due chiacchiere

Come mai ci si gratta?

Se come cittadino ti sei presentato allo sportello dell’ufficio anagrafe del tuo comune, scommetto che avrai pensato con un pizzico di disprezzo a quanto “se la prendesse comoda” la signora dall’altra parte dello sportello per rilasciarti il certificato o la carta d’identità che avevi richiesto. Oppure sei andato alla posta a ritirare un pacco e sui dieci sportelli disponibili soltanto due erano aperti e servivano il pubblico con una lentezza quasi indicibile. Ma davvero la colpa è soltanto dell’impiegato, oppure è il sistema sopra di lui ad indurlo in questo stato di demotivazione e mancanza di voglia a far bene il proprio lavoro?

Nei miei vari viaggi all’estero, ho sempre notato la differenza tra i nostri impiegati e quelli stranieri: questi ultimi sono sempre gentili, pronti ad aiutarti, veloci a sbrigare le pratiche ed interessati a risolvere un tuo eventuale problema. L’italico passacarte invece è disinteressato, e se anche gli spieghi che un ritardo nella pratica è per te un problema, lui con fare svogliato ti farà capire che non gliene frega un tubo. Per fare l’esempio opposto, in Giappone si taglierebbero un dito piuttosto che non aiutarti: per loro mettersi al servizio del prossimo è un onore, una gratificazione personale che nulla ha a che fare con il denaro. Se l’impiegato lavora bene, il sistema funziona bene: quindi tutti ne hanno un beneficio.

Ma il sistema non è formato solo dagli impiegati: c’è il capufficio, il dirigente, il direttore generale, l’amministratore. Una catena gerarchica di elementi che devono coordinarsi tra loro, ed ognuno deve impegnarsi per incentivare e motivare coloro che stanno sotto di lui. Cosa che spesso non accade nel nostro Belpaese: il dirigente dell’ufficio anagrafe spesso preferisce accaparrarsi tutti i meriti, lasciando le briciole agli impiegati. Non esiste uno spirito “di gruppo” in cui l’unione fa la forza: ognuno per conto proprio, e Dio per tutti. Si sottovaluta il ruolo della comunicazione interna aziendale, anzi si applica spesso il principio opposto: dividi e comanda.

Molti sorridono quando vedono che le aziende americane o del nord Europa eleggono l’impiegato del mese: credono sia una cosa buffa e quasi poco seria. Invece proprio quello contribuisce a creare una coscienza del servizio svolto: valorizzare le competenze per migliorare il sistema. Cosa che in Italia, specialmente nella pubblica amministrazione, non accadrà mai, se non in rare isole felici.

Commenti

  1. Marco Casalegno ha scritto:

    Come in tante altre situazioni, anche in questa, l’italia o meglio, gli italiani dovrebbero prendere d’esempio chi ottiene risultati migliori.
    Purtroppo non è solo una questione di “al lavoro”, ma è una modo di pensare che porta noi cittadini dello stivale a differenziarci dagli altri in tutto. Sembriamo avere una valida repulsione per tutto cio che “funziona bene”. Peccato

  2. ninna_r ha scritto:

    In effetti a volte tocca armarsi di una pazienza inaudita per sopportare lo sguardo “cosa vuoi da me?” che gli impiegati ti mostrano non appena ti avvicini…

  3. Alessandro ha scritto:

    anche ‘grattarsi’ deve essere fatto bene… noi non ci riusciamo abbastanza o non siamo cosi’ bravi, personalmente mi impegnero’ di più perchè, come hai recentemente scoperto, chi si ‘gratta bene’ viene anche premiato (vedi K)

  4. Trap ha scritto:

    L’incentivo (senza ricevere denaro o altro) dei giapponesi mi ricorda il famoso “incentivo morale” di Mao… ogni settimana premiavano l’operaio che si era distinto più di tutti con un bottone rosso 🙂

  5. stidduzza ha scritto:

    In Giappone hanno ciò che si chiama “positive attitude” e questo deriva, appunto come dici tu, da una gratificazione personale a sapere che se il sistema funziona bene e’ un beneficio per TUTTI. Secondo me, a loro manca una cosa che invece noi abbiamo: Il terrore di essere altruisti. Noi non tentiamo di migliorare le situazioni perché abbiamo paura di essere scavalcati o aver messi i piedi in testa dagli altri. Si sa che ormai una persona “buona” equivale all’essere “fesso” quindi è meglio essere codardi e attaccarsi alla lentezza e al malfunzionamento comune di un sistema amministrativo, piuttosto che avere “il coraggio” di essere “utile” al prossimo 🙂

  6. atlantide ha scritto:

    Si penso anch’io che ci sia una “macchina complessiva” mal funzionante, ma se ognuno di quelle persone si sentisse bene per conto proprio? Si prendesse responsabilità nel rispettare se stesso e il proprio lavoro? Non vivrebbe meglio lui, l’utente e anche il sistema?

  7. camu ha scritto:

    Atlantide, sottoscrivo in pieno quello che dici: nessuno ha voglia di prendersi delle responsabilità. Penso che parte del problema sia dovuta anche alla ‘gerontocrazia’ che governa questi enti pubblici: ai vertici (anche dirigenziali nelle singole sedi) ci sono spesso persone anziane, con idee ‘vecchie’ da mettere in pratica. Chi può, preferisce rimanere al lavoro oltre il limite minimo della pensione, invece di far spazio ai giovani, con idee fresche ed innovative. Pensa che un dirigente la settimana scorsa mi chiedeva se era possibile trasformare il sito del suo ente in modalità WAP! Quando questa tecnologia è già morta e sepolta da alcuni anni! E poi dicono che non si trova lavoro…

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