due chiacchiere

Velocità, intelligenza artificiale ed emozioni

C’è un’Italia che vince, anzi domina, in una delle competizioni più hi-tech del pianeta, l’Indy Autonomous Challenge, il campionato tra auto senza pilota realizzate da atenei di tutto il mondo: l’edizione 2025 è stata conquistata dal team italiano messo insieme dall’Università di Modena e Reggio Emilia, capeggiato dal professor Marko Bertogna del Dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche. Una vittoria che premia l’eccellenza, lo studio, l’analisi, la ricerca ed il futuro, in un mondo ancora inesplorato, e non solo dal punto di vista delle competizioni. Qui si sperimenta, in modo estremo, come avviene nelle corse, il comportamento delle auto senza pilota nelle condizioni più difficili.

Foto di gruppo dei vari team che si sono confrontati nell'edizione del 2025

Quella andata in scena sul circuito di Las Vegas Motor Speedway è stata una gara in cui le monoposto si sono sfidate in duelli senza esclusione di colpi, grazie a software di intelligenza artificiale. Tutti i team sono partiti dallo stesso hardware automobilistico e informatico, ma poi su quell’hardware hanno costruito il proprio stack di controlli e autonomia. La squadra dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha ottenuto per la prima volta una vittoria contro una decina di squadre di atenei provenienti dal Nord America, dall’Europa e dall’Asia, tra i quali Berkeley, CalTech (California Institute of Technology), University of Virginia, Purdue University, KAIST (Korea Advanced Institute of Science & Technology) e Politecnico di Milano. La parte che mi rende più orgoglioso, come spiega anche il professore in una sua recente intervista, è che sono riusciti ad ottenere questo risultato pur nella penuria di fondi dedicati alla ricerca italiana, specialmente se confrontati con le ingenti risorse economiche messe in campo nel Paese a stelle e strisce.

Allora no, son pagati da noi, da cui anche la difficoltà, ecco, di mettere in campo un team di questo tipo, sia io che il collega di Milano. Facciamo i salti mortali per tenere in piedi la baracca. Diciamo che entrambi abbiamo dei gruppi piuttosto grandi, io ho un gruppo di universitari, un laboratorio di 60-70 persone, con tanti tanti progetti che mi permettono, ecco, di ricavare qualche soldino, per pagare le persone e le partecipazioni. In più ho una spin-off, si chiama Hipert, che conta una trentina di persone, che è quella che poi finanzia questo tipo di partecipazioni. Diciamo che il team è universitario, ma viene finanziata dalla nostra spin-off, una spin-off tecnologica che cerca appunto di fare questo tipo di lavoro: provare a innovare nella scarsità di finanziamenti che purtroppo ci sono in Italia.

Ed è qui che l’Italia e l’Europa sono diventate abbastanza miopi negli ultimi 40 anni, o forse più. Gli investimenti sulla ricerca si sono arenati, rimanendo indietro in questa corsa virtuale verso un futuro in cui la tecnologia diventa moneta di scambio e rappresenta la strategia per incrementale la qualità della vita delle persone. Non mi voglio avventurare in un dibattito politico in merito, ma è chiaro che l’occidente si è lasciato abbindolare dalle chimere della globalizzazione, sedendo sugli allori delle conquiste passate, e cedendo il passo ai dragoni orientali che, zitti zitti, hanno saputo approfittare di questa situazione mentre i nostri politici stavano a guardare le mosche. Ma sia ben chiaro, la “colpa” non è dei cinesi che ci hanno superato. Loro, come le formichine della famosa favola di Esopo, sono stati laboriosi, mentre noi eravamo il grillo seduto sull’albero.

Commenti

  1. Scricciolo ha scritto:

    Noi europei stiamo sprecando un bagaglio di conoscenze che ci viene da secoli di studi e battaglie. Che tristezza. Che tristezza vedere tanti giovani volenterosi e preparati in balia dei nostri tempi, senza alcun riconoscimento e dove la meritocrazia pare una vergogna. Tanto di cappello allo staff di UniMoRe. Leggendo il tuo articolo mi sono venute le lacrime agli occhi, non scherzo. Mi piange il cuore vedere dove siamo arrivati e soprattutto dove andremo a finire. La colpa? Inutile incolpare gli altri, siamo noi gli artefici del nostro declino.

    Risposte al commento di Scricciolo

    1. camu ha scritto:

      Ah, con me sfondi una porta aperta sulla condizione di un’Europa che non ha saputo fornire ai cittadini del Vecchio Continente quella marcia in più che invece si vede altrove. Ogni Paese dell’Unione agisce per conto proprio, tira acqua al proprio mulino, ed invece che unirsi per “far la forza”, ci si scontra e ci si fa la concorrenza, indebolendosi di fronte ai competitor mondiali. Anch’io sono davvero triste, specialmente avendo due figlie adolescenti che si apprestano a muovere i primi passi in questo mondo al contrario, dove non sembrano esserci più prospettive per il futuro.

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