due chiacchiere

Accessibilità, vent’anni di legge Stanca

Il 9 gennaio 2004, il Parlamento italiano approvava all’unanimità una legge all’avanguardia in Europa e nel mondo, la cosiddetta Legge Stanca sulla accessibilità dei siti internet della pubblica amministrazione. Che impostava un quadro normativo mirato ad incoraggiare amministrazioni pubbliche ed aziende private ad ammodernare i propri siti web per renderli fruibili da parte di persone diversamente abili. Perché fino ad allora, nel Far West che era stato il web a partire dagli anni ’90, da MySpace a Blogger, nessuno si era preoccupato di come ad esempio un utente con problemi alla vista potesse usufruire di quella mole di informazioni a disposizione di tutti. Io già ne parlavo circa 12 anni fa, notando come i buoni intenti del legislatore fossero finiti nei fatti a tarallucci e vino (e ti pareva), per la mancanza di una cultura della sensibilità e di un ventaglio di competenze tecniche necessarie ad attuare quelle linee guida.

Per celebrare i 20 anni da quella data, la Fondazione Pensiero Solido di Antonio Palmieri e IWA Italy, associazione di cui fanno parte Roberto Scano e Fabrizio Caccavello (nomi che solo gli addetti ai lavori conosceranno), hanno organizzato un evento online il prossimo 9 gennaio alle 16, a cui parteciperanno anche i protagonisti di allora, tra cui lo stesso Lucio Stanca. Un’occasione per ricordare e riflettere, ma anche per parlare di futuro dell’accessibilità nel Belpaese, a cui parteciperò volentieri ed invito i miei piccoli lettori a fare altrettanto. Perché la sensibilizzazione su quest’argomento non è mai abbastanza, specialmente visto che si fa ancora molto poco in ambito accademico per considerare l’accessibilità come uno dei pilastri su cui costruire il mondo digitale intorno a noi, e non soltanto un pensiero a posteriori, un qualcosa da appiccicare alla meno peggio ad un sito o un’applicazione già finita.

Ed a proposito di futuro, riflettevo in questi giorni di come la tanto sbandierata intelligenza artificiale potrà dare una mano a questo settore. Immagino sia solo questione di tempo prima che software come JAWS e NVDA vengano affiancati da sistemi intelligenti in grado di descrivere immagini a cui manca l’attributo alt, e di semplificare un testo scritto in un linguaggio troppo complesso e tecnico, per aiutare coloro che soffrono di una disabilità dell’apprendimento. Lo stesso si potrebbe fare per i video che non hanno sottotitoli o frammenti audio senza trascrizioni: queste piattaforme intelligenti potrebbero creare i sottotitoli al volo, e persino tradurre testi ed audio in maniera trasparente, senza la frizione che oggi è rappresentata dal dover far tanti passaggi per ottenere lo stesso risultato.

E come non pensare a coloro che hanno disturbi motori ed usano interfacce che non siano un comune mouse ed una tastiera per interagire con il mondo digitale: l’intelligenza artificiale potrebbe imparare a tradurre i movimenti dei loro occhi in azioni anche complesse, e quindi ancora una volta riempire quel divario tra lo strumento e chi ne usufruisce. La parola chiave di questo più che probabile connubio sarà indipendenza. Migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità tramite l’intelligenza artificiale promuove l’indipendenza ed allarga la comunicazione, per tutti. Spero si parlerà anche di questo all’evento di cui ti parlavo qui sopra.

Commenti

  1. Trap
    ha scritto:

    Mamma mia! Quanto tempo non sentivo questo nome! Una foto è d’obbligo.

    Risposte al commento di Trap

    1. ha scritto:

      😜 Sarà interessante capire cosa sta facendo il governo attuale su questo fronte. Speriamo ne parlino all’evento online.

  2. ha scritto:

    Ancora oggi diverse piattaforme non rendono l’uso degli alt particolarmente agevole, dove non c’è profitto ampio e immediato i più se ne lavano le mani…

    Risposte al commento di Mondo in Frantumi

    1. ha scritto:

      Verissimo, per lavoro mi trovo a sbattere la testa contro diversi sistemi di gestione dei contenuti, da quelli open source come Drupal a quelli che costano diverse migliaia di dollari al mese, e creare contenuti accessibili è un’impresa.

  3. Aldo
    ha scritto:

    Secondo me, telefonini e connessioni mobile hanno fatto molto più di tanti “addetti”, perché hanno fatto sparire quasi tutti quei siti pieni di grafica inutile. 😛

    Risposte al commento di Aldo

    1. ha scritto:

      Si, in parte l’avvento dei siti “responsive”, che si adattano alla larghezza dello schermo su cui sono visualizzati, ha in effetti aiutato a dare una sforbiciata a tanti effetti speciali che servivano solo a sprecare banda! Per fortuna, ad esempio, la moda dei banner scorrevoli nella home page è passata!

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