Oggi è San Valentino, che in Italia rappresenta espressamente la festa degli innamorati, mentre nel Paese a stelle e strisce, per ovvi motivi commerciali, è stata negli anni allargata in una festa per celebrare ogni tipo di amicizia. Così mentre a scuola i bimbi delle elementari portano cioccolatini ai compagni di classe, i loro genitori organizzano, come a scimmiottare la tipica cerimonia che qui è tipica dell’ultimo anno di scuole superiori, feste da ballo in cui i mocciosetti sono agghindati di tutto punto, telecomandati dai genitori a seguire un copione ben preciso (promesso, scriverò sul processo di lobotomizzazione della nuova generazione da parte dei genitori elicottero). Ma da dove nasce questa ricorrenza? Stando ad alcune ricerche che ho fatto per acculturarmi, la sua origine coincide con il tentativo della Chiesa cattolica di cristianizzare i riti pagani della fertilità. Per gli antichi romani febbraio era il periodo in cui ci si preparava alla stagione della rinascita. A metà mese, i sacerdoti entravano nella grotta in cui, secondo la leggenda, la lupa aveva allattato Romolo e Remo, e qui compivano sacrifici propiziatori. Alla fine della cerimonia, uomini e donne venivano accoppiati a sorte per vivere un anno in intimità e portare avanti riti di fertilità.
Così i primi seguaci di Gesù, convinti di voler mettere fine a queste pratiche volgari, pensarono di sostituire le divinità pagane con qualcosa di più cristiano. Da lì nacque l’idea di celebrare San Valentino, un vescovo romano che aveva dedicato la sua vita alla comunità cristiana di Terni durante le persecuzioni contro i cristiani. La scelta cadde su di lui perché, come narra la leggenda, fu il primo religioso a celebrare l’unione fra un legionario pagano e una giovane cristiana. A quanto pare un giorno San Valentino sentì passare due giovani fidanzati che stavano litigando. Allora gli andò incontro porgendo loro una rosa e chiedendogli di far pace e pregare affinché il Signore mantenesse vivo il loro amore. Qualche tempo dopo la coppia dei felici innamorati gli chiese di sposarli e quando la storia si diffuse, molti decisero di andare in pellegrinaggio dal vescovo di Terni il 14 di ogni mese, il giorno dedicato alle benedizioni. Tutto il resto, come si dice in questi casi, è storia.
Nei Paesi anglosassoni, come dicevo all’inizio, la tradizione è quella di scambiarsi bigliettini d’amore e pensierini vari (i cosiddetti Valentine). Si racconta che il più antico di questi bigliettini di cui si abbia traccia risale al quindicesimo secolo, e fu scritto da Carlo d’Orléans, allora detenuto nella Torre di Londra. Carlo si rivolge alla moglie con le parole “Sono già malato d’amore, mia dolcissima Valentine.” Ma furono (come sempre) gli Stati Uniti a lanciare questa festa su scala industriale: a metà Ottocento il signor Esther Howland iniziò a vendere biglietti di San Valentino per tutte le tasche e tutti i gusti.
Ma che c’entra il cuore?
L’altro giorno ascoltavo una trasmissione alla radio in cui bambini di ogni età lasciano una domanda in segreteria, a cui i conduttori cercano di dare una risposta. Essendo in tema, la domanda di una bimba del Wisconsin era “ma perché il cuore è l’organo del corpo associato all’amore?” Per rispondere in maniera scientifica, la redazione è andata ad interpellare un cardiologo, che osservava come sentiamo salire il ritmo delle pulsazioni cardiache quando ci troviamo di fronte ad una persona che vogliamo particolarmente bene. L’associazione tra cuore e amore fu dunque dovuta, continuava il cardiologo, a questa reazione involontaria del nostro organismo, sebbene sappiamo oggi che in realtà l’organo responsabile di quella reazione sia l’amigdala. Ma nessuno darebbe alla propria anima gemella una scatola di cioccolatini a forma di amigdala, anche se in effetti sarebbe un’idea originale.