due chiacchiere

Andrea, un dottor House tutto italiano

Di tanto in tanto mi piace prendere una pausa dalle serie tv distopiche che solitamente guardo, sebbene non mi mettano ansia come capita ad alcuni miei lettori (ahò, che te devo di’, so’ strano). Qualche settimana fa mi hanno consigliato Doc – Nelle tue mani, una produzione italiana che sembra stia riscuotendo un discreto successo nel Belpaese, con il Luca Argentero di grandefratelliana memoria (lo ammetto, mi sento proprio vecchio al solo pensiero che io, quella edizione del Grande Fratello, l’ho vista in diretta). E così l’altra sera, grazie all’app RaiPlay, ho cominciato a guardare il primo episodio.

Per me che all’epoca ho amato il Dottor House, sin dalla scena d’apertura è stato come fare un piacevole tuffo nel passato: forse è solo la mia impressione, ma persino la grande sala d’attesa aperta sembra richiamare quella del Princeton Hospital dove lavorava il burbero dottore zoppicante. Come pure la fotografia e le inquadrature “in stile americano”, in cui la telecamera spesso non guarda la scena dall’altezza uomo, o mostra gli esterni dall’alto. Le analogie con House, in verità, mi pare abbondino: il fatto che i medici vanno a curiosare a casa del paziente, la ex moglie del protagonista che è dirigente sanitaria, gli specializzandi. Fino alla lavagna bianca che elenca i sintomi, nell’ufficio in cui fanno l’anamnesi.

Il protagonista a mezzo busto con il camice scuro che guarda verso la telecamera

Nel complesso la serie mi convince, sebbene abbia visto solo tre episodi finora. Gli autori sembrano essere riusciti a dare quel tocco italiano ad un format di successo copiato in tutto il mondo. Leggo che la storia è tratta da un fatto vero, in cui il medico primario Pierdante Piccioni, risvegliatosi dal coma a seguito di un incidente, ha perso la memoria dei suoi ultimi dodici anni di vita. Il cast è perfettamente calato nel ruolo ed i vari protagonisti sembrano nati per interpretare quei personaggi. Luca Argentero, in particolare, impersona Andrea in maniera impeccabile, da innamorato perso di Agnese e dei suoi figli a padre disperato, da medico tutto d’un pezzo ad essere umano come tutti noi. E da una veloce ricerca delle malattie citate, pare che gli autori abbiano fatto i compiti a casa, e com’era per House, narrano di patologie cliniche reali, con sintomi verosimili.

Se proprio devo essere sincero, ritengo che l’unica nota che stoni siano i dialoghi e la location. Ora, io non sono mai stato al policlinico di Milano, ma ho come l’impressione che la fiction in questo frangente si sia completamente dimenticata della realtà. Voglio dire, la sanità italiana di cui mi ricordo non era certo così professionale ed organizzata come si vede nella serie. E non ho mai visto un patologo (neppure in America, per carità) andare a curiosare nella vita privata dei pazienti per capire di che malattia soffra. E poi, diciamola tutta, la triste realtà (che non dipende dai medici e dalla loro formazione), è che ricostruire l’anamnesi di un paziente è un compito ben più difficile di quello che sembra dal telefilm.

Magari gli autori avrebbero potuto far riposare Cupido un po’ di più, e dare spazio allo psichiatra (che ovviamente ricorda il buon Wilson), a Sardoni ed alle amicizie che i due avevano con il dottor Fanti da giovani. Forse è che a me piacciono i film di fantascienza e distopici, e per come sono raccontate le cose in questo telefilm, c’è tanta fantascienza ed utopia, l’utopia di un Belpaese con il DNA di un paese scandinavo 😀 Scherzi a parte, tralasciando questo dettaglio, sono contento di vedere finalmente una produzione italiana di ottimo livello.

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