due chiacchiere

Una serata per brillare come le stelle

Uno dei primi post che scrissi dopo la ripresa delle trasmissioni su questo blog condivideva la mia esperienza con una comunità religiosa alla quale mi ero avvicinato già prima della pandemia. Come dicevo all’epoca, essendo nato e cresciuto in Sicilia, la religione è sempre stata una parte integrante della mia vita: dalle processioni a seguito del santo di turno, all’esperienze da chierichetto, e con in mezzo un paio di viaggi a Gerusalemme e Lourdes con mia nonna, l’educazione cattolica mi ha accompagnato sin dai primi vagiti e durante tutta l’adolescenza, con l’Azione Cattolica. Poi pian piano, come penso capiti a molti, mi son reso conto che il sermone del prete a ricordarci gli ammonimenti di San Paolo alla comunità di turno non mi bastava più. Uscendo dalla chiesa, sentivo che non mi rimaneva nulla in mano nulla di concreto da portare con me ed applicare nella vita quotidiana. Andare a messa era diventato un semplice rito, ma nulla di più. Poi nel 2019, alcuni amici ci invitarono ad ascoltare uno dei sermoni di questo pastore della chiesa cristiana che avevano iniziato a frequentare. Il contrasto tra la sua energia e quella del parroco cattolico della nostra chiesa era disarmante.

Liquid church, così si chiama questa congregazione cristiana di ispirazione evangelica, ha una marcia in più perché ha capito che bisogna andare a parlare ai giovani sulle piattaforme digitali dove questi passano la maggior parte delle loro giornate. Durante l’anno organizzano varie iniziative volte a creare quel senso di comunità e di partecipazione attiva, sapendo di contribuire al miglioramento dell’ambito sociale in cui si inseriscono. Ad esempio, ogni Natale ci si riunisce per impacchettare tutti insieme in una grande catena di montaggio un milione di pasti da spedire alle popolazioni bisognose dell’Africa: un’occasione per incontrare amici, e trasmettere ai figli quel senso di fede e gratitudine in maniera divertente e piacevole, facendo qualcosa di più utile che andare appresso al simulacro della statua di un santo, un rito che per me ha sempre rappresentato quella linea sottile che separa religione e riti magici propiziatori. La scorsa settimana invece è stata la volta di Night to Shine, che in italiano potremmo tradurre come Una notte per le stelle.

Le stelle, in questo caso, sono le persone disabili. Night to Shine è un evento annuale sponsorizzato dalla Tim Tebow Foundation, organizzazione benefica fondata dal giocatore di football americano Tim Tebow. L’idea è di celebrare le persone con disabilità e offrire loro un’esperienza di ballo come quelle che si vedono nei film. Gli ospiti, vestiti in smoking ed abiti elegantissimi, e sono coccolati sotto ogni punto di vista: dalla passerella con l’immancabile tappeto rosso per sentirsi una star appena arrivano, alla parrucchiera in sala per farsi una bella acconciatura, dai lucida scarpe per i ragazzi, al camerino per farsi foto con amici e parenti. In Italia, dalle parti in cui sono cresciuto, c’era l’usanza per i maturandi delle scuole superiori di organizzare una veglia di fine anno in discoteca. In altre regioni mi dicono si usa fare la cosiddetta festa dei cento giorni, ma l’idea di fondo è la stessa: un’occasione per divertirsi tra amici. Qui in America esiste un evento simile, il famoso prom (abbreviazione di promenade, la passerella sul lungomare), che tanti film a stelle e strisce hanno reso familiare in tutto il mondo.

Contagiato dall’entusiasmo del prete, ho deciso di partecipare anch’io come volontario quest’anno. Mi hanno assegnato alla postazione dei lustrascarpe (shoeshine, come li chiamano qui): gli ospiti vestiti di tutto punto si fermavano da noi per dare una lucidatina a scarpe in realtà già più che pulite, prima di tuffarsi nella pista da ballo. La parte più bella è stata vedere il sorriso di questi ragazzi, la loro gioia nel sentirsi coccolati per qualche ora. E così invece che una spolverata veloce, mi sono calato nel mio ruolo ed ho curato ogni scarpa come fosse la mia, massaggiando la pomata e spazzolando il tutto fino a far diventare quelle scarpe quasi splendenti di luce propria. Avresti dovuto vedere com’erano contenti alla fine della sessione: un ragazzo mi ha anche raccontato che quelle erano le scarpe della festa, e di come le curava in maniera certosina per tenerle sempre pronte all’occasione. Insomma, devo dire che l’energia positiva con cui sono tornato a casa dopo una lunga serata è stata davvero priceless, come diceva una volta lo spot di una famosa carta di credito.

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