C’è un canale YouTube che ogni tanto guardo in tv quando voglio soddisfare le mia curiosità astronomiche. In una recente puntata, la voce fuori campo si pone la fatidica domanda “che probabilità abbiamo di metterci in contatto con una civiltà aliena?”, ed introduce lo spettatore alla equazione di Drake, una formula studiata proprio per dare una risposta a questo mistero che ci attanaglia da sempre. A quanto pare, secondo il professore che l’ha inventata, le possibilità di fare una scampagnata con i nostri vicini di stella sono davvero poche. Sin da piccolo non ho mai dubitato del fatto che forme di vita diverse dalla nostra esistessero nella sconfinata dimensione dell’universo.
Eppure ora ti confesso che comincio a riconsiderare la mia posizione, per vari motivi. Ad esempio, non siamo proprio diversi dai bifolchi medievali convinti che la Terra e l’uomo fossero al centro dell’universo, se crediamo che le forme di vita esistenti debbano essere simili alla nostra: l’uomo ha definito il significato di vita intelligente in base a quello che vede intorno a se, ma chi ha detto che la biologia o persino la meccanica debba essere la stessa lì fuori? Già sulla nostra palla volante abbiamo esempi di biodiversità, figuriamoci quando hai miliardi di galassie. La vera domanda, quindi, è cosa intendiamo noi per esseri viventi, quando andiamo alla ricerca di civiltà aliene?
E poi considera fattori come il tempo: noi umani abbiamo imparato ad inviare segnali nello spazio solo negli ultimi cent’anni, che è un periodo temporale infinitesimale se consideriamo che la vita sulla nostra roccia è apparsa più di tre miliardi di anni fa. Tre miliardi, mica noccioline. Questa è una cosa che il professor Drake tiene in considerazione nella sua formula, e che abbassa enormemente le probabilità che un’altra civiltà abbia sviluppato tecnologie simili alla nostra proprio adesso, e sia in grado di inviare e ricevere segnali radio verso di noi. Ed infine la probabilità di incontrare queste creature: un viaggio interstellare, per quanto evoluta la loro tecnologia possa essere, deve sempre e comunque rispettare le leggi della fisica dell’universo e tutti i limiti annessi e connessi. Per il nostro corpicino fragile, di certo una cosa impossibile, considerando anche le radiazioni cosmiche che distruggerebbero il nostro DNA nel giro di qualche mese. Ecco perché non riusciamo ad arrivare neppure sul nostro pianeta vicino di casa, figuriamoci su un altro sistema solare.
Commenti
Una visione del film Contact di Jodie Foster è d’obbligo, restando nel tema dell’articolo. Ne consiglio la visione 🙂
(Anche se il libro, di Carl Sagan, è più “completo” rispetto al film)
Risposte al commento di Trap
Bellissimo film, non c’è che dire. La soluzione profilata da Sagan è creativa quanto realistica. Il mio dubbio è sul fatto che, visti i miliardi di anni che compongono l’asse temporale dell’universo, vi sia qualcuno proprio adesso. Sarebbe come dire che nell’arco di 24 ore, uno stesso evento in due posti completamente diversi nel mondo accade nello stesso preciso nanosecondo, e porti poi le due persone interessate ad incontrarsi nei successivi 60 nanosecondi, a voler essere generosi.