due chiacchiere

Colui che propone un brindisi ufficiale

Nelle commedie americane in cui i protagonisti si sposano, si vede spesso uno dei testimoni avvicinarsi al microfono e fare un discorso ufficiale ai novelli sposini, ricordando magari qualche avventura, oppure un momento commovente di quando erano giovani, o ancora prendendo in giro questo o quell’altro invitato. Beh, devi sapere che quel ruolo ha un nome ben preciso nella lingua inglese: toastmaster. Qui la parola toast è usata nella sua accezione meno comune: non come tramezzino al formaggio da sgranocchiare durante la pausa pranzo, ma per indicare “a call to a gathering of people to raise their glasses and drink together in honor of a person or thing, or an instance of drinking in this way”, ovvero un brindisi. Da qualche mese ho scoperto che esiste un club mondiale a cui chiunque può iscriversi, dove i membri si allenano nella raffinata arte del parlare di fronte ad una platea, il Toastmasters Club. All’università dove lavoro, alcuni colleghi hanno organizzato una sezione locale del club, aperta ai dipendenti sia in sede che in smart working. E così, spinto dalla perenne voglia di migliorare il mio inglese, mi sono iscritto.

Ci riuniamo ogni giovedì per un’oretta, durante la quale i membri del gruppo seguono una coreografia ed una scaletta ben precisa. Il presidente assegna ad ogni partecipante un ruolo: chi cronometra i vari interventi (time keeper), chi valuta con un giudizio grammaticale e semantico quello che gli altri hanno detto (evaluator), chi deve fare la presentazione del giorno, su un argomento a propria scelta o suggerito dal presidente, e chi fa le domande su argomenti a caso (table topics), alle quali i partecipanti devono fornire una risposta di un paio di minuti ciascuno. C’è poi la parola del giorno, che ognuno deve cercare di usare almeno una volta durante la sessione, nel proprio discorso o rispondendo alle domande poste dagli altri membri. Ad esempio, la scorsa settimana la parola era encapsulate, nel senso di racchiudere metaforicamente qualcosa. L’ambiente è molto tranquillo, ed i pivellini appena arrivati come me si sentono benvenuti, e sono spronati ad uscire dal proprio guscio un po’ alla volta.

Le riunioni si tengono tramite Zoom, per dare la possibilità a persone fisicamente distanti di potersi riunire lo stesso, specialmente ora che alcuni sono passati allo smart working permanente. Certo, alcuni soci sembrano voler far pressione per ritornare a fare incontri di persona, dato che la gestualità del corpo, l’intonazione della voce, l’occupazione dello spazio quando si parla al podio, sono tutte cose che si perdono quando ci si trova di fronte ad una webcam. Posso capire i pro ed i contro di entrambe le situazioni, però mi piace l’idea di poter essere comodamente a casa mia e far pratica con madrelingua così raffinati. Tra l’altro, mi hanno detto che il mio accento è praticamente inesistente, che è un complimento che prendo sempre con piacere. Ora mi rimane solo da preparare il mio primo discorso introduttivo 😬.

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