due chiacchiere

Vendere casa negli Stati Uniti

Vendere una casa negli Stati Uniti può sembrare un’operazione simile a quella italiana, ma in realtà il processo ha regole, abitudini e dinamiche abbastanza diverse. E visto che, per la seconda volta in 18 anni ci troviamo a vestire i panni dei venditori, ho pensato di conservare traccia sul mio blog dei vari passaggi a cui si va incontro quando si decide di entrare nel tunnel di una transazione così grande. Il processo è quasi sempre gestito da un agente immobiliare, chiamato realtor. Una vera e proprio mafia organizzata (si vede che questi tizi, un po’ come certi promotori finanziari, non mi stanno troppo simpatici?) senza la quale è praticamente impossibile piazzare la casa sul mercato e sperare di ottenere un buon prezzo. L’agente immobiliare non solo si occupa della promozione dell’immobile sui vari siti, ma gestisce anche tutte le trattative, i documenti e il rapporto con l’agente del compratore. Qui è molto raro che ci sia una trattativa “tra privati”.

Il cartello For Sale davanti ad una casa

Ecco alcune differenze tra i due Paesi, stando ad alcune mie ricerche. Si parte dal fatto che qui il contratto che abbiamo firmato con la nostra realtor stabilisce la durata dell’incarico esclusivo (di solito 3-6 mesi), la commissione (nel nostro caso il 3% del prezzo di vendita), ed ovviamente il prezzo dell’immobile. Al contrario, da quello che ho letto (non ho mai acquistato casa in Italia), nel Belpaese l’esclusiva non è obbligatoria, anzi è abbastanza rara: la vendita viene affidata a più agenzie contemporaneamente, e che vinca il migliore. Un’altra differenza è la consuetudine dell’open house, di cui ti parlavo qualche post fa: una giornata, di solito nel weekend, in cui la casa viene aperta al pubblico senza appuntamento. Il realtor accoglie i visitatori, fornisce materiale informativo e cerca di generare interesse. In Italia non penso proprio che far entrare degli sconosciuti in casa (specialmente se non vuota) sia visto di buon occhio.

Quando un acquirente è interessato, presenta un’offerta scritta con un deposito cauzionale. Il venditore può accettare, rifiutare o fare una controfferta. Se arrivano sul tavolo più offerte (com’è capitato a noi, visto il mercato immobiliare surriscaldato), li lasci combattere al rialzo tra loro, finché, come diceva un famoso film, ne resterà soltanto uno. Una volta accettata l’offerta finale, ed ottenuto il foglio dalla banca che conferma il mutuo per l’importo pattuito, si entra nella fase di attorney review, dove l’acquirente ha diritto a far vedere la casa ad un perito, che la ispezionerà da cima a fondo, dalle prese elettriche agli scarichi dei gabinetti, e persino lo spazio in mansarda, per assicurarsi che non vi siano sorprese una volta concluso l’atto notarile.

Il perito manda un rapporto all’avvocato dell’acquirente, che a sua volta può decidere di chiedere di sistemare eventuali problemi all’avvocato del venditore. Questo parla con il suo cliente, e redige una lettera in cui accetta o rifiuta le richieste dell’acquirente, magari offrendo uno sconticino in cambio, finché non si trova un compromesso che fa contenti tutti. In Italia, da quello che ho letto, l’offerta è più vincolante da subito e spesso si passa direttamente a un compromesso e poi si attende il rogito notarile. La vendita si conclude con il closing, un appuntamento formale (in presenza o da remoto) dove si firmano tutti i documenti e si trasferisce la proprietà. Tutto è supervisionato da un avvocato o da una compagnia che certifica l’autenticità dell’atto di proprietà, cosa che in Italia è compito del notaio. Noi al momento stiamo aspettando di ricevere alcune offerte, vediamo cosa succede nei prossimi giorni.

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