Non sei riuscito a dormire stanotte perché la curiosità di conoscere i nuovi intervistati ti tormentava? Bene, l’attesa, anche per questa settimana, è finita. Oggi ho due ospiti d’eccezione seduti sulle poltrone del mio salotto virtuale: gattostanco (nel seguito indicato dalla G) da una parte, burberry (indicata con una B) dall’altra. Con entrambi è stato un bel botta e risposta sulla preparazione dell’intervista, in particolare con gattostanco, che non si è limitato ad una risposta fredda ed impersonale del tipo “tieni le tue risposte” e via, ma ne ha approfittato per darmi qualche consiglio, creando uno spunto per l’interessante discussione che ne è seguita. Per par condicio devo dire che anche Burberry mi ha dato qualche dritta; inoltre negli scorsi giorni è stato il suo compleanno, quindi vorrei “dedicarle” quest’intervista come regalo! Auguri.
Perché un gatto?
G: Sono nato e cresciuto con due cani femmina che si sono avvicendate. Poi, dopo anni di pausa, mi venne regalato un micetto che sarebbe dovuto essere una compagnia per mia madre. Divenne invece la mia croce, ma si dimostrò anche un buon amico. Il nickname invece è una storia più semplice: la mia prima registrazione come blogger si piantò impedendomi di accedere al blog appena creato; ritentando avevo bisogno di un nuovo nick e mi voltai per cercare l’ispirazione dopo che il primo pseudonimo tanto pensato era inutilizzabile; sulla sua poltrona accanto alla mia scrivania vidi il gatto, stanco di tutto, che poltriva beato. Divenni gattostanco.
B: Forse perché è qualcosa di morbido e di peloso? Tutto coccoloso da accarezzare e fare naso naso??
Per me il gatto è sinonimo di tenerezza, pigrizia o forse anche furbizia. Se poi è pure stanco, mi rammenta quelle giornate invernali dove fuori fa tanto freddo e lui, il gatto stanco appunto, se ne sta acciambellato davanti al fuoco del camino incurante di ogni rumore ma cmq attento a ciò che gli accade intorno.
Come nasce la tua esperienza di blogger?
G: Era il lontano 2003 durante una primavera che precedette una estate particolarmente torrida. Mi resi conto della sempre mia maggiore difficoltà a limitare il tempo dedicato ai videogiochi. Cercando alternative in rete restai folgorato dalla vivacità dei weblog (a quei tempi si usava ancora chiamarli per esteso ogni tanto) ospitati da Clarence. Nella sostanza ho iniziato a bloggare per disintossicarmi dai videogiochi.
B: Tutto nasce per caso grazie ad un amico che mi ha invitato a visitare il suo blog. Da lì poi mi sono incuriosita e ho cominciato a vagare qua e là lasciando commenti e facendomi amici. Poi, il grande salto, la decisione di fare il mio blog pur non sapendo da dove cominciare!! Tuttora sono un’inetta per quando riguarda la parte tecnica -vorrei tanto migliorarmi ma il tempo e soprattutto le capacità mentali me lo impediscono! Comunque, al di là di queste inezie, mi ritengo una blogger a tutti gli effetti che, a macchia d’olio, sta sempre più espandendo le sue conoscenze e le sue intrusioni nei mondi altrui. Questo mi esalta moltissimo oltre che gratificarmi per le manifestazioni di affetto e non… ricevute. Quanto al mio amico, iniziale maestro, è tuttora il mio interlocutore più agguerrito e più attento.
Come immagini la tua vita se internet non esistesse?
G: Non sono un ragazzo e buona parte della mia vita, finora, l’ho trascorsa senza internet. Immagino che guarderei più televisione, comprerei regolamente un quotidiano nazionale, continuerei a scrivere con una stilografica lettere altrettanto lunghe e pesanti come le mie email, amerei il fax invece di rifiutarmi di usarlo a qualsiasi scopo e, infine, leggerei più libri. Forse riscoprirei la noia.
