due chiacchiere

Il gioco del calamaro coreano

Era il 17 settembre 2021 quando usciva in contemporanea su tutti gli schermi del mondo una serie TV che da lì a poco sarebbe stata sulla bocca di tutti: Squid Game. Una produzione che ha squarciato una volta per tutte i canoni delle solite pappette melense a cui eravamo abituati fino a quel momento. Da appassionato di romanzi e racconti distopici, ed avendo recentemente riscoperto la passione per gli anime giapponesi, per me è stata un’esperienza piacevole e diversa. Certo, il livello di violenza rende questa serie non adatta ai deboli di stomaco, ed a coloro che, dopo due anni di pandemia, hanno bisogno di qualcosa di meno deprimente e più positivo. In un certo senso mi ha ricordato una serie d’animazione che guardai l’anno scorso, Hunter x Hunter, in cui un gruppetto di amici deve superare (almeno nella prima stagione) varie prove per potersi fregiare dell’agognato titolo di cacciatori.

Un gruppo di soldati con uniforme rossa e cappuccio, ed il volto coperto da una maschera con un simbolo che indica il grado

La storia drammatica raccontata e diretta da Hwang Dong-hyuk non è stata soltanto la più gettonata produzione su Netflix in 90 paesi, ma l’amministratore delegato dell’azienda di streaming l’anno scorso ha detto che sia stata la migliore di sempre. Cose da pazzi, verrebbe da dire, dato che in genere è abbastanza difficile per un nuovo programma sfondare la spessa coltre di produzioni a cui la gente è affezionata. Il fatto più impressionante, comunque, almeno in America, è stata l’assenza dei soliti volti noti di Hollywood, e che il budget totale sia stato risibile, in confronto a quanto spendono i californiani per sfornare le grandi produzioni che sbancano i botteghini di tutto il mondo. Dimenticavo, prima di continuare, la solita avvertenza che parlerò della trama nel seguito, quindi fermati pure qui se non vuoi rovinarti la sorpresa.

La trama è semplice quanto geniale: il protagonista è uno squattrinato uomo di mezz’età, che per colpa del vizio delle scommesse, continua a sperperare tutti i soldi che gli capitano tra le mani. Quando tutto sembra perduto, il nostro amico Gi-hun incontra un signore distinto in metropolitana, che gli propone di partecipare ad un gioco dove si vincono tanti, ma tanti soldi, e gli lascia un biglietto da visita con un numero da chiamare. Superate le prime ovvie titubanze, Gi-hun finisce per comporre quel numero, e riceve precise istruzioni su come farsi trasportare nel luogo segreto dove si svolgerà il gioco. Giunti a destinazione, il nostro protagonista riconosce un paio di amici, mentre viene fatto accomodare nello stanzone dove si trovano tutti i partecipanti.

Qui entrano i soldati vestiti di rosso, ad annunciare i particolari del gioco mentre un porcellino pieno di soldi appare dal tetto. Peccato che ai partecipanti venga tenuto nascosto un dettaglio, che scopriranno soltanto durante il primo gioco: coloro che sgarrano vengono eliminati… fisicamente. Il primo gioco è quello in cui il pubblico incontra la famigerata bambola gigante che è stata oggetto di tanti meme in rete in quei mesi. Con una testa rotante e uno sguardo inevitabile e perennemente guizzante, è un’ossessione misteriosa, un’immagine crudele di un’infanzia che torna a perseguitarci. Il gioco è quello delle belle statuine: quando la bambola dice “stella”, chi si muove viene fucilato sul posto. Dopo i primi attimi di panico, i concorrenti capiscono che devono cercare di stare calmi, se vogliono salvare la pelle. Il resto, come si direbbe in questi casi, è storia.

Le connessioni con il capitalismo moderno ed il dramma della disuguaglianza economica in un Paese come la Corea del Sud rappresentano il filo conduttore dell’intera serie, meglio che in film come Hunger Games ad esempio. La storia viene raccontata nuda e cruda, senza nessun filtro o nomi di luoghi leggermente riscritti per permettere agli spettatori di illudersi che la disperazione di Gi-hun abbia luogo in un mondo inventato lontano. Tutto è curato nei minimi dettagli, e l’ultima puntata tira le somme, in maniera eccellente a mio avviso, di quello che non avevamo notato negli altri otto episodi precedenti. La disperazione a cui assistiamo in questa serie non è molto lontana da quella che attira molti giovani a nascondersi nelle droghe o altri vizi, per poter scappare da una vita che non dà nessuna gioia o appagamento. Una storia amara che sembra aver toccato il cuore e la sensibilità di molti, visto il successo che ha riscosso in giro per il mondo. Speriamo che la seconda stagione arrivi presto.

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