due chiacchiere

L’ipertesto ci rende stupidi

Abbiamo iniziato a vedere, la volta scorsa, come i processi mentali chiamati in causa durante la navigazione in rete, stiano di fatto contribuendo a riconfigurare il modo in cui il nostro cervello lavora. Applicazioni come Facebook o Twitter, che estremizzano il concetto di ipertesto, non fanno che accentuare il problema. Perché ogni frase contiene commenti, che a loro volta sono collegati ai rispettivi autori, o rimandano a considerazioni di terzi. Sbriciolando i concetti in tanti piccoli frammenti che il nostro cervello fa sempre più fatica a ricostruire. E non si tratta di semplici osservazioni empiriche: la ricerca continua a dimostrare che le persone che leggono un testo lineare (un libro ma anche un articolo su un blog) comprendono di più, ricordano di più, e imparano di più di quelli che hanno letto un analogo testo costellato di link.

E se i link sono un male per la concentrazione e la comprensione, non dovrebbe sorprendere che la ricerca più recente indica che i collegamenti accompagnati da immagini, video e pubblicità sono ancora più dannosi. Buona parte del problema ruota intorno al modo in cui acquisiamo nuovi concetti durante la nostra interazione con il mondo che ci circonda. Come i miei studi universitari mi ricordano, la nostra memoria è composta in realtà da tre contenitori: la memoria a breve, medio e lungo termine. L’apprendimento consiste nel trasferire dati dalla prima alla seconda o alla terza. Un po’ come la RAM ed il disco rigido in un computer. Proprio come in quel caso, la memoria a breve termine è in genere molto meno capiente di quell’altra.

Si può fare un’analogia con un giocatore che deve colpire le palle da tennis sparate dalla macchinetta: se la velocità è troppo alta, qualche pallina andrà perduta. Ugualmente se il flusso di informazioni è troppo alto, il trasferimento dalla memoria “di lavoro” a quella a lungo termina lascerà scappare qualcosa. Quando leggiamo un libro, il flusso è costante e possiamo controllarlo variando la velocità di lettura. Concentrandoci sul “singolo argomento” trattato in quelle righe, siamo in grado di trasferire, pezzo per pezzo, la ricchezza delle informazioni in esso contenute. In rete, il giocatore da tennis è bersaglio non di una, ma di tante macchinette, di cui non riesce a controllare la velocità (un video non si può rallentare). Il risultato è un guazzabuglio di piccoli spezzoni di informazione, che vanno spostati nella memoria a lungo termine in fretta e furia. E che non si trasformano in conoscenza, perché non c’è tempo di digerirli ed analizzarli.

Commenti

  1. Emanuele ha scritto:

    Concordo con te… anche se credo che un occhio attento non si lasci influenzare troppo dai link e dalla pubblicità. Purtroppo però non è per tutti così e soprattutto i meno abituati riescono a recepire informazioni in misura decisamente inferiore. Tutta la costellazione di informazioni di contorno crea un bel rumore di fondo… e visto che siamo in vena di analogie, la differenza tra i due utenti è pari a quella che distingue chi ascolta la musica con le cuffie da chi si ritrova per strada con la radio in macchina. La musica è sempre quella, in questo caso però cambia il grado di preparazione di chi l’ascolta…
    Ciao,
    Emanuele

  2. Francesco ha scritto:

    Ciao,
    il testo tradizionale e l’ipertesto danno un conteributo differente, complementare se utilizzati a dovere.
    Da un testo sequenziale apprendo, guidato, lo sviluppo di un pensiero (anche tecnico), l’ipertesto ha il compito di indirizzo ai contenuti significativi che consente (e richiede) maggiore autonomia al lettore.
    Se l’obiettivo è l’apprendimento mnemonico, probabilmente l’ipertesto è disorientante (anzi, la fruizione stessa dell’informazione su Internet richiede una guida in quanto disorientante), se invece il fine è l’apprendimento ceritico l’ipertesto è senz’altro una risorsa che dà accesso a una moltitudine di risorse.

    Un caro saluto

    Francesco (che crede ancora nell’E-learning)

  3. Francesco ha scritto:

    Nel chiedere scusa per gli errori di digitazione, mi concentro sull’ipotesi di deconcentrazione causata dalla multimedialità: anche il multimediale va usato a dovere, se l’interazione tra testo, immagini e suoni è armonica, l’apprendimento e la motivazione ne beneficiano, se entrano in gioco elementi che non aggiungono contenuto e non possono essere contestualizzati razionalmente, tutto perde di senso.