B: Premesso che ho una mentalità piuttosto “classica”, quasi antitecnologica, sempre molto diffidente di fronte alle novità; insomma, una cosiddetta imbranata e non “aperta di mente” e veloce come i ragazzini di oggi!!! Detto questo, devo ammettere che sono sempre stata molto affascinata dal misterioso (almeno per me!) mondo del web tanto che la mia curiosità e la mia testardaggine hanno avuto la meglio. Poi, un marito informatico ha fatto il resto! Il portatile super accessoriato e all’avanguardia da lui regalatomi mi ha aperto un mondo nuovo. Ora internet è la mia “seconda” casa, il mio sfogo, i miei momenti di relax e di pace, quasi un lavoro visto il tempo e l’impegno costante che vi applico. Senza di esso, sicuramente ritornerei ad essere la donna tranquilla, probabilmente annoiata e retrograda di prima!! Internet ha acceso molti nuovi interessi così come tante nuove amicizie. Dal ricamo a punto croce (che comunque non rinnego!!) sono passata al ricamo delle parole nei post pubblicati! Dalla quiete -relativa!- del mio mondo sono passata alla piacevole confusione della blogosfera che in maniera quasi taumaturgica ha curato tante mie apatie o timidezze.
Penso che si possa vivere senza internet, questo è certo! Ma perché privarsene quando può essere un modo nuovo per socializzare o crescere anche culturalmente?
Fai una domanda al compagno di intervista.
G: Burberry, a me piace pensare ad alcuni blog come a dei sentieri di ricordi appena espressi ma non ancora divenuti tali. Vivi mai la sensazione di leggere i futuri ricordi di un’altra persona?
B: Pur essendo il mondo una realtà inacessibile che sarebbe vano tentare di conoscere, del mondo che conoscenza hai se per conoscenza si intende altro che l’esplorazione che la coscienza riflessiva compie di se stessa??? Daiiiii…..sto scherzando!!!! Ecco la mia domanda: ti piace la cioccolata?? 🙂
Rivelare la propria identità sulla blogosfera, conviene?
G: Ho sempre difeso il mio anonimato, che è comunque “relativo”, in blogosfera. Avendo un blog del tipo “diario personale” la scelta del celare la mia identità mi è apparsa quasi obbligata (senza dimenticare le responsabilità legate al pubblicare un testo in rete): ho potuto così digitare di moglie, suocera e vicini (per fare esempi banali) senza il timore di offendere o imbarazzare qualcuno. Le altre tipologie di blog, quelle cioè che non rispecchiano a vario titolo dei diari personali, non permettono di solito una così disinvolta presenza digitale del curatore davanti al visitatore abituale. A mio parere, comunque, esistono delle tematiche in cui quella che una volta si chiamava autorevolezza acquisterebbe valore, se non addirittura un senso, se i blogger mantenessero nel proprio blog principale la loro sola identità digitale come primo fattore di indipendenza da infuenze esterne.
B: Non so. Io ho scelto l’anonimato perché mi sento più libera di esprimermi. Diversamente avrei qualche remora per paura di giudizi condizionati dal mio stato famigliare. E’ anche vero che è inevitabile parlare di sé, della propria vita, che non nascondo. Anzi, forse rivelo qui più di me che non con persone a me in contatto nella vita quotidiana! Dunque, quello che ho appena detto è una contraddizione! O no? Mah!!!
Commenti
[…] Camu, grazie! Un regalo simpatico e divertente. Volete scartarlo anche voi? Al blog di Camu, nelle interviste doppie del lunedì […]
Il condividere di più di se stessi tramite web che tramite chi si ha a contatto fisicamente, è qualcosa che succede anche a me e che spesso mi fa riflettere. E’ il nascondersi dietro un monitor che aiuta? E’ il mezzo – differente – che risulta più divertente per descrivere qualcosa?
