due chiacchiere

L’inquilino dietro le quinte

Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.

— L’attimo fuggente

Stando al mio certificato di nascita, sono venuto al mondo in un paesello sperduto della Sicilia orientale intorno alle nove del mattino di un afoso mercoledì di fine agosto del 1974. Se ti diletti di astrologia, avrai già dedotto che il mio segno zodiacale è quello della Vergine, del quale sin dal principio ho manifestato tutti gli aspetti tipici: un chilo di precisione e puntigliosità, un chilo di timidezza, cinquecento grammi di simpatia, trecento grammi di petulanza e cinquecento grammi di altre doti più o meno apprezzabili, per un totale di tre chili e duecento grammi di neonato strillante.

Sin da piccolo sentivo che la comunicazione e l’informatica sarebbero state le mie due passioni più fondamentali. Ricordo ancora quando alle elementari, durante la ricreazione, facevo divertire i miei compagni di classe con giochi inventati su un quadernetto di carta, ispirato dalla novità dei rebus di Mike Bongiorno e dai pranzi serviti da Corrado.  E poi, dopo la scuola, ci si incontrava a casa mia per pilotare elicotteri tra le caverne del Commodore 64, massacrando quel povero joystick su cui sfuriavamo tutta la nostra adrenalina. Quei pixel magici che scorrevano sul televisore a tubo catodico in bianco e nero, gentile omaggio dei nonni che s’erano nel frattempo comprati un bel televisore a colori, m’ipnotizzavano ogni volta che accendevo l’interruttore. Così mi regalarono Il mio primo libro sui computer.

La genesi del programmatore

Un natale, avrò avuto all’incirca dodici anni, eravamo a casa di mio zio e ci preparavamo a giocare a tombola, quando nessuno riusciva a trovare il sacchetto con i numeri di legno da estrarre a caso. Così portammo il suo nuovo Amiga in cucina, dov’era riunita tutta la famiglia, ed in men che non si dica scrissi il mio primo programmino per far apparire sullo schermo un numero casuale tra uno e novanta. E così, mentre tutti chiacchieravano tra una fetta di cotechino e lenticchie ed un cannolo, io avevo appena scoperto l’ebbrezza di colloquiare con un microchip e fargli fare quello che volevo io. Un paio d’anni dopo, mi venne regalato un vero e proprio personal computer, uno strabiliante Amstrad 80286, con tanto di floppy disk da cinque pollici rumorosissimo (un lusso per me ch’ero abituati alle cassette), MS-Dos e 20 mega di disco rigido, che pensavo non avrei mai e poi mai potuto riempire. Multimediale, internet, modem e gigabyte a quel tempo erano parole che non erano state ancora inventate!

Incontri ravvicinati del terzo tipo

Gli anni dell’adolescenza trascorrono tranquilli nel ridente paesello siciliano, senza infamia e senza gloria. Dopo aver finito il liceo, nel 1992 m’iscrissi al corso di laurea in Informatica a Pisa: per la prima volta nella mia vita dovetti imparare a gestirmi da solo, dal cosa cucinare la sera a come lavare le mie magliette senza stingerle. Erano gli anni della maturazione interiore, dell’uscita da quel bozzolo in cui ero stato protetto fino a quel momento. Lì venni in contatto per la prima volta con questa cosa chiamata Internet: una roba miracolosa, che mi consentiva di leggere quello che un tizio dall’altra parte del mondo stava pensando, grazie a questo sistema chiamato Usenet. Ricordo ancora di quando ne parlavo ai miei amici in Sicilia, durante le vacanze, e loro mi guardavano sbalorditi ed incuriositi da questo novello concetto. Da lì a poco, arrivarono i primi modem a fischi, Virgilio e le connessioni a 56 kilobit al secondo. Intanto imparavo i rudimenti di questo magico mondo del world wide web, e grazie ai potenti mezzi del dipartimento d’informatica, intorno al 1996 creavo la mia prima pagina per presentarmi al mondo intero.

Comunicazione ed informatica

Questo connubio mi affascinava sempre di più, e così decisi di aggiungere al mio corso di studi alcune materie che mi consentissero di approfondire l’argomento in maniera utile e divertente (non di soli cammini minimi vive il laureando in informatica). Non dimenticherò mai un pomeriggio passato ad andare avanti e indietro tra l’ingresso dell’edificio e la stanza del laboratorio informatico dove avevo accesso ai computer del dipartimento, per creare una pagina web che elencava gli orari di tutti i corsi del semestre, fino a quel momento affissi soltanto in forma cartacea alla bacheca all’entrata. Diventò così popolare che qualche settimana dopo la pubblicarono sul sito del dipartimento. Non per vantarmi, ma già all’epoca ero un trailblazer nel settore.

