Correva l’anno 2015 quando scrivevo delle mie avventure con le criptovalute per la prima volta. Giusto per curiosità, avevo comprato un Bitcoin alla strabiliante cifra di 200 dollari, e dopo averlo tenuto per più di due anni, decisi di venderlo a poco più di 800 dollari, pensando di aver fatto un affare d’oro all’epoca. Peccato che poi nel 2021 la moneta virtuale sia schizzata fino a valere 60.000 dollari: ancora oggi mi flagello come il buon Tafazzi ogni volta che penso a quello che avrei potuto fare con quei proventi 😖 Ma vabbè, quello che è fatto è fatto, inutile piangere sul proverbiale latte versato. Giusto per tentare la sorte un’altra volta, quando le criptovalute iniziarono a scendere a metà di quell’anno, decisi di mettere qualche spicciolo in una nuova azienda nata dalla mente dei fratelli Winklevoss, gli stessi che si erano lasciati turlupinare qualche anno prima da Mark Zuckerberg sulla questione di Facebook. In effetti, i proventi sbandierati da questa compagnia erano forse troppo belli per essere veri, ma la mia speranza era che questo settore si sviluppasse anche in concomitanza con gli effetti della pandemia sull’economia globale.
E invece, qualche settimana fa, BlockFi, la compagnia in questione, ha dichiarato bancarotta, a seguito degli scandali di un’altra azienda, la famigerata FTX, che ha fatto implodere l’intero settore dopo essersi ciulata i risparmi di milioni di persone. Avrei dovuto fare più attenzione ai campanelli d’allarme di quest’estate, e seguire un po’ più da vicino le notizie secondo cui altre compagnie legate ad FTX stavano già sventolando bandiera bianca ad Agosto. Ed invece ho lasciato quei mille dollari sul conto che fruttava un succoso 10% di interesse, nell’ostinata speranza che le cose potessero andare meglio per BlockFi. Pazienza, alla fine quello che conta è avere la salute, ci siamo detti con Sunshine, che con mia sorpresa ha preso la notizia meglio di quanto m’aspettassi, nella sua saggezza impareggiabile. Il premio di consolazione è che potrò dedurre dalle tasse questa perdita, un po’ come accade quando si perdono soldi dai propri investimenti in azioni, quando il giudice avrà completato l’iter della bancarotta. Ma direi che con questa notizia, le mie avventure tra le criptomonete sono arrivate al capolinea.
Commenti
Fase A. Al potenziale cliente viene promesso un investimento con rendimenti superiori ai tassi di mercato, in tempi ravvicinati.
Fase B. Dopo poco tempo viene restituita parte della somma investita, facendo credere che il sistema funzioni veramente.
Fase C. Si sparge la voce dell’investimento molto redditizio; altri clienti cadono nella rete. Si continuano a pagare gli interessi con i soldi via via incassati (la finanziaria ha capitale sociale zero, ma gli investitori non lo sanno).
Fase D. Lo schema si interrompe quando le richieste di rimborso superano i nuovi versamenti.
Risposte al commento di Trap
Eppure la tecnologia alla base delle criptovalute è tutt’altro che uno schema di Ponzi. Con la blockchain si potrebbero fare tante cose interessanti a livello di gestione e firma digitale di contratti. Alcune banche americane vi hanno investito ingenti somme, e la mia speranza era che si diffondesse ancora di più. Invece abbiamo iniziato a vedere gli NFT, pagati cifre esagerate, ed altre minchiate. Peccato, un’ennesima occasione persa di mettere a frutto qualcosa di buono per l’umanità (sebbene dal punto di vista energetico sia una cosa inguardabile).
Risposte al commento di camu
Concordo con te sugli inutilissimi NFT (come quelli creati prima della distruzione dell’opera d’arte…).
Risposte al commento di Trap
D’altro canto non mi stupisco oramai di nulla. Abbiamo in tasca computer che sono milioni di volte più potenti dei calcolatori di 50 anni fa, e li usiamo semplicemente per registrare stupidi balletti per attirare follower. Però forse anche noi eravamo così stupidi all’età dei giovani di oggi, chissà?
Resto della mia idea che chi ha fatto i soldi appartenga a due profili, chi ha minato bitcoin all’inizio e chi è riuscito a “vendere” bitcoin per lucrarci. Troppa fluttuazione e fuffa digitale.
Risposte al commento di Piero_TM_R
Concordo con la tua teoria. Da inguaribile ottimista, per anni ho sperato che la tecnologia blockchain si espandesse ad altri settori (logistica, finanza, ecc) grattando sotto la superficie delle criptovalute. Ma a quanto pare gli interessi di chi vuole mantenere lo status quo sono troppo forti, mentre come dici giustamente tu, i creativi della finanza continuano a costruire fuffa digitale su queste piattaforme.
Il punto è che non hai investito in cryptovalute, non fare confusione. Hai investito in una azienda che come tutte le aziende può fallire. Non so se non avessi chiaro questa differenza prima dell’investimento ma un po’ di due diligence prima di questa nuova avventura ti avrebbe tenuto distante da quelle promesse.
Non fare di tutta l’erba un fascio e, ancor di più, non fare di tutte le crypto una crypto. Anche lì servirà capacità di analisi e verifica: investire sui piccoli progetti è alla stregua di una scommessa. Le crypto sulle quali suggerisco sempre di porre attenzione non riempiono neanche le dita di una mano.
Ciao,
Emanuele
Risposte al commento di Emanuele
Si, nel caso di BlockFi in effetti è bene fare una distinzione, sebbene avessi acquistato Ethereum, non la loro moneta inventata. Hai ragione, avrei dovuto fare un po’ più di cosiddetta due diligence. Il fallimento di FTX (un’azienda) ha gettato un’ombra alquanto negativa sull’intero mondo crypto, e vedo dalle notizie che anche le banche, prima interessatissime alla tecnologia della blockchain, si stanno un po’ tirando indietro per paura di essere contagiate dal danno d’immagine legato a quello che hanno combinato questi farabutti.
Binance sta traballando…
(l’articolo sul sito originale è a pagamento)
Risposte al commento di Trap
Penso che la caduta di FTX abbia innescato un effetto domino che farà piazza pulita di un bel po’ di queste aziende. Un po’ come accadde con Lehman Brothers, mi sa…