due chiacchiere

Le infrastrutture del dopoguerra

C’è una cosa che accomuna l’Italia agli Stati Uniti, guardando alla rispettiva evoluzione infrastrutturale: entrambe le nazioni, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si sono scatenate nel costruire nuove autostrade, nel posare nuove linee ferroviarie, nello scavare nuovi porti o ristrutturare quelli distrutti dal conflitto internazionale. Il George Washington Bridge è degli anni Trenta, ma è negli anni Sessanta che viene “raddoppiato” attaccando un secondo piano stradale al di sotto di quello esistente. La Interstate 80, che passa a pochi chilometri da casa mia, fu una delle grandi sfide per collegare l’est all’ovest, New York a San Francisco, un po’ come l’Autosole nel Belpaese connette il nord al centro-sud. Poi arrivarono gli anni della crisi del petrolio, gli sconvolgimenti internazionali, la guerra del Vietnam e l’euforia degli anni di Reagan, e tutti hanno dimenticato l’importanza delle infrastrutture. La rete autostradale americana, sebbene mantenuta in decenti condizioni anche grazie ai soldi di Obama, ha smesso di crescere oramai da anni.

Proprio in queste settimane, bisognava decidere se approvare la fase successiva della costruzione di un nuovo tunnel per collegare il New Jersey con Manhattan, opera che alleggerirebbe enormemente l’attuale situazione di congestione in cui versa l’area. I commuters, i pendolari che ogni mattina si mettono in marcia dalle periferie dello Stato Verde (me compreso) per recarsi in città, vedrebbero una riduzione dei tempi di percorrenza di circa un terzo, stando ad alcune stime e proiezioni (anche noi abbiamo i modellini di Bruno Vespa, che credi?). Il governatore del New Jersey, il repubblicano Christie eletto l’anno scorso, ha però detto che soldi non ce n’è e che il progetto va abortito. Ancora il sipario non è calato, ma l’orizzonte è tutt’altro che confortante. Dov’è finito lo spirito positivo e la voglia di miglioramento degli Americani? Questa non è più la nazione che accoglieva i nostri emigrati cent’anni fa, è diventata la terra di chi riposa sugli allori.

Per non parlare dell’abbandono delle linee ferroviarie in tante zone. Leggevo sul giornale che una ventina d’anni fa c’era un progetto per creare una nuova tratta che avrebbe raccolto tutti i pendolari della mia zona per portarli direttamente a New York attraverso il George Washington Bridge. A quasi un quarto di secolo di distanza, non solo di quell’idea non se n’è fatto più nulla, ma molti altri “tronchi” sono stati abbandonati e lasciati all’incuria. Da dove abito io, dovrei prendere ben 3 treni per arrivare in città, e dire che sto a meno di 15 chilometri da Manhattan. Insomma, mentre tutti s’interrogano su cosa faranno i repubblicani ora che hanno in mano la Camera dei Rappresentanti, io mi chiedo cosa ne sarà del piano di sviluppo infrastrutturale che ha fatto grande questa Nazione un secolo fa.

Commenti

  1. CyberAngel
    ha scritto:

    Vedo che di questi problemi ce ne sono anche lì. Purtroppo stare al passo con la crescita demografica e soprattutto automobilistica (quante sono le famiglie che hanno una o più auto procapite?) non è certo facile. Nella mia zona si parla da anni di costruire una superstrada che colleghi più città e di aggiungere una corsia all’attuale autostrada, ma come al solito i progetti rimangono in qualche cassetto…

  2. Trap
    ha scritto:

    Obama potrebbe telefonare a Zio Silvio per chiedere come si istituisce il CIPE (quello del Ponte dello Stretto) 😀

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