due chiacchiere

L’immigrazione vista da un… Albanese

Quando non ho l’erba del prato da tosare nel fine settimana, o qualche elettrodomestico da aggiustare, c’è sempre una pila di camicie pronta ad aspettarmi per essere stirata. Non che Sunshine non se ne voglia occupare, ma l’accordo è che io stiro e lei porta le bimbe alle loro attività sportive. Così, arrivato il Sabato, preparo l’asse da stiro in salotto e prendo i proverbiali due piccioni con una fava portandomi avanti con la lista di film e documentari che ho in programma di guardare. A volte sbircio tra le proposte di RaiPlay, e l’altro giorno c’era un film di Antonio Albanese che mi ha incuriosito: Contromano. Sono un fan dell’attore pugliese dai tempi non sospetti in cui impersonava Alex Drastico ed Epifanio in trasmissioni di reti minori locali, ed ho sempre apprezzato il suo carattere poliedrico, in grado di calarsi perfettamente in ruoli sia comici che drammatici. E dunque, tra una camicia ed un pantalone, ho cominciato a guardare la storia del signor Mario Cavallaro. Il solito avviso prima di continuare: nel seguito parlerò della trama, quindi se non vuoi rovinarti la sorpresa, fermati pure qui per oggi.

I tre protagonisti del film all'interno del negozio di calzini mentre guardano verso la macchina fotografica

Partiamo riassumendo i fatti. Antonio Albanese interpreta Mario Cavallaro, un uomo equilibrato e metodico che ha un negozio di calzini a Milano. Gli affari non vanno benissimo, soprattutto da quando un ragazzo africano ha iniziato a vendere calzini “di filo di Svezia” davanti l’entrata del suo negozio. Quando scopre, inoltre, che il bar storico gestito dal suo amico è stato venduto al kebabbaro di fianco, Mario decide che è giunto il momento di fare qualcosa. E così gli viene l’idea di riportare il venditore ambulante Oba, interpretato da Alex Fondja, a casa sua, perché in Italia non c’è spazio per tutti. Il rapimento però prende una piega inaspettata e proprio quando Mario è sul punto di fare marcia indietro si unisce la sorella di Oba, Dalida (Aude Legastelois). A lei sembra una buona cosa quella di tornare a casa, e così i tre si mettono on the road in questo viaggio verso il Senegal.

Devo dire che il risultato finale raggiunge la sufficienza, specialmente perché elabora una mia convinzione di lunga data: questa gente va aiutata a casa loro. Peccato che si guardi bene dall’affrontare il tema andando a scavare nelle vere difficoltà che gli immigrati bloccati nei centri di accoglienza si trovano ad affrontare ogni giorno. Il tema dell’immigrazione, lo sappiamo bene, domina l’attenzione pubblica e politica da diversi anni, specialmente quando al governo c’è una maggioranza di destra. Le coste siciliane hanno soccorso e accolto centinaia di migliaia di persone provenienti dall’Africa, cercatori di una nuova America che si sono poi sparpagliati a macchia d’olio in giro per il Belpaese. Essendo io cresciuto proprio sulla costa meridionale della Sicilia, ho visto il mio paesino colonizzato da libici, tunisini, algerini e quant’altro. Alcuni hanno trovato lavoro, tantissimi però sono ancora in balìa della criminalità organizzata e passano le loro giornate alla buona, vendendo merce di dubbia natura nelle piazze del paesello. Ed è proprio per questo che sento queste tematiche molto più vicine di quanto non si pensi.

Se dal punto di vista educativo e morale questo è un film pieno di valori sani e positivi, sul fronte cinematografico non è certo privo di difetti. Salvo una prima mezz’ora ben scritta, ironica al punto giusto e perfetta nel descrivere la routine a rischio del protagonista, l’inizio vero e proprio del viaggio fa perdere ben presto tutto il carattere e il mordente del prologo. Al di là del fatto che i migranti vengano descritti come persone ambigue, pronte spesso a truffare il prossimo, seppur in funzione di una storia in cui gli italiani fanno anche peggio, è proprio la narrazione che diventa piatta e lineare con il passare dei minuti, con colpi di scena che stentano a entusiasmare lo spettatore. A mancare è una vera spalla comica di spessore (pensiamo a Paola Cortellesi, altra attrice che ho sempre adorato, nel recente Un Gatto in Tangenziale, ad esempio). Alex Fondja fa con dedizione il lavoro prefissato senza mai andare oltre i confini, mentre Aude Legastelois è brava a giocare il ruolo della gattona sensuale e doppiogiochista, senza mai incidere in maniera decisiva e indelebile sul tono del film.

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