due chiacchiere

Il Piano Mattei per aiutare l’Africa

Da ben prima che Matteo Salvini e Donald Trump ne facessero uno slogan da campagna elettorale, io ho sempre sostenuto che aiutarli a casa loro fosse la cosa migliore da fare, ogni volta che viene fuori l’argomento sugli immigrati che fuggono dalle loro terre martoriate. E questo vale sia per i siriani in Europa che per i venezuelani qui negli Stati Uniti. Le terre martoriate da cui fuggono queste persone sono il frutto di secoli di colonialismo sfrenato da parte di Francia ed Inghilterra, non c’è dubbio. Per questo sono rimasto piacevolmente sorpreso quando ho letto che il governo italiano ha deciso di proporre un’iniziativa che va proprio in questa direzione, il cosiddetto Piano Mattei. Che di fatto mi dà ragione su quello che dico da tempo a quelli che puntano il dito contro la Nuova Via della Seta cinese, etichettandolo come un semplice piano di sfruttamento delle risorse locali. Per lo meno la Cina va a costruire scuole ed infrastrutture, invece che presentarsi con fucili in mano come abbiamo fatto noi occidentali, con la scusa di esportare democrazia e civiltà.

Ho voluto parlare di progetti concreti, capaci di generare un impatto significativo e immediato nelle nazioni in cui verranno attuati e di espandersi non solo in termini di dimensioni ma anche di settori di intervento la cui realizzazione e i cui sviluppi intendo seguire personalmente – ha detto Giorgia Meloni. Per quelli non avviati, i nostri esperti sono pronti a partire immediatamente per la definizione della parte operativa.

Certo, si tratta di una goccia nel male della disperazione, ma non si può dire che Giorgia Meloni non stia provando a pensare fuori dagli schemi per risolvere il problema dell’immigrazione. I suoi predecessori le hanno provate tutte, e siamo sempre al punto di partenza, quindi sono contento di vedere uno sforzo più importante in questa direzione. A dirla tutta non sono neppure certo che queste iniziative funzioneranno come si auspica sulla carta. Specialmente perché vanno a ficcare il naso negli interessi dei nostri cugini d’oltralpe nei territori africani. Già da prima di questo annuncio, si registrano i mugugni francesi in merito alle operazioni italiane in quelle zone. Per fortuna anche qualcuno di sinistra se n’è accorto:

“Quelle francesi sono obiezioni piuttosto curiose, come se in Africa non si debbano fare degli interventi infrastrutturali” commenta l’ex Premier nonché Inviato Speciale ONU per il Sahel Romano Prodi che il progetto l’ha visto nascere quando negli anni ’80 era Presidente dell’IRI. “Qui si tratta di aiutare la natura a recuperare una situazione di equilibrio interno a vantaggio dei popoli africani. E per capire l’importanza di Transaqua basta considerare che il bacino del Lago Ciad copre un ottavo del continente africano”.

Non che la situazione da questa parte dell’oceano atlantico sia molto migliore, intendiamoci. Mentre il buon Xi Jinping arriva e stringe accordi con l’Argentina per assicurarsi le riserve di minerali rari di cui tutto il mondo ha bisogno, in seguito alla crescita esponenziale del fabbisogno energetico delle società civilizzate, gli Stati Uniti continuano a rimanere invischiati in una polarizzazione estrema della politica che si traduce in un immobilismo sia interno che internazionale. Una volta finiti gli accordi del Piano Marshall, gli americani hanno smesso di esportare infrastrutture e progresso, e si sono concentrati sulla propaganda. Di cui, solo ora me ne rendo conto, sono caduto vittima anch’io. Concludo con le parole di Piero_TM_R in merito alla questione:

La condizione dell’Africa ce la siamo cercata e creata per secoli di politiche sbagliate a livello mondiale, c’è convenuto tenerli sotto sviluppati, abituandoli ad assisterli ma senza risolvere tutti i problemi e depredando senza farci troppi problemi. Basti pensare al virus ebola, siamo tutti cresciuti sapendo che era un virus mortale, uno dei peggiori, concentrato in alcune zone dell’Africa e fino a quando i morti erano lì, il problema era lontano, incurabile e senza una soluzione, poi il destino ha voluto che alcuni casi finissero entro i confini americani e come per magia ecco il vaccino! Quanto siamo ipocriti, non credo che il vaccino non esistesse, c’era ma non era utile fornirlo alle popolazioni africane.

Commenti

  1. Trap
    ha scritto:

    È vero che la Cina costruisce quelle cose “a fin di bene”, ma a quale prezzo? Ad esempio, leggi quest’articolo.

    Risposte al commento di Trap

    1. ha scritto:

      Si, non metto in dubbio che queste attività siano inquinanti, ma non si può dire che le miniere degli europei e degli americani in Africa siano molto più ecologiche, no? E poi il problema è che molti metalli, specialmente quelli delle cosiddette terre rare, servono ad incentivare la transizione ecologica, perché sono usati per le batterie (che non ricicliamo ancora abbastanza) di ogni tipo e dimensione. Se ostacoliamo l’estrazione di questi metalli, vorrà dire che ce ne saranno di meno a disposizione, e quindi i costi dell’indotto andranno ad aumentare, e nessuno vorrà mai comprare un’auto elettrica.

  2. ha scritto:

    Onorato di essere stato citato. Continuo ad avere la mia idea che il mostro ce lo siamo creati in casa e non facciamo nulla per risolvere il problema, forse il Piano Mattei potrebbe raddrizzare un minimo lo squilibrio che dura da troppo tempo!

    Risposte al commento di Piero_TM_R

    1. ha scritto:

      Nel suo intervento anche Mario Draghi, di cui parlo nel mio post di oggi, tra le righe dice che questa è la strada che bisognerebbe seguire a livello europeo. Il Vecchio Continente finora è rimasto parecchio indietro (parole di Super Mario) rispetto a Stati Uniti e Cina, su questo fronte. Quindi ben venga un piano in grado di recuperare il terreno perduto.

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