due chiacchiere

Il diritto all’aborto messo in discussione

Oggi qui si festeggia il giorno dell’indipendenza. Ma a dirla tutta, c’è poco da stare allegri: gli Stati Uniti non sono più quelli di Starsky e Hutch o A-Team che abbiamo imparato a conoscere nei ruggenti anni Ottanta. Il Paese di Beverly Hills 90210, pur con le sue contraddizioni, sembra essere definitivamente sulla via del declino e dell’implosione sociale. La colpa, dicono quelli che hanno studiato, è da attribuire al livello di contrapposizione ed ostruzione che i due partiti principali si fanno da un trentennio a questa parte. Se ai tempi di Bush padre ed in parte di Clinton ancora ancora si vedeva un briciolo di collaborazione tra Democratici e Repubblicani, da Bush figlio in poi, non fanno altro che mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda, e smontare e cambiare qualsiasi riforma messa in piedi dal governo precedente. L’ultima notizia, ne avrai sentito parlare anche in Italia, è legata al repentino cambio di direzione sull’aborto da parte della Corte Suprema. Ma dico io, in un Paese civilizzato che si ostina ad esportare la sua famigerata democrazia in giro per il mondo, siamo ancora a discutere dell’aborto?

Il problema è che, incredibile ma vero, il diritto all’aborto in America non era una normativa come in Italia (legge 194 del 22 maggio 1978), ma semplicemente una sentenza della corte suprema di cassazione (Roe contro Wade del 1973), alla quale tutta la giurisprudenza successiva si è sempre rifatta per esprimere sentenze su casi analoghi. La querelante Jane Roe, in seguito identificata come Norma McCorvey, era una donna incinta non sposata che non poteva abortire secondo la legge del Texas dell’epoca. Così i suoi  avvocati contestarono che la donna non era in grado di recarsi in un altro stato per abortire e sostennero che la legge fosse troppo vaga e violava i suoi diritti costituzionali.

Il caso arrivò fino alla corte suprema, che alla fine decise che la legge del Texas violava il diritto delle donne alla privacy, era eccessivamente ampia e violava la clausola del giusto processo nel quattordicesimo emendamento della costituzione degli Stati Uniti. E così da allora si è sempre dato per scontato che qualsiasi caso di aborto fosse “protetto” da questa sentenza. Peccato che in questi ultimi anni l’equilibro della corte suprema sia cambiato. I giudici sono scelti dal presidente, e grazie all’ostruzionismo di cui dicevo sopra, i repubblicani sono riusciti ad infilarne un paio durante la presidenza Trump, ottenendo una maggioranza tra i nove membri che la compongono. Questa cosa dell’aborto, per i ferventi cristiani bianchi repubblicani, è sempre stata difficile da digerire: per loro la vita è sacra, e va preservata a tutti i costi, anche se la gravidanza è legata ad uno stupro o è il frutto di incesto (ancora abbastanza diffuso in certi stati del sud ovest).

L’ipocrisia, a mio parere, è che poi gli stessi repubblicani non hanno nessuna reticenza a mandare vagonate di soldati a combattere guerre in giro per il mondo ed a farli morire solo per proteggere gli interessi economici dello zio Sam. E non hanno nessun problema a smantellare le riforme sanitarie di Obama, che tante vite hanno salvato in questi ultimi dieci anni. Per non parlare del diritto alle armi (scolpito in un sacrosanto emendamento alla costituzione americana), che i repubblicani difendono ad oltranza, ma che continua a causare così tante tragedie in giro per il Paese a stelle e strisce.

Non c’è neppure bisogno di citare i numerosi studi secondo i quali rendere illegale l’aborto porti a maggiori rischi per la madre, che potrebbe decidere di usare metodi poco ortodossi, o rivolgersi a loschi individui che pensano soltanto ai soldi. Non che i Democratici siano molto meglio, anzi: in questi decenni avrebbero potuto convertire quella sentenza in una legge vera e propria, ma preferiscono poter sventolare lo spauracchio dell’aborto per guadagnare consensi tra i propri elettori. Come disse un senatore tempo fa: se risolviamo i problemi, poi di cosa dobbiamo lamentarci con gli elettori per farci votare?

Insomma, la politica americana oramai sta raschiando il proverbiale fondo del barile. E la fine dell’impero si avvicina sempre più velocemente. Trent’anni fa, guardando MacGyver (quello originale!) e sognando un giorno di vivere in quei luoghi, non avrei mai sospettato che le cose sarebbero andate a finire così. Forse avevo i proverbiali prosciutti sugli occhi.

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