Intanto mi sto impegnando affinché questo gap si stringa cercando di coinvolgere un po’ più le persone che ho intorno a me condividendo ciò che sono con un pizzico di vergogna in meno.
Ciao,
Emanuele
Bellissimo regalo. Grazie! 🙂
burberry mi chiede se mi piace la cioccolata, dopo avermi spaventato con una domandona filosoficamente assai impegnativa. Per paradosso dare una risposta alla seconda domanda mi risulta più difficile: infatti non mi permette contorsionismi verbali ad interpretazione aperta.
A me piace il cioccolato al latte e non mi piace il cioccolato fondente (i puristi obietteranno, quindi, che in realtà non mi piace “il” cioccolato). Non sono goloso di cioccolata. Posso tranquillamente rimanere settimane o mesi senza consumare cioccolata, ma quando avviene non riesco a trattenermi e ne abuso (conosco una persona che da anni mangia soltanto un “quadretto” di cioccolato al giorno. Personalmente darei i numeri non potendomi trattenere).
A margine mi piace ricordare le cioccolate (fumanti e in tazza) prese ai tempi dell’università da solo in qualche baretto leggendo qualcosa, mentre gli altri erano a lezione. Se probabilmente non ho proprio amato quelle cioccolate calde, anche se le apprezzavo, in seguito ho iniziato ad amarne il caldo ricordo.
Finalmente si è fatto vivo…il gattostanco.
Ciao Emanuele. Piacere di fare la tua conoscenza.
Come te, ho riflettuto sul discorso della condivisione in rete e la conclusione, ahimè amara, è che in effetti il monitor aiuta a nascondersi ed è molto più facile confidarsi con degli “sconosciuti” che non con persone che ti sono vicine nella vita di ogni giorno. Costruire un’amicizia è una cosa che costa x’ occorre mettersi in gioco giorno x giorno, accettando i tuoi limiti e quelli dell’Altro che, essendo appunto Altro da te, da te è diverso e quindi non sempre in sintonia con te. Risulta sicuramente molto più facile avere delle conoscenze che, come tali, rimangono alla superficie di te, non scavano troppo in te e quindi possono essere forse più indolori.
Ciò non toglie che anche nel web si possano costruire amicizie vere, durature e profonde. Tutto dipende da ciò che cerchiamo. Buona fortuna a te.
Sono d’accordo con Burberry, su quest’ultima cosa. Il monitor dietro cui nascondersi aiuta tantissimo, anche se esperimenti come i barcamp, cercano proprio di superare questa barriera. Ricordo sempre i primi libri di Negroponte che uscirono quando Internet divenne di pubblico dominio (intorno al 1996) in cui c’era tutta l’analisi filosofica di questo nuovo mezzo di comunicazione. Vedo che i tempi cambiano, ma i dilemmi rimangono sempre gli stessi! Riguardo all’essere meno doloroso, posso dirti dalla mia esperienza personale che certi legami costruiti tramite internet, possono essere più intensi di molti fatti “di presenza” con la gente. Il mezzo di comunicazione (voce e presenza, internet, lettera di carta) può influire, ma sono il mittente ed il destinatario che costruiscono il loro livello di interazione! Si vede che ho fatto un corso di tecniche della comunicazione?
Personalmente non considero il monitor unicamente un riparo dietro il quale ripararsi. Anche se spesso lo è. A mio parere è anche uno steccato davanti al quale presentarsi senza tutto il corollario di quel che gli interlocutori sono oltre alle loro parole e alle loro fisionomie. Alcune persone riescono a offrire agli “sguardi” altrui il nocciolo di quel che sono (o che vorrebbero essere) molto più semplicemente attraverso un monitor, e questo accade anche verso coloro che frequentano abitualmente o conoscono profondamente. Per fare un esempio classico, ancora oggi mia moglie ed io ogni tanto sentiamo il desiderio di scriverci invece di parlarci 🙂