Ricordo l’ultimo giorno in Italia come se fosse ieri. Mia moglie era già partita da alcune settimane, per iniziare la caccia al lavoro nel nuovo Continente in modo che almeno uno dei due potesse portare la pagnotta a casa in questa fase di transizione. Io avevo già fissato 5 colloqui per le prime due settimane, tutto tramite Internet (benedetto sia chi l’ha inventata). La casa in Italia era oramai completamente vuota: a forza di via vai dal vicino ufficio postale, avevo spedito qualcosa come 200 chili di roba, in parte in America, in parte ai parenti in Italia. La mattina prima ero andato in concessionaria per firmare le carte e vendere la mia Yaris (non puoi immaginare quanto sia difficile vendere un’auto, e quanto ladri siano i concessionari in queste occasioni). Avevo ancora in tasca il biglietto del treno per tornare in paese. Nel pomeriggio era passato il mio collega di lavoro con la moglie per un ultimo “commovente” saluto. Tutto era pronto per questo salto nel buio.
In realtà tanto buio non era: qui avevo già mia moglie che, essendo nata in questi luoghi, conosceva tutto il necessario per sopravvivere. Il mio datore di lavoro mi concedeva un’aspettativa (non retribuita) di 1 anno per motivi personali: una rete di protezione non indifferente, che mi consentiva di tornare sui miei passi senza perdere nulla. Il cambio favorevole (per me) tra Euro e Dollaro gonfiò “magicamente” i risparmi che avevo da parte: considerando che il potere d’acquisto tra i due continenti è pressoché identico, non potevo proprio lamentarmi. Con l’inglese non me la cavavo male, e proprio qualche settimana prima avevo superato il test TOEFL con un punteggio di 103 su 120, se non ricordo male. Insomma, non ero certo l’immigrato con la valigia di cartone che s’imbarcava alla ricerca di miglior fortuna.
La notte prima della partenza, com’è ovvio, non riuscii a chiudere occhio: una tempesta di sensazioni diverse mi scombussolava la mente. Avevamo iniziato a progettare questo passo già prima di sposarci, ed ora eccoci qui. Fra 24 ore sarei entrato negli Stati Uniti non più come un visitatore qualunque, che entro 90 giorni deve uscire dal Paese, ma come un residente a tutti gli effetti. Con tanto di Social Security Number (il nostro codice fiscale) e di timbro sul passaporto. L’aereo Lufthansa (figuriamoci se sceglievo Alitalia per un viaggio così importante, eh eh) era un Boeing 747 di quelli con la gobba in testa, e tra un film ed un pisolino, le otto ore di viaggio “volarono” in un attimo.
In America erano le 6 di sera all’arrivo: sorvolando i cieli del Maine (la punta più a oriente degli Stati Uniti) vidi le luci delle città dal finestrino e senza volerlo mi si inumidirono gli occhi per l’emozione. Entrando in aeroporto “l’odore di america” s’insinuò nelle mie narici: è un odore dolciastro, che sa di pulito, ma devi provarlo personalmente per capire esattamente. Nel saliscendi delle scale mobili e corridoi, ad un certo punto, prima di entrare nell’immensa sala con gli sportelli dove controllano i passaporti, si passa attraverso una porta sulla quale campeggia enorme la scritta “Welcome to the United States of America” con l’immancabile aquila. Non si può descrivere il brivido che mi attraversò la schiena in quel momento.
Le formalità furono un po’ lunghe per me: impronte digitali, foto antiterroristiche, questionari vari (si, quelli del tipo “sei qui per compiere attività terroristiche?” ah questi americani!). Il militare che mi seguiva, quando ero pronto per andar via, mi guardò e disse “You are all set, good luck on your new life” mentre spariva in una porticina sul retro. Le prime settimane furono abbastanza frenetiche tra esame per la patente (per fortuna solo lo scritto, per la pratica riconoscono quella italiana), colloqui a raffica nella Grande Mela e dintorni, e prime esperienze “in solitaria” ad interagire con “veri” americani. Non nascondo che all’inizio la questione linguistica sia stata abbastanza frustrante, ma per fortuna anche quello ora è superato.
