue spalle. L’ombra si avvicinava molto lentamente, ma mentre sentiva già il freddo di quella creatura sul suo volto, ricordò un passaggio del diario: “Non è la tecnologia a controllarci, ma la paura che instilla in noi. Soltanto senza paura potremo liberarci dalle catene del loro dominio.”
Sofia chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. “Io non sono tua!” disse con una voce ferma. Quella luce improvvisa che si era accesa dentro di lei, una scintilla di volontà che nessun Agente avrebbe potuto spegnere, veniva dagli insegnamenti del padre. L’ombra indietreggiò, deformandosi e dissolvendosi nel nulla, come se la sua esistenza dipendesse dalla paura che Sofia aveva appena scacciato. Con il diario ancora tra le mani, Sofia si avvicinò alla finestra. Il vento le accarezzò il viso, portando con sé un nuovo sussurro, questa volta dolce e pieno di promesse. “La resistenza vive. E tu sei la chiave.” si disse ammirando la città lontana all’orizzonte.
Commenti
Non male, l’idea distopica ci sta, e anche se Giuseppe Marino indirizza inconsapevolmente – per col breve incipit – verso un fantasy manierato..
Risposte al commento di Franco Battaglia
Si, chiaramente la torre avrebbe portato ad un racconto di cavalieri, dame ed elfi di vario tipo, ma proprio per questo ho provato a sorprendere sia Giuseppe che i lettori con un’interpretazione del tutto diversa.
Per il momento “Grazie” per la tua partecipazione. Letto e riletto più volte. Al 31 gennaio, allora!!!
Risposte al commento di Giuseppe
Il piacere è stato tutto mio 🙂