Non avevo ancora finito l’università che un professore un giorno mi chiese se ero interessato ad un lavoretto part time al Rettorato, per aiutare l’ufficio comunicazione a gestire il sito web dell’ateneo. Per me era non solo un onore, ma un vero e proprio sogno che diventava realtà. D’altro canto, come disse una volta Confucio, scegli un mestiere che ami e non lavorerai un solo giorno nella tua vita. Al Rettorato m’imbattei per la prima volta nel linguaggio di programmazione che avrebbe per sempre cambiato la mia vita: PHP. Fino a quel momento, a lezione avevo imparato il Java, il C ed il Pascal. Ma nessuno di questi potenti strumenti era progettato per infilarsi in mezzo al codice sorgente di una pagina per renderla più interattiva e dinamica, almeno non nella maniera intuitiva in cui ci riusciva PHP.

Sboccia l’amore

Intanto i nostri vicini di casa, nell’edificio in periferia dove si trovava l’appartamento che io ed il mio coinquilino avevamo in affitto, avevano deciso che era giunto il momento di comprare casa e traslocare. Così chiedemmo al proprietario dell’immobile, il mitico signor Ulivelli, se potessimo aiutarlo noi a trovare qualcuno interessato a prendere il loro posto. Il nostro piano diabolico era quello di trovare delle ragazze, per espandere la nostra cerchia sociale e fare un po’ come i protagonisti della popolare serie televisiva The Big Bang Theory. Spargemmo la voce in giro, anche tramite volantini attaccati alle bacheche delle facoltà di Lettere e Lingue (frequentate in maniera predominante da ragazze). Un pomeriggio d’autunno si presentarono queste due pulzelle tutte agghindate (scoprirò poi che anche loro avevano un piano diabolico nei nostri confronti), Sunshine ed una sua amica. Dopo una piacevole chiacchierata, concludiamo l’affare: metteremo una buona parola con il signor Ulivelli per l’affitto. I mesi passano, ed il saluto sulle scale si trasforma in chiacchiera, poi in passeggiata sul Lungarno, ed infine in cene e gite fuori porta. Finché, una notte di fine anno del 1999, prima di partire per le vacanze in Sicilia, prendo in mano tutto il coraggio a mia disposizione, e mi dichiaro a quella che, qualche anno dopo, sarebbe diventata mia moglie.

La moda dei blog

Sul lato informatico, nel frattempo, arriva l’era dei primi sistemi di gestione dei contenuti. Da Joomla a Typo3, mi divertivo a sperimentare con i più popolari per capire su quale valesse la pena investire risorse e tempo libero. Finita l’università, cominciai a trovare lavori come sviluppatore web, prima in aziende private e poi al dipartimento di Sistemi Elettrici ed Automazione della mia alma mater, come direbbero gli americani. La mia passione per tutto quello che era web si era nel frattempo cementata, ed ora finalmente sapevo cosa volevo fare da grande. Seguendo la moda dell’epoca di tenere un diario personale online, trovai questo sistema nuovo nuovo chiamato WordPress, ed in un pomeriggio del 2005 lo installai sul mio portatile per provarlo. Mi convinse abbastanza, così qualche settimana dopo acquistai il dominio che tutt’oggi contraddistingue questa casetta virtuale nella rete, e da lì cominciò questa lunga avventura blogosferica.

Benvenuti in America

Un dettaglio che avevo trascurato di menzionare finora, che attraversa come un filo conduttore la mia intera esistenza, è la mia infatuazione per il Paese a stelle e strisce. Sin da piccolo, guardando le serie televisive americane (da Happy Days ad A-Team, da Dallas a Supercar), sognavo un giorno di poter vivere in quel posto magico fatto di macchine sportive dove tutti sembravano così felici. Ora quel sogno sembrava finalmente avverarsi, visto che Sunshine era cittadina americana, e con il matrimonio potevamo fare la pratica per l’ottenimento del permesso di soggiorno accelerato. Così, anche a seguito dei timori della crisi finanziaria del tempo, a fine febbraio del 2008 ci siamo trasferiti nella ridente cittadina di Springfield, nel nord del New Jersey.

Ma che vuol dire il nick?

Concludo prima di tutto congratulandomi per la tenacia che hai avuto. Giungere fino alla fine di questa lunga pagina non deve essere stata un’impresa semplice. E poi vorrei rispondere alla domanda che forse ti starai chiedendo sin dall’inizio: ma perché camu? Il mistero è presto svelato: come dicevo all’inizio, sono nato e cresciuto in Sicilia. Ora, nel dialetto dell’isola c’è una parola che, stando a quelli che mi conoscono, mi definisce in maniera quanto mai appropriata: camurriusu. Ovvero, petulante, insistente, scocciante, a volte rompiscatole. E così, in quella notte buia e tempestosa del 2005 quando aprii le porte del mio blog, decisi che quello sarebbe stato il mio appellativo d’ora in poi. Tutto il resto è storia.

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