due chiacchiere

Strategie per un web sostenibile

Con buona pace di coloro che si accingono a celebrare il compleanno di Gesù concentrandosi sull’aspetto religioso e familiare del Natale, dobbiamo arrenderci alla cruda e triste verità che siamo nel bel mezzo del periodo più commerciale dell’anno. Specialmente con questi chiari di luna e la necessità dei commercianti di rastrellare qualche spicciolo in più, non c’è più freno alla tempesta di richieste a comprare di più, consumare di più, viaggiare di più, ed ovviamente essere online di più, per condividere con parenti ed amici il nostro parere su questo o quel prodotto. Con l’avvento dei social una quindicina d’anni fa, poi, l’aumento delle risorse necessarie a soddisfare la nostra sete di like, e la voglia di conservare e condividere in archivi sterminati tutto il ciarpame digitale che produciamo ogni giorno, è letteralmente esploso. Dopo aver accennato a quello che sto facendo per predicare bene e razzolare… bene nel mio piccolo, vorrei tornare oggi su quest’argomento per contribuire, come un emulo di Greta Thunberg, alla sensibilizzazione delle opinioni in materia. Per spronare chi passasse da queste parti a contribuire ad un mondo digitale più sostenibile.

La rete consuma in un anno tanta energia quanto l'intero continente africano

Partiamo da un dato allarmante: stando ad un recente studio della BBC, tenere accesa la rete produce a livello mondiale ogni anno l’equivalente di anidride carbonica prodotta dall’intero sistema del trasporto aereo o dall’intero continente africano. Ciò significa che quelli come me che si occupano direttamente dello sviluppo di queste piattaforme, possono fare scelte in grado di contribuire in maniera efficace a ridurre l’impatto ambientale del nostro settore. Certo, non mi riferisco alla mia casetta virtuale sperduta nella rete, ma ai siti visitati da milioni di persone ogni giorno a cui lavoriamo. Non solo, proprio il fatto di avere accesso al dietro le quinte di queste piattaforme così popolari, ci consente di evangelizzare i nostri utenti, e di creare un senso di responsabilità ecologica che, oggi, deve andare oltre la separazione dell’umido dalla plastica.

La sfida, in questi casi, è di convincere gli amministratori delle aziende dove lavoriamo ad avere un occhio di riguardo verso queste problematiche. E ricordarsi che, in fondo, per loro quello che conta è misurare quanti soldi entrano e quanti soldi escono dalle casse aziendali a fine mese. Bisogna quindi presentare quest’argomento sotto quel punto di vista, facendo osservare che implementando soluzioni per la riduzione dell’impatto ambientale, incredibile ma vero, si risparmiano un bel po’ di quattrini. C’è poi lo spauracchio normativo, che può sempre avere qualche risultato nel convincere i capi. Ad esempio ricordando loro dell’esistenza di iniziative come NetZero, che raccolgono risorse per fornire un punto di partenza a chi si volesse cimentare in quest’esercizio. I governi debbono fare di più per invogliare le aziende sul loro territorio ad aderire a queste iniziative.

Se anche questo non dovesse bastare a convincere questi amministratori, si può sempre pensare al miglioramento dell’immagine aziendale, che finisce spesso per tradursi in maggiori vendite. Basta notare l’uso sempre più massiccio di etichette come “bio” o “eco” appiccicate a molti prodotti che compriamo. I consumatori vogliono sentirsi a posto con la coscienza (anche se poi in soldoni non significa tanto), e vendergli un prodotto che abbia delle certificazioni o che sia stato realizzato usando tecnologie e linee guida più verdi, non guasta mai. Anche in quest’ambito esistono iniziative che possono fornire un quadro di base ed un punto di partenza. Persino in Italia ve ne sono, e di recente si è concluso il convegno annuale che questi signori hanno organizzato.

Grandi aspirazioni a parte, anche noi blogger con conoscenze tecniche, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza. Ho già parlato di servizi che consentono di stimare la produzione di anidride carbonica del tuo sito: Website Carbon Calculator e Beacon sono due di quelli ti consiglio di usare per avere un’idea di come si piazza il tuo blog. Se il verdetto è meno che ideale, prova a leggere un libro come La sostenibilità viaggia nel web del prof. Siano, scritto in collaborazione con una dottoranda del suo ateneo, o Sustainable Web Design di Tom Greenwood. Usa un provider che abbia una certificazione di sostenibilità ambientale (SupportHost, il servizio che ospita questo blog, collabora con aziende che gestiscono i loro data center in maniera ecologica). Se proprio devi sapere tutto di chi visita il tuo sito, passa da Google Analytics a servizi come Cabin, che tra l’altro evitano la necessità di avere il fastidioso bannerino GDPR. Fai piazza pulita di script e aggeggi vari che non usi più sul tuo blog, inclusi vecchi plugin che continuano solo a consumare risorse.

Beh, ora non hai più scuse. Questo post è più farcito di collegamenti di un panettone della Bauli, quindi mettiti al lavoro ed aiutami a diffondere l’idea che un mondo digitale più sostenibile è meglio per tutti. Anche per te.

 

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