due chiacchiere

Uno studente americano: 21

L’altra sera abbiamo noleggiato il film 21 al Blockbuster qui vicino: la storia di uno studente universitario particolarmente “bravo con i numeri” che viene convinto dal suo professore ad usare questa dote in maniera un po’… fuori dal normale. Non preoccuparti, non parlerò della trama in dettaglio o del finale, ti lascio il gusto di scoprire entrambi per conto tuo. Al solito, però, mi viene da confrontare il sistema educativo americano e quello italiano: nel Belpaese, al massimo un genio dei numeri (ed io ne ho conosciuti, quando ero all’università) finisce a fare il ricercatore in un buio laboratorio, per 800 euro al mese, senza la sicurezza di vedersi rinnovato il contratto alla fine dell’anno. Tant’è che non s’è mai visto un simile film ambientato in qualche ateneo italiano.

Panoramica della storia

Tratto dal bestseller “Blackjack Club” scritto da Ben Mezrich, e diretto da Robert Luketic (quello di La rivincita delle bionde), ci racconta la vera storia di come un gruppo di semplici studenti, particolarmente dotati nel campo della matematica, riusciva nei fine settimana a trasformarsi in una vera squadra di sbanca-casinò. Lo fa seguendo da vicino il percorso, sia nella sua fase ascendente che in quella discendente, del giovane protagonista Ben Campbell, che lo porterà a trasformarsi quasi inconsapevolmente da timido e leale ragazzo e brillante studente a macchina sforna-soldi incapace di controllare le proprie emozioni.

Tutto arrosto, niente fumo

Rivedere le vie Boston mi è piaciuto molto: ricordo ancora quando ci sono andato (in visita turistica) qualche anno fa. Il palazzo con le colonne del MIT, le vie alberate del centro, l’atmosfera da tipica città universitaria. Il ritratto dipinto dal regista è assolutamente veritiero e plausibile: il rapporto tra studenti e docenti, qui in America, è molto meno distaccato che nel nostro Paese, anche le lezioni si svolgono (non sempre) in un tono più informale e con maggiore interattività tra alunni e professori. Una delle cose che forse l’Italia dovrebbe davvero copiare.

21, un numero importante

Ventuno è il punteggio massimo che si può fare durante una mano di Blackjack: le figure valgono 10, l’asso vale 11, e via dicendo. Ma è anche l’età a cui si diventa maggiorenni, negli Stati Uniti: in questo film assume quindi una doppia valenza, nella figura del protagonista che impara a gestire la sua vita, a pagarsi da solo l’università, e via dicendo. Il processo di trasformazione lo porta a discernere tra il bene ed il male, ed a sfruttare a proprio vantaggio le cose “storte” che gli sono capitate. Fa parte sicuramente dell’ottimismo tipico americano: un popolo che non si perde mai d’animo, soprattutto nei momenti difficili.

Commenti

  1. CyberAngel
    ha scritto:

    Ah quante verità! Tempo fa mi è capitato di vedere questo film dal risvolto interessante e con anche diverse chiavi di lettura.
    Sono pienamente d’accordo con te riguardo al rapporto studente italiano-sistema universitario italiano, a partire – appunto – dal rapporto con i docenti. L’ho vissuto sulla mia pelle e con la mia esperienza (non negli USA, al momento, ma in Svizzera) ho capito ancora di più quanto il sistema scolastico italiano sia arretrato e ancora inquadrato in rigidi schemi. L’aver aderito alla riforma di Bologna è stato un primo passo avanti per l’università nostrana ma purtroppo da allora non credo ci siano stati altri progressi… Chissà quando ci aggiorneremo e quando anche la ns. uni parlerà con le tre “I”! (Innovazione, Internet, Inglese)

  2. camu
    ha scritto:

    @CyberAngel: beh, io in un’università italiana c’ho lavorato per un anno, come tecnico di laboratorio. Ed ora lavoro per un’università americana. Anche qui il sistema non è certo perfetto, alcune delle rigidità italiche esistono persino nei corridoi del sapere a stelle e strisce. Me ne accorgo parlando con gli studenti qui… però allo stesso tempo, chi è bravo viene premiato di più, con più soldi e più riconoscimento da parte di professori che anziché essere i “baroni che salgono in cattedra”, sono spesso persone normali con cui non è difficile scambiare due parole dopo la lezione 🙂 Insomma, è l’ingessatura del sistema universitario italiano e dei suoi esponenti, la vera differenza.

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