    Ancora saluti

    Francesco

  4. camu ha scritto:

    @Francesco: innanzitutto complimenti per aver configurato l’avatar 🙂 Riguardo a quello che dici, si vede che parli da esperto del settore, quindi non posso che imparare da te, sull’argomento. Però se guardiamo a strumenti come Facebook, molto usati dai giovani di oggi, le cose cambiano radicalmente. In quel caso non si impara nulla, perché l’informazione è troppo frammentata e scostante, costringendo il soggetto che legge a cambiare contesto in continuazione.

  5. Francesco ha scritto:

    Ciao Camu,
    e io non posso che concordare: Facebook può risultare caotico, disorientante e – come ho spesso espresso – per nulla accessibile proprio per motivo della sua struttura.
    Internet è il riflesso della società della comunicazione, una “tempesta” di informazione cui chiunque è esposto in ogni momento senza protezione, e contiene gli stessi rischi.
    Sono convinto che un timone sia necessario, ma che purtroppo in campo formativo non possa essere la scuola com’è (o il metodo didattico tradizionale in senso lato) con le quattro mura asettiche: è necessario un mentore, un precettore molto elastico, un riferimento in grado di interpretare la visione dell’utente.
    Docenti e esperti di formazione in grado di personalizzare la fruizione sino a negoziare le modalità di apprendimento.
    Se facciamo invece riferimento all’immersione nel mare magnum della Rete, esistono le soluzioni: le Comunità, i moderatori? Per Facebook temo che il rimedio non ci sia: 4000 amici che non ho visto in faccia e con cui non dialogo?
    Questo blog è un gran bell’esempio delle potenzialità interattive della Rete: un’idea al giorno in formato quasi “pillola” (i messaggi su schermo è bene che siano brevi), pochi link ragionati di approfondimento, interazione moderata, il moderatore sempre presente e attento alle dinamiche comunicative.

    Ad majora

    Francesco (prolisso)

  6. camu ha scritto:

    @Francesco: concordo su tutta la linea. Anche in merito a questo blog, proprio quelle considerazioni sulla fruibilità dei contenuti m’hanno portato a dargli un certo taglio editoriale: la brevità, i pochi link in generale, l’aspetto discorsivo e lo spingere i lettori all’approfondimento ed al dialogo. Un blog non monotematico, che riflette i miei tanti interessi quotidiani (sviluppo web, ricette di cucina, temi della comunicazione, ecc).

  7. Francesco ha scritto:

    Ciao,
    circa il supporto all’apprendimento di testo e ipertesto: verissimo che un testo (non ipertestuale) non contiene spunti di distrazione, ma le eventuali lacuni cognitive (qualche base mancante per intenderci) possono bloccare l’apprendimento e anche inficiare la motivazione, sedimentando debiti formativi.
    L’ipertesto e l’interazione soccorrono con il rinvio all’approfondimento (a volte è sufficiente la consapevolezza della possibilità di reperire una risorsa grazie ai motori di ricerca) o mediante il ricorso a opportunità di confronto a-sincrone (e-mail, forum) o anche sincrone (chat), persino a fome collaborative di condivisione del sapere (wiki).

    Sono lieto di questo confronto, a presto

    Francesco

  8. Emanuele ha scritto:

    Beh però associare Facebook ad informazione (nel senso più vero del termine) è senza dubbio fuorviante per ciò che è “l’ipertesto in ambito didattico/scientifico” secondo me. FB non è luogo d’informazione, come non lo è una qualsiasi locandina. I messaggi che passano – attraverso entrambi – sono pochi e volubili. FB proprio come strumento non è dedito all’informazione, ciò che transita sono – volutamente – notizie che possono scorrere velocemente.
    Ciao,
    Emanuele

  9. Francesco ha scritto:

    Emanuele,
    proprio per questo FB andrebbe gestito diversamente.
    Spostando il focus sull’accessibilità web, per tempo ho fatto parte di un team di volontari che si occupa di restituire valutazioni sull’accessibilità dei siti web ai webmaster che lo richiedono.
    Alcuni siti riportavano tutta l’informazione possibile e immaginabile in homepage su lunghissime liste non ordinate (e andava bene che non fossero righe di testo in sequenza con o senza il tag ).
    Solo questo rendeva il sito non accessibile e il mio consiglio era quello di riorganizzare i dati in sezioni da rendere razionalmente navigabili.
    Se Facebook effettuasse (cosa difficile) o permettesse all’utente la riorganizzazione dei contenuti l’informazione così volatile diverrebbe memoria storica, dunque cosa utile, e purtroppo quasi assente sul web.
    … ferma restando la possibilità di eliminare ciò che si considera effimero …
    Tutto ciò per dire che – sebbene volatile – informazione *è* e come tale può essere trattata, con l’opportunità per i singoli account di divenire qualcosa di serio e storicizzabile, mi riferisco ad esempio ad iniziative a tutela dell’ambiente e così via.

    Grazie, a presto

    Francesco

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