Devo ammettere che quando ho ricevuto le schede elettorali a casa qualche giorno fa, ero completamente impreparato su cosa avrei dovuto votare. Sui giornali online e sui social, a 8000 chilometri di distanza, ho visto davvero poco in merito. Così, anche grazie ai link del mio amico Trap, ho cominciato a documentarmi un po’ meglio, per esprimere un voto un briciolo più consapevole. A dire il vero, non capisco ancora come mai il governo abbia deciso di seguire la strada del silenzio e, da quel poco che ho capito, dell’astensionismo. Mi rendo conto che si tratta di una questione complessa: tutti vogliamo chiaramente più diritti per i lavoratori, ma se poi quei diritti finiscono per mettere troppa pressione sulle spalle delle piccolissime imprese, spingendole a chiudere, allora non va bene.

Una cosa che m’è sempre piaciuta dell’approccio americano al mercato del lavoro, anch’esso ovviamente non privo di problemi, è la relativa libertà del datore di lavoro di licenziare una persona che non contribuisca in maniera attiva alla produttività dell’azienda. Se da un lato questa cosa sembra essere uno svantaggio per il lavoratore, dall’altro rappresenta un vantaggio invece: un’azienda che non deve tenersi sul groppone un impiegato fannullone, per dire, assume più facilmente. Quindi il mercato del lavoro è più flessibile e snello, e mentre in Italia bisogna fare carte false per un contratto a termine (una volte li chiamavano cococo, bei tempi), in America in un paio di giorni un lavoretto lo trovi. Renzi, con il suo Jobs Act, voleva fare la stessa cosa. Ma, se siamo arrivati al referendum abrogativo, vuol dire che qualcosa non ha funzionato.
Così, seguendo un po’ l’esempio di Luca Conti, che oramai fa tutto con l’intelligenza artificiale, ho chiesto a ChatGPT di riassumermi la situazione, e questo è quello che mi ha detto:
Il referendum abrogativo previsto per l’8 e 9 giugno 2025 in Italia mira a modificare alcune delle disposizioni introdotte dal Jobs Act del 2015, una riforma del mercato del lavoro promossa dal governo Renzi. In particolare, il primo dei quattro quesiti referendari proposti dalla CGIL si concentra sulla disciplina dei licenziamenti per i lavoratori assunti con il contratto a tutele crescenti.
Obiettivo del referendum
Il quesito propone l’abrogazione del decreto legislativo n. 23 del 2015, che ha introdotto il contratto a tutele crescenti. Attualmente, questo contratto prevede che, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore abbia diritto a un’indennità economica predeterminata, senza possibilità di reintegro nel posto di lavoro, salvo casi eccezionali. Se il referendum avrà esito positivo, si tornerebbe alle tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che consentono il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiustificato.
Critiche al Jobs Act
Il Jobs Act è stato oggetto di critiche sin dalla sua introduzione, principalmente per aver ridotto le tutele dei lavoratori in caso di licenziamento e per aver aumentato la precarietà nel mercato del lavoro. Secondo i critici, la riforma ha favorito le imprese a scapito dei lavoratori, rendendo più facile e meno oneroso licenziare.
Impatto del referendum
Se il referendum dovesse avere esito positivo, si assisterebbe a un ritorno alle tutele precedenti al Jobs Act, con la possibilità per i lavoratori licenziati ingiustamente di essere reintegrati nel posto di lavoro. Questo cambiamento potrebbe avere un impatto significativo sulle dinamiche del mercato del lavoro italiano, rafforzando le posizioni dei lavoratori e aumentando le responsabilità delle imprese in caso di licenziamento. In sintesi, il referendum del giugno 2025 rappresenta un tentativo di rispondere alle critiche mosse al Jobs Act, cercando di ripristinare un maggiore equilibrio tra le esigenze delle imprese e i diritti dei lavoratori.
Ho già rispedito al consolato le mie schede elettorali con il mio voto, vedremo che succede.
Commenti
Franco Battaglia ha scritto:
Io temo non succeda nulla, perché il quorum, di giugno e con tantissime persone che se ne fregano, è un’utopia..
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camu ha scritto:
Ma è proprio questo che non capisco: perché alla gente non interessa? Il lavoro mi sembra un tema importante.
Posso capire sulla cittadinanza, tema spinoso e variegato (io ho votato si, ma non ditelo a Salvini), ma sul lavoro, perché fregarsene? Allora è proprio vero che oramai la democrazia è morta?
Cristian ha scritto:
Secondo me, la DEMOCRAZIA… non è mai esistita! Comunque sia, sei un grande e ti stimo! Fa sempre piacere leggere il tuo Blog! 😉
Cristian.
https://cristianleandri.altervista.org/
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camu ha scritto:
Ah guarda, sul tema democrazia, con me sfondi una porta aperta. Fosse per me, mi trasferirei a Singapore già domani 😉 Non sarà un paese democratico, ma almeno le cose lì funzionano…
Nicola ha scritto:
In un paio di giorni cosa trovi esattamente negli USA? A spazzare per terra ad un McD o il tuo stesso lavoro?
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camu ha scritto:
No, hai ragione, certo non trovi un lavoro altamente qualificato, e specialmente di questi tempi con i chiari di luna a cui ci sottopone il simpatico uomo arancione alla Casa Bianca. Ma secondo me il concetto di potersi liberare di impiegati che non vogliono contribuire alla produttività dell’azienda, è una cosa sensata. Guarda all’amministrazione pubblica in Italia, dove ci sono tanti fannulloni (Striscia la Notizia docet), in mezzo a coloro che invece hanno un’etica professionale e fanno il proprio lavoro a prescindere dal “posto fisso”, no? Chiaro, bisogna fare un distinguo per la categorie protette, a partire dalle donne in gravidanza, che non devono certo essere discriminate per quel motivo. Ma mi pare che il Jobs Act di Renzi già prevede questi casi speciali.