Contagiati dagli Oscar (anche noti come Academy Awards da queste parti), l’altra sera abbiamo noleggiato l’ultimo film con George Clooney, Up in the air. A parte che il brizzolato è da sempre stato l’attore preferito di mia moglie (e come darle torto, d’altronde), ci incuriosiva la storia, che narra le vicende di Ryan Bingham, un uomo dal mestiere insolito: licenziare la gente. Che specialmente in questo periodo di vacche magre, fa affari d’oro andando in giro per il mondo a dire agli impiegati delle aziende che lo “assumono”, quali sono le loro prospettive per il futuro. Data l’essenza stessa del suo lavoro, Ryan passa a casa non più di 30 giorni all’anno, spendendo il resto a bordo di aerei o in alberghi di lusso. Un uomo che non crede nel matrimonio, ed il cui unico sogno nella vita è diventare il settimo uomo al mondo ad aver accumulato 10 milioni di miglia di volo. Non ti dico altro per lasciarti il gusto di scoprire per conto tuo questo piccolo capolavoro di Clooney.
La trama, un po’ come in tutte le pellicole recenti di George, è un intreccio di più storie che si svolgono in parallelo. Il ritmo è lento ma mai noioso, ed il protagonista finisce per risultare un eroe moderno, disilluso dagli ideali di un tempo (matrimonio, casa, affetti familiari) ed intrigato da una vita in cui tempo e ambizione sono i due concetti fondamentali. Per chi, come lui, spende la vita in sale d’attesa d’aeroporti e file ai check-in, il tempo è prezioso, quindi costruirsi degli stereotipi diventa indispensabile: se nella fila c’è una coppia d’anziani, si perderà più tempo, se c’è un giapponese invece no, perché loro sono bene organizzati a sanno impacchettare le proprie cose in maniera molto efficiente. Al suo fianco, suo malgrado, si ritrova una giovinetta dalle idee aggressive, ma dal carattere fragile ed insicuro: una laureata fresca che vuole conquistare il mondo, ma che non ha neppure il controllo della propria vita. Insomma, se ti piacciono i film di Clooney, questo è sicuramente da vedere.
Commenti
L’ho visto e mi è piaciuto a metà… la storia era carina,
solo che mi sembrava mancasse un po’ di umanità nel parlare di un lavoro dove si mandano a casa le persone…
E soprattutto mi ha lasciato un po’ così il “essere un viaggiatore vs casa/famiglia.” come se fosse una cosa totalmente inconciliabile. Dopotutto, viaggiare molo spesso non è una brutta cosa, è uno stile di vita e, se ci si organizza bene, non è affatto impossibile avere entrambe le cose.
be si…
film carino!
in tante cose mi ci sono rispecchiato
dalla superorganizzazione al momento del check in,a purtroppo l’esperienza di dover comunicare a chi non lo merita, che il rapporto di lavoro è bruscamente concluso!
@Elandryl: beh, io non ho mai provato l’esperienza di viaggiare molto quindi non so, ma miei amici che erano sempre sulle quattro ruote, non è che riuscissero a conciliare bene le due cose, pur avendo casa e famiglia 🙂
@salvo: cioè, fammi capire, tu fai lo stesso mestiere di George?