Spesso mi viene chiesto quanto mi piaccia l’America e se sia contento di vivere qui: i miei occhi che già sorridono prima di aprire bocca credo siano la risposta più sincera. Qui ho trovato la soddisfazione lavorativa che in Italia mi è stata negata per anni da bigotti dirigenti e supervisori, ho imparato ad amare la Nazione in cui vivo, ad apprezzare la solidarietà sociale e l’aiutarsi a vicenda. Il modo in cui si sono comportati i passeggeri dell’aereo caduto nel fiume qualche settimana fa, la dice lunga. Prova ad immaginare la stessa scena con passeggeri italiani π
Commenti
Congratulazioni! Il tuo è stato un passo molto importante che molti di noi sognano ancora…
Ti auguro di affermarti in USA e di dimenticare questo nostro paese così tanto “sporco” alla fine penso proprio che ti invidierò π
Mi ricorda un po’ i miei “amarcord” pisani π
p.s. prova a diventare presidente π Magari sarai il PRIMO presidente italiano immigrato π
invidia π
Beh, buon anniversario allora!
Bel racconto, mi hai fatto immergere in questa avventura sensazionale. Ti auguro di continuare a realizzare sempre con questa gioia il sogno che porti (portate) dentro.
Ciao,
Emanuele
mi ci trovo in questo tuo post e anche io all immigrazione dell aeroporto di los angeles ho dovuto aspettare un bel po prima di aver via libera per la mia nuova vita americana
@alb3rt1 ed andrea pinti, non mi piace il sentimento dell’invidia, ma so che è espresso in senso positivo π Comunque chi vuole emigrare, mica deve per forza fare un salto lungo come il mio… può accontentarsi di qualche Paese europeo nelle vicinanze.
@Trap, il presidente è obbligatoriamente un “nativo” americano per legge, quindi almeno in questo senso dovrò accantonare le mie ambizioni!
@Piero, grazie!
@Emanuele, una mattina sull’autobus che mi porta a New York, ho avuto l’ispirazione per questo post, e l’ho scritto tutto d’un fiato, praticamente senza rileggerlo. L’ispirazione che può dare a volte il panorama all’esterno è miracolosa!
@Pluto, mal comune mezzo gaudio allora…
Camu
mi fai piangere !!! Ma c’è un posticino pure per me?
Risposte al commento di Andrea Moro
@Andrea, ad aprile si riaprono i flussi per gli immigrati, puoi provare a vedere se qualche azienda ti assume. Il tipo di visto si chiama H1B, in rete trovi un’ampia letteratura in merito π
Camu, potresti postare tutte le burocrazie per prendere quel visto di cui hai parlato?
Penso che se pur volessi venire in cerca di lavoro … non credo potrei senza il pezzetto di carta, vero?
Ti assume … così a colpo secco … ti vorrano fare un colloquio prima no? Senti ma per il visto è una questione, come leggevo in qualche tuo post fa, di ambasciata e stop. giusto?
@Andrea, credo che farò un post sull’argomento a breve. Comunque più o meno funziona così. Trova un’azienda che accetta di farti entrare in America con un visto H1B, fai un colloquio telefonico o via Skype, se ti accettano allora fissi i dettagli. Ma attento, non tutte le aziende assumono persone a cui devono dare il visto, dipende se davvero “vali” lo sforzo π In genere sono molto gettonati gli indiani (la sede di Oracle ne era piena, quando ci andai per un corso di aggiornamento) e gli orientali. L’alternativa è la lotteria delle Green Card, ma c’è una possibilità su 10 di vincere per un Italiano (ogni Stato ha il suo “ratio” assegnato), se non ricordo male. Io non ho mai vinto. La terza via è sposarsi un’americana π Io comunque insisto: ci sono tanti Paesi Europei, tipo la tua amata Inghilterra, dove andare senza fare tutto sto casino!
Il problema è che io nella mia amata Inghilterra ci sono … in questo momento. Ma mi sto deprimendo perchè speravo di poter fare un numero maggiori di colloqui.
Invece quando ricevo certe risposte del tipo “non hai abbastanza esperienza” … mi cascano le palle.
Dopo 16 anni che smanazzo con i computer mi dici che non ho esperienza … e allora che devo fare. Prendere il titolo di studio? Ci ho provato, sempre inglese, ma peggio dei razzisti mi dicono per iscriversi deve lavorare e viviere in Inghilterra. Ma che fà. Mi pigliate per il culo?
@Andrea, lo so che sei in Inghilterra ora, leggo il tuo blog π Ammetto che non è facile, anche io non che è ho trovato lavoro al primo colloquio, anzi! Mi ci è voluto un po’, specialmente perché all’inizio avevo solo un visto temporaneo ed ero senza codice fiscale, che qui praticamente serve anche per fare pipì. In merito all’esperienza, so bene di cosa parli. Qui spesso nei colloqui inseriscono un test scritto su argomenti molto tecnici. Ora io non è che sono un pozzo di scienza su tutto lo scibile umano, quindi mi capitava di sbagliare le risposte. E questo mi è costato diversi viaggi a New York π Ma il mio consiglio è di non scoraggiarti subito, se hai la grinta e la voglia, ce la puoi fare! Perché le competenze sono certo che non ti mancano, e prima o poi qualcuno se ne renderà conto!
