Saranno passati almeno una quindicina d’anni da quando ho visto il film Blade Runner in televisione. Erano tempi in cui ancora Internet non si sapeva neppure cosa fosse, e la fantascienza sfornava storie di tutt’altro genere. La grafica computerizzata non riusciva a fare le magie dei nostri giorni, e tutto era (forse) più genuino e “sudato” rispetto ad oggi. La visione di quel film scatenò la mia fantasia, ed essendo più bravo di adesso a inventare storie, scrissi un breve racconto che voglio conservare in questo mio diario online. Infatti l’originale è andato perduto, quindi andrò un po’ a memoria.
Inverno metropolitano
Tutto d’un tratto aveva iniziato a piovere a dirotto, e subito il traffico si era congestionato per le vie della metropoli. Nella notte piena di luci ed insegne luminose, ognuno cercava di trovare riparo come poteva: chi correndo verso un taxi, chi fermandosi sotto una pensilina di un grattacielo, chi passeggiando indisturbato con l’ombrello. Jack camminava vicino alle pareti dei palazzi, ma non gli importava di bagnarsi: le sue attenzioni erano tutte per lei. La coprì con il suo impermeabile, lanciandole uno sguardo di soddisfazione. Lei sembrava quasi ricambiare, stretta tra le sue braccia forti. Si infilò nell’ingresso dell’hotel Hilton, con disinvoltura. Il portiere lo riconobbe subito, e quasi precedendolo, gli porse subito la chiave della sua stanza. Notò anche lei, ma la sua discrezione “lavorativa” gli impose il più rigido disinteressamento.
Jack ringraziò, e subito dopo il portiere li vide entrare nell’ascensore, cogliendo il suo sguardo di compiacimento mentre la porta si richiudeva: c’era feeling tra lui e lei. Quasi nessuno usava oramai le tessere, o peggio le chiavi, per aprire le porte o avviare le auto, ma l’Hilton aveva conservato questo modo, come una cosa retrò… un segno distintivo di un certo lusso d’altri tempi. Aperta la porta, le tolse l’impermeabile e la buttò sul letto. Al contrario del caos di pochi minuti prima, nella stanza c’era un silenzio quasi totale. L’orologio alla parete segnava le 2.06 del mattino. Jack si avvicinò all’ampia finestra, dalla quale si vedeva l’intera città, e voltandosi verso di lei, sussurrò “Finalmente sei tutta mia”.
Una passione infuocata
Lei era immobile, sul letto. La sua pelle scura risaltava tra le lenzuola bianche, increspate. Da fuori la finestra proveniva, in lontananza, qualche suono di sirena della polizia. Mentre il luccichio continuava a far risplendere le strade molti metri più in basso, un elicottero passò a poche decine di metri, con il suo rumore cupo e ritmato. Alzò la temperatura del termostato, e dopo pochi istanti il clima diventò subito piacevole. Decise di spogliarsi, per togliersi di dosso i vestiti inzuppati d’acqua. E si sdraiò vicino a lei.
Iniziò ad accarezzarle i fianchi, a baciarla in maniera sensuale. Non riusciva ancora a credere di averla finalmente con lui, dopo tante lotte, dopo tanti inseguimenti, dopo tutti i pericoli che aveva corso. Non importava nulla, ora lei era lì. Si alzò di scatto, e andò a prendere un foglietto dalla tasca dell’impermeabile. Sopra c’era scritto un numero di quattro cifre. Non mancava nulla per aprire… quella valigia.