Correva l’anno 2015 quando un mio collega al lavoro mi parlò di una nuova dieta chiamata Whole30, che lui e la moglie stavano sperimentando con l’obiettivo non solo di dimagrire, ma di ridurre l’infiammazione causata dalle varie tipologie di cibo che ingurgitiamo ogni giorno. La dieta è stata lanciata da due nutrizionisti americani, Melissa e Dallas Hartwig, che hanno anche deciso di monetizzare i loro sforzi pubblicando un libro in cui spiegano la filosofia alla base del loro approccio, e propongono una lunga carrellata di ricette per ogni occasione. L’idea di base è di invogliare la gente (specialmente nel Paese a stelle e strisce) ad alimentarsi in modo semplice, privilegiando le proteine, evitando i cibi confezionati e raffinati ed aggiungendo frutta e verdura. Tenendo lontani tutti gli alimenti che scatenano reazioni infiammatorie da parte dell’organismo, si contrastano sovrappeso e obesità, si eliminano le tossine e si riequilibra il sistema immunitario.
La dieta Whole30 è una dieta ad eliminazione, che impone il rispetto di alcune regole fondamentali e richiede di astenersi dall’ingerire i seguenti ingredienti:
- latte e derivati, come formaggio, yogurt
- legumi e derivati, come le farine, il latte di soia e il tofu; sono però consentiti piselli e fagiolini
- cereali e derivati, compresi segale, orzo, riso, miglio e grano
- zuccheri o edulcoranti sia naturali sia artificiali, compresi lo sciroppo d’acero ed il miele
- alcolici e tabacco
Per un italiano, è una dieta molto “pesante” da digerire, perché vuol dire eliminare completamente dalla pasta ai pasticcini, dal caffelatte al limoncello dopo cena, per 30 giorni consecutivi (da cui il nome). Chi sgarra deve ricominciare da capo, non c’è scampo. Sunshine ed io siamo riusciti nell’impresa più volte, ed a dirla tutta dopo i primi giorni di mal di testa e nervi a fior di pelle, causati dal cervello che pretende la sua dose quotidiana di zuccheri, ci siamo sentiti meglio e pieni di energia. Ora che la primavera è già iniziata, ci imbarcheremo ancora una volta in quest’avventura, e forse deciderò di annotare i nostri progressi su queste pagine.
“E dopo i 30 giorni?”, chiederanno subito i miei piccoli lettori. Finito il mese, dovrei reinserire quegli alimenti proibiti uno alla volta, una settimana alla volta. Per capire, sostanzialmente, quale di questi ti fa stare male, e decidere con l’aiuto di un nutrizionista, se sia il caso di eliminarlo definitivamente dalla tua vita. Per me, ad esempio, erano gli zuccheri raffinati a darmi fastidio, ma non me ero mai reso conto prima di iniziare la dieta. Un’analisi più approfondita con il gastroenterologo ha rivelato la mia predisposizione ad una malattia chiamata ipoglicemia reattiva, che suona un po’ come diabete ma non lo è. E così ho dovuto a malincuore fare l’amara scelta di rinunciare a qualsiasi tipo di dolciumi da qualche anno a questa parte.
Una mia collega, invece, ha finito per rinunciare ai carboidrati, ed ha notato visibili miglioramenti all’infiammazione al ginocchio che la torturava da mesi. Ha persino smesso di usare il bastone con cui veniva al lavoro ogni mattina, e dice che il dolore alle articolazioni le è quasi scomparso. Certo, aggiustare la propria dieta richiede sempre uno sforzo sovrumano, vuoi per abitudine, vuoi perché il terreno minato delle ricette “conformi” ai parametri della Whole30 è difficile da attraversare e richiede tanto studio e ricerca. Ma con l’avvicinarsi dell’estate, vorrei consigliarti di provarla, magari con l’aiuto di un nutrizionista: sono certo che non te ne pentirai.