due chiacchiere

Quest’America ha perso la sua patina dorata

Il professor Paul Krugman è un docente di Economia che insegna all’università dove lavoravo fino alla scorsa settimana. Da anni il New York Times gli concede uno spazio dove scrivere editoriali sullo stato economico della nazione. Nel tempo ho scoperto di condividere molte delle opinioni espresse dal professor Krugman, e così ho deciso di tentare un esperimento sul blog, traducendo e condividendo alcuni dei suoi editoriali qui sul blog (con la speranza che la testata giornalistica non venga a farmi causa 😅), come spunto di riflessione per i miei piccoli lettori. Ad esempio, in un recente intervento, ha raccontato di essere andato in vacanza in Europa, e di aver notato come il Vecchio Continente si stia portando avanti in tante piccole cose quotidiane. Un paragone che non può che mettermi tristezza, perché ancora una volta sta confermando come io abbia giocato male le mie carte, e che la scommessa dell’emigrazione si sia rivelata meno fruttuosa del previsto.

Ho appena terminato un lungo tour europeo. No, non stavo giocando a Persona Molto Importante (VIP), non stavo intervistando leader politici e aziendali (sebbene ci fossero alcune conferenze lungo il percorso). Per lo più ho visitato alcuni amici, fatto tanti giri in bicicletta in Portogallo, escursioni nella campagna inglese, passeggiate per Berlino, e via dicendo. Ma mentre non ero impegnato nel giornalismo serio, me ne sono tornato con un’impressione in fondo allo stomaco, l’impressione che l’America non sembra più una nazione avanzata rispetto ad altri paesi industrializzati. Semmai, è difficile evitare la sensazione che stiamo rimanendo indietro.

Vorrei iniziare con un esempio che potrebbe sorprendervi: la sicurezza stradale. Agli inizi della mia carriera professionale, le strade negli Stati Uniti erano molto più sicure delle strade all’estero. In particolare se paragonate alle strade dell’Europa meridionale. Ricordo quando passai qualche mese a lavorare in Portogallo nel 1976, fu un’esperienza divertente oltre che edificante, ma il traffico era terribile. In effetti, il gruppo di americani di cui facevo parte s’era inventato una battuta ricorrente, che persino i nostri colleghi portoghesi trovavano divertente: ogni volta che vedevamo qualcuno guidare come un pazzo, ci alzavamo e gridavamo: “Ecco Silva l’idiota!” (in Portogallo ci sono molti Silva).

Non era la nostra immaginazione: guidare in Portogallo allora era davvero pericoloso. Eppure oggi le vittime del traffico pro capite sono molto più basse lì che negli Stati Uniti:

Un grafico in decrescita con il numero annuale di decessi da incidenti stradali, confrontando Stati Uniti, Portogallo, Francia e Canada

Probabilmente parte del motivo di questa differenza è che noi guidiamo di più. Ma non è così semplice. Anche quando si considera il rapporto con le miglia percorse, l’America ha un alto tasso di mortalità, a quanto pare perché siamo meno inclini ad indossare le cinture di sicurezza, più propensi a guidare ubriachi ed a guidare molto più velocemente.

Una parentesi: il grafico sopra non include l’enorme aumento delle morti per incidenti stradali dal 2019. Quell’aumento, come l’aumento degli omicidi, è presumibilmente correlato agli effetti sociali e psicologici della pandemia. Oh, e coloro che insistono sul fatto che l’aumento della criminalità è solo un problema nelle “città gestite dai democratici” potrebbero trovare interessante che nel 2020 gli omicidi nelle aree rurali sono aumentati così come – e all’incirca nella stessa quantità – gli omicidi nelle grandi aree metropolitane.

Ma torniamo alla sicurezza stradale. Da un lato, fa parte del problema più ampio della mortalità relativamente alta negli Stati Uniti. A volte mi imbatto ancora in persone che credono che l’America abbia l’aspettativa di vita più alta del mondo. In effetti, non è nemmeno vicina alla cima, e continuiamo a rimanere costantemente indietro rispetto a paesi simili:

Grafico che mostra un paragone dell'aspettativa di vita tra Stati Uniti ed altri paesi industrializzati, con gli Stati Uniti sempre al di sotto delle altre nazioni

D’altra parte, le morti per incidenti stradali non fanno parte della famigerata cultura americana delle armi. Se è vero che abbiamo un problema unico con le sparatorie, sia di massa che di altro tipo (problema che potrebbe essere notevolmente alleviato se, ad esempio, rendessimo più difficile per gli adolescenti e le persone con un’evidente propensione alla violenza acquisire armi di livello militare), è chiaro anche che gli americani hanno un problema più ampio di mortalità eccessiva.

Qualcuno potrebbe obiettare che c’è di più nella vita che non morire. Che dire, ad esempio, di cose come la tecnologia e il tenore di vita generale? Vero, in quei settori non sembriamo essere in ritardo, ma non sembriamo nemmeno essere in vantaggio. Alla fine degli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000 c’era molto trionfalismo americano sulla tecnologia: sembravamo essere molto più avanti delle altre nazioni nello sfruttare le possibilità di Internet. Ma non è più così. A un’osservazione casuale, l’accesso ad Internet e le velocità della rete in Europa sono del tutto paragonabili a quelle degli Stati Uniti.

