due chiacchiere

Joan è terribile

E così dopo alcuni mesi passati a spulciare tra le offerte di RaiPlay per soddisfare le mie esigenze televisive del fine settimana, sono tornato dal mio spacciatore di serie TV di fiducia, il mio ex collega Josè, per sapere cosa mi potesse consigliare di buono. Così di punto in bianco mi fa “cosa t’è sembrato dell’ultima stagione di Black Mirror?” Io sono cascato quasi letteralmente dalle nuvole. Incredibile ma vero, non mi ero accorto che la sesta stagione era stata completata e resa disponibile su Netflix per la gioia di grandi e piccini. Ovviamente ho subito liberato la mia agenda del fine settimana, per appagare la mia sete di tecno-distopia (si può dire?) che mi portavo avanti dal lontano 2019, quando venne rilasciata la brevissima quinta stagione. Come avevo già scritto l’anno scorso, a me il concept di questa serie è sempre piaciuto, e specialmente in un’epoca in cui la tecnologia intorno a noi continua a rendere più sottile la linea di demarcazione tra realtà e finzione.

Hanno persino creato un sito per farsi il proprio screen

Rispetto agli episodi di dieci anni fa (incredibile come passa il tempo!), questa stagione sembra voler spostare l’attenzione dalle implicazioni dirette di una certa tecnologia sulla nostra vita, verso un’analisi sociale delle tecnologie già a nostra disposizione e di come ci hanno già cambiato. Nel seguito citerò dettagli di specifici episodi, quindi ti pregherei di fermarti qui se non vuoi rovinarti la sorpresa. Come il titolo di questo post lascia intuire, mi concentrerò sul primo episodio, secondo me il più bello di questo volume dell’antologia britannica. La premessa di Joan è terribile è che oggi viviamo in un mondo iperconnesso. In ogni momento, a prescindere da dove ci troviamo, possiamo raccontare qualcosa che qualcuno potrà ascoltare. Immaginiamo allora per un attimo che tutte queste informazioni su di noi vengano usate, in maniera completamente legale grazie a tutti i termini di servizio che abbiamo accettato negli anni, per confezionare una serie televisiva che racconta la nostra vita quotidiana. Ma non solo quella pubblica, che tutti vedono, ma anche quella più intima e privata, di cui magari non adiamo poi così fieri.

Questa è la premessa del primo episodio di questa nuova stagione di Black Mirror. Una rivisitazione in chiave moderna del classico film The Truman Show con Jim Carrey, che tra l’altro ho guardato qualche sera fa. In cui la paura che la nostra vita venga raccontata ai quattro venti diventa viscerale ed allo stesso tempo verosimile e credibile. Io per primo ho sempre avuto la sensazione di essere un po’ come Truman, e di vivere in un mondo finto in cui tutti sanno quello che faccio anche nei momenti in cui penso di essere solo (sarà l’età che avanza, che mi sta facendo rimbambire). Nella miglior tradizione di questo franchise, gli autori ed il regista stuzzicano la nostra immaginazione e solleticano le nostre paure, facendoci riflettere su qualcosa che, tutto sommato, non è poi così lontano dalla realtà tecnologica che ci circonda (sono fiero di notare che l’articolo del link provenga dall’Università per cui lavoro).

Tutto questo è magistralmente mescolato alla sottile ironia delle varie situazioni in cui si trova la protagonista, inclusi l’incontro ed il sodalizio con l’attrice che la interpreta in televisione. Salma Hayek, nell’interpretare se stessa, è una spalla fenomenale, divertente, pungente ed imprevedibile, non ci sono dubbi. L’episodio, pian piano che lo spettatore capisce di cosa si tratta, sembra rievocare l’idea di base del film Inception, e si inizia a perdere il filo di quale sia la realtà e quale la finzione inventata dal supercomputer della casa produttrice. Il finale, ancora una volta, lascia tutti a bocca aperta, e pone altre interessanti domande allo spettatore. Insomma, se ti piace il genere distopico che non sfocia negli estremismi del Calamaro coreano o delle ancelle di Gilead, quest’episodio è proprio quello che fa per te.

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