due chiacchiere

Il tuo nome, una storia che lascia il segno

Che noi italiani nati negli anni settanta siamo stati svezzati con latte ed animazione giapponese, non è una novità. Da Candy Candy a Jeeg Robot, da Akira a Dragonball, da Lupin III all’indimenticabile Lamù, noi veri intenditori non ce ne perdevamo uno. Poi, come per tutte le cose, i tempi sono cambiati e le (non tanto) sottili allusioni sessuali di Gigi la Trottola sono via via scemate, considerate fuori moda e non al passo con i canoni sociali che si aggiornavano. A me, comunque,  l’attrazione verso la cultura giapponese è sempre rimasta, anche se negli anni ho smesso di essere un avido lettore di manga (fumetti giapponesi) come lo ero ai tempi dell’università. Così un paio d’anni fa, mentre chiacchieravo con un collega della mia passione per le animazioni firmate dal buon Miyazaki e dal suo Studio Ghibli, mi suggerì di guardare Il tuo nome. Se anche tu apprezzi la delicatezza e la ricchezza dei lungometraggi giapponesi, devi assolutamente guardare quest’opera di Makoto Shinkai.

Un fotogramma in cui i due protagonisti s'incrociano mentre salgono e scendono delle scalinate

Il solito avviso prima di continuare: nel seguito svelerò particolari della trama del film, se quindi non vuoi rovinarti la sorpresa, ti consiglio di fermarti qui per oggi. La trama ruota intorno ad un evento magico e misterioso, che porta due adolescenti a scambiarsi di corpo periodicamente. A differenza delle tante commediette superficiali americane basate su questo espediente narrativo, questo film si tuffa nella ricca tradizione giapponese shintoista per colorare in maniera delicata e mai sgraziata le avventure dei due protagonisti. Mitsuha e Taki sono completamente diversi: lei è un’adolescente di campagna che vorrebbe andare a vivere a Tokyo e scappare dalla noia del villaggio, lui invece è un timido ed impacciato ragazzo di città che passa le giornate tra il lavoro da cameriere e gli amici. Un giorno, totalmente per caso, i due si scambiano i corpi ed iniziano a vivere l’uno la vita dell’altra per brevi periodi di tempo.

I due cominciano a condividere un legame la cui profondità diventa gradualmente evidente. Durante il giorno, i due devono affrontare la giornata in un ambiente sconosciuto con “amici” che non conoscono. Di notte, tornano “a casa”, solo per scambiarsi il corpo nuovamente pochi giorni dopo. Dopo aver capito cosa stia accadendo, i due cominciano a comunicare lasciandosi appunti sui rispettivi quaderni di scuola. Poi ad un tratto tutto si interrompe, e Taki si mette in viaggio per cercare di capire perché, dando il via alla seconda parte del film, che non ti racconto per non rovinare la sorpresa (perché tanto lo so che non ti sei fermato a leggere quando ti ho avvertito qui sopra 🤓).

La prima metà del film mi ha dato una sensazione onirica, quasi magica. C’è una ricchezza di umanità e fantasia nel modo in cui Mitsuha e Taki affrontano la loro vita quotidiana senza sapere in chi si risveglieranno. La curiosità di Taki per il “suo” seno crea uno dei tanti momenti spensierati e il modo in cui i due comunicano ed imparano ad amarsi è presentato con parsimonia ed abilità tattile. Peccato però che la seconda parte non sia altrettanto bella, a mio modesto parere. Il viaggio di Taki sembra un’inutile distrazione per accelerare il passo di un film contemplativo e pacato. Nel complesso, comunque, questo film mi ha convinto. Come con la maggior parte degli anime giapponesi contemporanei, Shinkai combina l’animazione tradizionale disegnata a mano con quella generata al computer. Ma l’attenzione maniacale per i dettagli dei paesaggi che fungono da sfondo è spettacolare e supera ogni aspettativa. In conclusione, sono convinto che alla fine non rimarrai deluso.

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