due chiacchiere

Una festa lunga un giorno

Ho aspettato qualche giorno per raccogliere le idee, prima di confezionare questo intervento di oggi. La scorsa settimana sono stato in Calabria, ospite di un mio caro amico che si è sposato. Mi sono divertito come pochissime volte nella mia vita, e voglio quindi condividere con te la telecronaca di questa festa che dura da qualche giorno prima al giorno dopo l’evento nuziale, quasi senza soluzione di continuità. Il tutto condito con i migliori ingredienti a “denominazione di origine controllata” : semplicità, armonia, vino genuino fatto in casa, sentimenti sinceri. È l’Italia dei mille comuni, delle mille tradizioni, quella che nelle grandi città oramai non esiste più da tanto tempo.

25.08, ore 19. Arrivo a Diamante, in provincia di Cosenza. Non era quella la mia destinazione di viaggio, ma ho dovuto fare una sosta obbligata. Partito di buona mattina, sono riuscito a fare una tirata quasi unica fino al Grande Raccordo Anulare, dove mi sono fermato per sgranchire le gambe. Apro lo sportello posteriore della mia macchinuccia, e mi rendo conto che manca qualcosa, qualcosa di importante: il vestito da cerimonia. Tralascio le imprecazioni che mi sono venute, anche in lingue che ignoravo di conoscere. Ripercorro con la mente gli ultimi attimi prima di uscire di casa: giacca e pantalone erano rimasti attaccati all’appendino in camera da letto. Ok, niente panico, arrivato a destinazione provvederò a comprare un abito in tempo record. Detto fatto, mi fermo tra Diamante e Scalea: c’è di strada uno store dell’abbigliamento. Il ragazzo che mi aiuta è davvero molto gentile, gli spiego per sommi capi la mia esigenza e lui si fa davvero in quattro per me: già 20 minuti dopo ero alla cassa con il mio abito perfetto. Unico dettaglio: scorciare i pantaloni.

25.08, ore 19.30. Il proprietario del negozio mi manda dal suo sarto di fiducia, mettendo una buona parola per farmi l’orlo in tempi veramente da applauso. Trovo un parcheggio non a pagamento (grazie, Celestino!) a poche centinaia di metri dal centro di Diamante, ed un giovane vigile urbano mi spiega come arrivare al sarto. Detto fatto anche qui: indosso il pantalone, il signor Giovanni prende le misure e mi dice di tornare dopo tre quarti d’ora. Ne approfitto per fare un giretto in paese. Se il tuo desiderio è andare in Grecia per vedere i tipici paesaggi con casette colorate, vicoletti pittoreschi, bambini che giocano a palla in 2 metri quadri di spazio, odore di pesce freschissimo, brezza della sera che ti accarezza i capelli e tanto altro… se vuoi tutto questo, non serve andare in Grecia: basta arrivare in Calabria.

25.08, ore 21.30. Arrivo al paesino dello sposo, dopo una ventina di chilometri per arrampicarmi in auto sulle montagne dell’entroterra calabrese. Se ti piacciono le curve e la moto “ai limiti” della derapata, qui trovi il tuo paradiso. Subito vengo accolto con molta allegria. Sui volti degli astanti già le gote rosse mi fanno capire che il vino buono, quello senza schifezze aggiunte, inizia a fare il suo effetto. Lo sposo è un po’ inebetito: la tensione di ciò che lo aspetta il giorno dopo, si legge nei suoi occhi. E per “volontà popolare” è anche l’unico che non può toccare un goccio di vino: sobrio fino alla fine. Io al contrario, messa da parte la valigia e la stanchezza del viaggio, mi ritrovo davanti piatti pieni di ogni ben di Dio: peperoni dolci fritti (croccanti), melanzane in agrodolce, bistecche, bruschette con pomodori e origano, sono solo alcuni esempi. Ovviamente per ogni boccone, bisogna accompagnare una “sorsata” di vino. Anche il mio naso si colora ben presto, ma come si fa a resistere alle incitazioni degli altri amici e parenti dello sposo…

25.08, ore 23.30. Oggi a letto presto, che domani la giornata è lunga. Per digerire, facciamo due passi con il fratello dello sposo, per le viuzze del paesino, a goderci l’aria buona (che cerco di respirare a pieni polmoni, quasi a farne scorta per quando tornerò al mio smog quotidiano). Si chiacchiera del più e del meno, e mi faccio accennare qualcosa di quello che succederà il giorno seguente. Vengo a sapere degli scherzi a casa dello sposo: dai bicchieri pieni d’acqua che tapezzano il bagno, alla chiave della camera da letto nascosta in una montagna di palloncini pieni di farina, zucchero, caffè e tanto altro.

Non voglio rendere questo intervento troppo lungo, quindi lo dividerò in due puntate. Anche perché ora che lo rileggo, ci trovo tanti spunti per cose di cui vorrei parlare: gli scherzi di matrimonio, le ricette calabresi, le emozioni prima delle nozze, e via dicendo. Quindi lo metto da parte, sperando di trovare presto il tempo per poterne riprendere i vari “fili” di discussione. Riguardo alla seconda parte, appuntamento a domani.

(to be continued)

Commenti

  1. Artemisia
    ha scritto:

    È l'Italia dei mille comuni, delle mille tradizioni, quella che nelle grandi città oramai non esiste più da tanto tempo

    Per questo io amo tanto il mio paese. Le città non sono più vivibili da tempo. Nei paesi invece si respira ancora aria di naturalezza (si, ma per quanto ancora?)

  2. camu
    ha scritto:

    Hai pienamente ragione, e fai benissimo ad amare il tuo paese. Anche quando sono andato giù per il matrimonio c’erano molti “emigrati” che tornavano al paesino per le sole ferie estive, e nei loro occhi c’era un pizzico di nostalgia: si stava così bene che ognuno di noi si chiedeva come mai ce ne dovevamo poi tornare in città. Ma il risvolto della medaglia è presto trovato: il lavoro si trova nelle grandi città, nei paesini spesso bisogna “tirare a campare” ed ecco che ci si sposta in cerca di fortuna… ma ne vale davvero la pena?

  3. Trap
    ha scritto:

    c’è da considerare poi che la faccia delle città cambia molto più velocemente rispetto ai paesi. Faccio un esempio: il paese di mia nonna non è cambiato moltissimo dagli anni 1960…

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