Un fedelissimo … grazie graazie … sono commosso!!!
Scherzi a parte. Magari mi facessero fare dei test. Mi liquidano con una e-mail, tipo quello di oggi che mi dice non sei adatto per una posizione Junior. Ok … allora se con 16 anni di esperienza non sono adatto a quello c’è qualche tassello del puzzle che mi manca.
Hai volato sopra il Maine… ti sei fermato a trovare la casa della Jessica B. Fletcher?!? π
Due mie amiche che lavoravano in Inghilterra come infermiere, anche se guadagnavano di più di qui, sono tornate perché… piove quasi sempre! π
Confermi @andrea_moro?
@Trap
Senti, ditemi quello che vi pare … sono venuto in Inghilterra la bellezza di 7 volte negli ultimi 8 anni, di cui 3 solo negli ultimi 5 mesi e in tutto ho visto una sola volta la pioggia.
Con oggi sono 11 giorni che sto fuori, e per carità, il sole spesso si nasconde dietro le nuvole, ma pioggia mai.
@andrea_moro
allora è un luogo comune π forse le mie amiche stavano più a nord…
Il grande salto? Ti capisco eccome! Io ho comprato casa a Berlino e sto pensando di trascorrerci la mia seconda giovinezza π
@trap
che intendi con un luogo comune?
@all
e meno male che Silvio aveva detto “prevengo la fuga di cervelli”. 5 commentatori e tutti e 5 hanno alzato o che vogliono alzare i tacchi.
@Andrea Moro: per luogo comune intendo il fatto che tutti dicono che a Londra piove tanto e invece non è vero π
@Jp, io ho sempre ritenuto che Jessica Fletcher portasse sfiga… dove arrivava lei moriva sempre qualcuno π Non ho mai guardato quella serie, molto meglio Il Tenente Colombo allora…
Che bello questo post , grazie di aver condiviso con noi Camu
@Barbara, grazie a te per averlo letto fino in fondo π
Come non leggere fino in fondo e con interesse un tuo articolo!
Molto interessante e stranamente molto personale rispetto a quelli cui ci hai abituato.
Il tuo racconto mi ha emozionato e riportato indietro di un anno quando ci siamo salutati!
Mi piace il tuo dare voce alle emozioni e alle sensazioni anche attraverso il blog!
Ti seguo sempre e i tuoi post più “intimi” li sento più vicini al mio modo di essere.
Hai fatto venire gli occhi lucidi anche a me…
@Piero, si in effetti generalmente non scrivo cose “personali” sul blog, sempre per la mia convinzione che tanto non interessa a nessuno… ma visto il numero di commenti forse dovrei ricredermi, non so π
@Laura, era ora di pranzo, ricordo bene quella giornata di metà febbraio… ed il fumetto che mi hai regalato è stato in un certo senso profetico (almeno per il nome!) eh eh
Quasi un anno dopo mi capita di ricevere una visita da questo post, e allora qual buon momneto per dire che ora dopo 5 mesi sono un felice immigrato UK? Camu tu lo so che lo sai, era per lasciare un segno ai posteri :p
@Andrea Moro: congratulazioni, “collega” emigrato π Adesso non ti rimane che mettere su famiglia in quel bel Paese.
senza parole… sono lacrimuccia! :,(
Molto bella questa storia,chissà quanti se la sognano (me compreso XD)!!Ma volevo farti delle domande:che lavoro fai?Perchè io ho sentito che per ottenere questa maledetta green card devi essere uno abbastanza in gamba tipo scenziato,artista di fama e di conseguenza vieni sponsorizzato da aziende americane che ti fanno ottenere il permesso..è vero tutto questo?Te con il lavoro come hai fatto:tramite colloquio tra azienda americanca e italiana vi siete messi d’accordo o di punto in bianco sei andato là e hai fatto un esame per entrate e fare lo stesso lavoro?Dal tuo post non l’ho capito bene.Un ultima cosa:un immigrato avrà sempre con se questa green card o dopo tot anni acquisisce cittadinanza americana e quindi i relativi diritti ecc ecc?
