Non avevo mai partecipato, in trent’anni, ad un qualsiasi torneo: pallavolo, bocce, gare d’informatica. Ero sempre stato seduto dalla parte degli spettatori, mai da quella dei concorrenti. Le mie doti atletiche non sono mai state particolarmente brillanti, diciamo che ero (e sono) nella media, quindi non abbastanza per meritare di entrare nella squadra di un torneo. Tutto fino a ieri seri, quando ho preso parte con un amico al mio primo vero torneo: una sfida per appassionati del burraco, un gioco di carte davvero avvincente.
La gara era suddivisa in cinque partite complete, ognuna composta da tre mani. Visti i tempi limitati, un arbitro segnava la fine di una partita dopo circa 45 minuti, a prescindere dal punto in cui i concorrenti erano arrivati. Se conosci le regole e hai già esperienza di gioco, sai che fare tre mani in 45 minuti non è per nulla cosa facile. Ma ci abbiamo provato, e sebbene non ci siamo piazzati tra i primi 20 (su un totale di un centinaio di coppie), abbiamo ottenuto un risultato “nella media”: tre partite vinte su cinque.
Come già ti raccontavo in un precedente intervento, ho scoperto questo gioco grazie ad un amico pugliese, che esattamente un anno fa, ci ha insegnato le regole di base. E quale modo migliore che partecipare ad un torneo, per festeggiare il primo anniversario, no? Una cosa certamente mi ha colpito: pensavo di essere uno dei pochi “sfigati” a conoscere questo gioco, e non avrei mai immaginato una sua diffusione così capillare, in tutti gli strati e le gerarchie sociali. Unica “nota negativa”: l’età media al torneo superava i cinquanta anni, che stia diventando un vecchietto anch’io senza accorgermene?