Appena entrato nel vagone della metropolitana, non trovando un posto a sedere, mi sono appoggiato su una parete a leggere le pubblicità che tappezzano il vagone in lungo e largo. Nella mia carrozza c’erano ben tre inviti a farsi operare le deformazioni ai piedi (cipolle, calli vari, pelle sciupata), accanto al faccione sorridente del dottor Zizmor, il medico preferito dagli abitanti di New York per i problemi alla pelle. C’era anche un ammonimento a non sostare nei passaggi di congiunzione tra le carrozze, durante la corsa, ed un ringraziamento ai circa 1900 cittadini che l’anno scorso hanno visto o sentito qualcosa di sospetto e sono andati a dirlo alla polizia. Messaggi che non mi hanno convinto a farmi curare i calli o a starmene buono dentro la carrozza, mentre la metropolitana corre. Ma che mi fanno riflettere su quello che i turisti pensano dell’America, letta attraverso queste reclame.
Bombardamento mediatico
Stando a quei cartelli, gli abitanti della Grande Mela sarebbero un popolo di immigranti illegali con l’alluce valgo, che hanno bisogno di starsene negli spazi tra le due carrozze di una metropolitana qualsiasi. Oppure di diplomati ragionieri di successo che vogliono trascorrere il prossimo fine settimana in un lido tropicale. Ai turisti che arrivano qui, rimarranno in mente parole come “dolori ai piedi” oppure “consigli legali a basso costo” o ancora “divorzio facile”, invece che cose ben diverse.
Annunci che non rendono giustizia
Certo, gli abitanti di questa metropoli non sono certo calmi e tranquilli vecchietti a cui piace trascorrere la giornata a tagliare l’erba del prato con la propria macchinetta manuale. Di gente strana se ne vede tanta, come quel tizio che l’altro giorno, brandendo un telefonino, gridava ai passanti di essere in linea con Gesù in persona, e li invitava a scambiarci due chiacchiere (pubblicità occulta?). Ma le pubblicità non rendono certo giustizia a questa popolazione di “drogati del lavoro” che si stressa appresso all’economia ed alla benzina sempre più cara.
Un caro vecchio amico
Venire a New York, per gli avventori casuali, è come andare a cena da un caro amico, che comincia a raccontarti tutto riguardo ai suoi acciacchi, ai problemi coniugali ed all’instabilità mentale di cui soffre. “Le cose vanno male”, direbbe tra una portata e l’altra, “ho uno strano prurito alla gamba, delle chiazze nere sulla faccia, ed il dottore non sa neppure spiegarsi cosa sia” continuerebbe con fare dismesso. Poi ti parlerebbe di sua moglie che non lo ama più, e che per consolarsi prende tutti i giorni la metropolitana e se ne sta nello spazio tra le due carrozze.