Scusa per le troppe domande,ma affascina anche a me l’idea di andare là,anche perchè,non mi vorrei sbagliare,ma l’Italia sta andando allo sfascio con i politici che abbiamo e che avremo(tra figli loro,veline,escort,ecc)…Cmq grz e buona fortuna ciao
@Nikolai: no, io ho ottenuto la green card per aver sposato un’americana π Comunque ho fatto vari colloqui telefonici prima di partire, per prepararmi il terreno, e poi durante le mie prime due settimane qui ho fatto colloqui a raffica finché non m’hanno preso… e il Cielo ha voluto che facessi praticamente lo stesso lavoro che facevo in Italia π
@camu: aaa capito π Ma che lavoro fai?Se è troppo indiscreto non risp.Grz mille lo stesso,mi hai già detto molto.Ciao
@Nikolai: ok, ti risparmio di leggere tutto il mio blog per scoprire che lavoro faccio π Lavoro nell’ambito dello sviluppo web per l’Università di New York.
Ok,interessante.Spero che guadagni bene!:-)Costose le università americane?Secondo me infatti conviene farla in italia e poi fare l’esame li (nel caso uno decidesse di andare a vivere negli usa),vero?
No, costose no… almeno non molto più delle migliori università Italiane π La bocconi ad esempio è molto più cara di quella dove lavoro io…
@camu: Adesso che sto leggendo un po’ sulle università americane mi vien da credere che ci sono molti meno casini per far parte del paese entrandoci già da studente che entrandoci come lavoratore in cerca di speranze…XD
@Nikolai: beh, è nella filosofia americana in fondo. Se vuoi venire qui, devi renderti utile π Di manovalanza ce n’è già tanta, vogliamo gente specializzata… questo è l’approccio con cui si scrivono le leggi, da queste parti!
@camu: Sono d’accordissimo su questo approccio!Per quello hanno fatto sta maledetta greencard,così passano solo quelli che servono.Però andare lì e rendersi utile (come giustamente hai detto te)non basta visto che devi fare delle cose che non tutti si possono permettere come appunto ottenere questa greencard che prima hai questa e poi lavori non vicecersa!:-)E da quello che ho letto e sentito la puoi ottenere tipo da agenzie americane che magari propongono il tuo trasferimento negli usa (quindi devi essere uno bravo -e mi è successo in famiglia-),un altro è la lottery,beh si può ottenere una cittadinaza per sorteggio??dai…XD L’unica,per una persona modesta,con un lavoro modesto(che non sia scienziato,regista ecc),non resta che per il matriomonio,che non solo ti danno il permesso di cittadinanza(con tutte le relative rotture dei servizi sociali XD),ma hai pure l’aiuto del partner che molto probabilmente ha anche l’appartamento…però io dico:”può uno/a sposarsi solo per convienenza?”,certo non penso che sia nello stile italiano,però c’è gente che lo fa(parlo in generale,non mi permetterei mai di offendere nessuno).Io ad esempio non ci riuscirei proprio,come te e come tanti altri!Però io,ad esempio,che da studente là non ci posso stare perchè non ho soldi per mantenermi e da lavoratore adulto sono senza greencard,mi dovrei attaccare?!Capisci cosa voglio dire?Cioè ci sono troppe poche speranze,troppo severi in questo,non credi?Te come la pensi?Se mi sfugge qualcosa mi farebbe piacere che tu dici come possono stare realmente le cose.:-)
ps scusa per il tema,ma mi interessava sottolineare questo fatto.
@Nikolai: preciso alcune cose in breve. Matrimonio per convenienza: hanno pensato anche a quello, per i primi 3 anni hai un visto “con la condizionale”. Cioè devi dimostrare che con tua moglia hai progetti seri, tipo casa, bambini, conti correnti cointestati ecc. Altrimenti ti rimandano a casa π La lotteria dei visti è una cosa serissima, anche se per l’Italia vince circa uno su dieci (ci sono 200 visti in palio per il Belpaese). Le agenzie americane, convenzionate spesso con avvocati specializzati in materia, sono una valida (ma più costosa) alternativa, e conosco varie persone che hanno seguito questa strada. In merito ad entrare E POI poter lavorare, se non fosse così finirebbe come in Italia, con i milioni di albanesi e nordafricani a zonzo per le vie di tante città a non fare nulla π Non ritengo che le regole siano troppo severe, anzi! E ripeto, chi ha detto che devi venire in America? Ci sono tanti posti in Europa dove t’accoglieranno a braccia aperte senza troppe formalità!
@camu: Sapevo che avresti detto le ultime 2 righe XDXD:-D.Però,facciamo che tu dovessi uscire dall’Italia per poi decidere liberamente senza impicci il Paese straniero:quale sceglieresti?