È vero che l’America ha ancora un prodotto interno lordo pro capite più elevato rispetto alle nazioni europee, ma gran parte della differenza è dovuta al fatto che andiamo in pensione più tardi e prendiamo meno ferie. A prescindere da come valutiamo quelle scelte, non rappresentano un vantaggio fondamentale in termini di competenza. Quindi, come dicevo, ultimamente l’America non sembra più avanzata di altre nazioni occidentali. È anche vero che l’Europa ha molti dei nostri stessi problemi: regioni in declino, crescente radicalizzazione di destra e così via. Solo che prima eravamo molto avanti, e ora sembriamo leggermente indietro. Com’è successo?

La mia opinione rapida e casuale è che in qualche modo l’America abbia dimenticato come essere una società. Siamo peggiorati nell’agire in modi che proteggano noi stessi e gli altri, in tutto, dalla vaccinazione alla guida a velocità responsabili. Non fraintendetemi, amo il mio Paese. E condivido alcuni atteggiamenti della mia nazione. New York è probabilmente più europea di qualsiasi altro posto in America, ma anche io non me la sento di iniziare a comportarmi come le persone a Berlino, che trattano i cartelli stradali come istruzioni, non come fanno a New York, dove rappresentano un semplice suggerimento.

Ma questo viaggio ha rafforzato la mia sensazione che vi sia qualcosa di storto in quella che è ancora (per il momento) la terra delle libertà.

Commenti

  1. ha scritto:

    Il fatto è che gli USA sono semplicemente “troppo grandi” per essere rappresentati come un unicum strutturale. New York non può essere come Austin ne come Buffalo o Santa Rosa (prendendo nomi a caso sulla mappa nei vari stati).

    In TV e nelle serie noi vediamo, qui in Europa dico, un mondo ideale tra SF e NY … e non possiamo semplicemente concepire un luogo come Los Angeles (1200 km quadrati di estensione dell’abitato urbano).

    Sicuramente una maggior ignoranza della popolazione media, unita ad una certa indipendenza di ciascuno porta ad un comportamento come quello descritto dove la Società viene meno. Se lavoro duro e sono bravo / fortunato faccio la grana, ho successo, compro quello che voglio. Se no, sono un poveraccio che vive ai margini della società ma penso sempre a fare “l’affare della vita” piuttosto che ad un sistema che migliori la società e le possibilità date anche ai poveracci.

    Mi rendo conto di semplificare e zompare da un concetto all’altro… ma un’analisi del fatto che tu abbia fatto o meno bene ad andar via dall’Italia – un Paese che sta morendo lentamente – lo devi valutare con una prospettiva più ampia e senza la nostalgia di casa.

    Risposte al commento di kOoLiNuS

    1. camu
      ha scritto:

      Nel mio caso la “luna di miele” con l’America è durata per molti anni. Su queste pagine in passato ho avuto modo di difendere a spada tratta il sistema a stelle e strisce, nel mio (forse ingenuo) ottimismo che le cose, alla fine dei conti, si sarebbero aggiustate da sole. Sperando che a governare questo Paese ci fosse una classe dirigente di adulti con la testa sulle spalle (un po’ come Draghi?), non un coatto omone arancione ed un rimbambito vecchietto che manco riesce a stare in piedi. Ero andato via dall’Italia convinto che la classe politica del Belpaese mi stesse rubando gli anni migliori della mia vita, ed ho la sensazione di essere finito dalla padella nella brace. Il “profondo centro” degli States è una bestia che non capirò mai, ed i problemi si stanno allargando a macchia d’olio. Non ho rimpianti per le scelte che ho fatto, solo un po’ di rabbia nel vedere in che stato si è ridotta questa nazione, quando le basi degli anni 80 lasciavano intravedere prosperità e benessere a tutto spiano.

  2. Trap
    ha scritto:

    Penso sia normale, vivendo a lungo in un posto, vederne i benefici e i punti critici. L’articolo utilizza il dato dei morti in auto; un altro esempio è il dato dell’astensione delle ultime elezioni (ad esempio il recente referendum o anche le elezioni presidenziali/parlamentari francesi) per descrivere lo stesso problema.

    p.s. secondo me è inutile aspettare il politico di turno: i miglioramenti partono sempre dal basso.

    Risposte al commento di Trap

    1. camu
      ha scritto:

      Sono perfettamente d’accordo. La gente è stufa di questi politici buoni solo a lamentarsi ed a puntare il dito contro l’opposizione, senza mai risolvere nulla. Lo si vede anche nei grandi eventi attuali, come la guerra in Ucraina. Si riuniscono tutti i grandi parrucconi del G7 o G8 (ho perso il conto) e fanno solo tante chiacchiere inutili, e la gente è stanca. Vero che il cambiamento parte dal basso, ma poi sembra non concretizzare mai la volontà del popolo. Vedi i Cinque Stelle in Italia: dai tempi del vaffa day di Grillo ne è passata di acqua sotto i ponti, ma i principi del movimento si sono sgretolati come sabbia asciutta sotto il sole, sotto la pressione di interessi personali e discordie varie. Lo stesso sta capitando in America, dove in tanti provano a formare un terzo polo, ma tutti i tentativi sono schiacciati dalla pressione di un sistema architettato per far vincere sempre e solo i due grandi partiti.

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