due chiacchiere

Archivio degli articoli in biblioteca, pagina 9

Farsela addosso dalla paura, in inglese

Non so come, non so perché, ma l’altro giorno mi è venuta l’ispirazione per parlarti, nell’appuntamento periodico con la lingua inglese, della parola crap. Se la pupù ed i suoi derivati urtano la tua sensibilità, ed il solo sentirne parlare ti fa venire il voltastomaco, ti consiglio di non proseguire la lettura di quest’articolo 🙂 Un po’ come in Italiano abbiamo varie sfumatura per indicare il prodotto principale della defecazione (dal volgare merda all’infantile cacca, passando per la stronzata), e la lista dei contesti “metaforici” è abbastanza nutrita, anche in inglese americano esistono vari appellativi e modi di dire che ne fanno uso. Se ad esempio hai mai visto un episodio in lingua originale di Tutti Amano Raymond, avrai probabilmente sentito Frank esclamare holy crap!, un modo per manifestare stupore o grande timore, equivalente, suppongo, al nostro porca miseria. Leggi il resto di Farsela addosso dalla paura, in inglese

Parole americane non comuni

L’anno scorso di questi tempi, prendendo spunto da una discussione con alcuni amici che m’erano venuti a trovare dall’Italia, avevo scritto un articolo elencando alcune parole che a scuola non s’imparano, ma che in caso di viaggio nella Nazione a stelle e strisce possono sempre tornare utili. Come ad esempio sap, che per molti è un famoso programma gestionale usato da grandi aziende internazionali, mentre qui è più umilmente la linfa prodotta dagli alberi, quella sostanza appiccicosa che ogni tanto ti sarà capitato di toccare andando in campagna. Oppure gunk (slime, sludge, goo, gook), in genere riferito ad un qualche liquido viscoso, melmoso o appiccicoso che fa abbastanza schifo. Leggi il resto di Parole americane non comuni

Le espressioni americane… irregolari

L’altro giorno avevo due riunioni che si accavallavano, al lavoro. Non essendo ancora riuscito a clonarmi, ho chiesto ad un collega di sostituirmi, per raccogliere comunque le informazioni che mi interessavano. Don’t worry, I’ll fill you in as soon as the meeting is over, m’ha rassicurato. Da quella sua risposta mi è venuto in mente l’argomento per l’incursione di oggi nella lingua a stelle e strisce: alcuni modi di dire che non trovano un corrispondente diretto in italiano. To fill somebody in, letteralmente “riempire” qualcuno, vuol dire in realtà informare, tenere al corrente, dare a qualcuno un riassunto su qualcosa. Una volta, volendo fare quello che ha padronanza della lingua, per sbaglio ho sostituito in con out, dicendo in pratica che volevo essere letteralmente rabboccato, riempito come un bicchiere: il mio interlocutore prima m’ha guardato perplesso e poi è scoppiato in una grassa risata (il famoso LOL tanto usato nelle chat). Leggi il resto di Le espressioni americane… irregolari

Un racconto senza un sogno

Va bene, mi arrendo, sventolo bandiera bianca. Avrei sperato in un’accoglienza un minimo più tiepida per il mio racconto a puntate, ma così non è stato. La maggior parte della colpa, lo so, è mia: puntate troppo diluite nel tempo, storia difficile da seguire, narrazione lenta ed a tratti noiosa. Non sono mai stato un grande scrittore, almeno quando il linguaggio usato è l’Italiano (per i linguaggi “informatici” diciamo che… me la cavo). Però la storia credo sarebbe potuta essere avvincente, se sviluppata nel modo giusto. Per non lasciarla cadere nell’oblio, ho deciso di raccontarti tutto quello che avevo in mente. Chissà che magari qualcuno più bravo a trasporre in romanzo la mia idea, prima o poi passi da queste parti e ponga rimedio al mio disastro letterario. Leggi il resto di Un racconto senza un sogno

A cena in un ristorante americano

Quando ti trovi in giro per il mondo, a tutto puoi rinunciare, tranne che a mangiare. Arriva così prima o poi il momento di affrontare le nostre lacune linguistiche in un luogo famigerato e temuto, specialmente da noi italiani: il ristorante. Abituati da sempre alla suddivisione in antipasti, primi, secondi e contorni, in America ci troveremo spiazzati a leggere un menu che elenca entrées, (main) courses, appetizers and pastas (rigorosamente con la s finale, che rende il tutto vagamente spagnoleggiante). Ci sarebbe da dedicare un’intera categoria a questo argomento, ma partiamo dalle basi per fare almeno una figura decente davanti alla cameriera.
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Ascoltiamo il buon Dan Hesse

Ora che la primavera è iniziata (almeno sul calendario, da queste parti), la gente inizia a programmare i viaggi per l’estate, e spesso si tratta di mete all’estero, non di rado negli Stati Uniti. Un po’ come per la prova costume, è bene cominciare ad allenarsi sin da adesso a comprendere quello che i nostri interlocutori stranieri vorranno dirci, quando ci troveremo costretti a non poter parlare Italiano. Per aiutarti, ti propongo uno spot che sta andando in onda in queste settimane, con protagonista l’Amministratore Delegato di una compagnia telefonica mobile. Una specie di Giovanni Rana americano che mette la sua faccia in prima linea per promuovere i prodotti della sua azienda. Il suo tono di voce pacato e le parole scandite, lo rendono ideale per far pratica con l’ascolto. La trascrizione, come sempre, si trova subito sotto il video. Leggi il resto di Ascoltiamo il buon Dan Hesse

A face i will remember for a long time

Enrico era salito su quel treno da non più di 10 minuti quindi una voce gracchiante annunciò dagli altoparlanti che a causa di un guasto tecnico, la prossima sarebbe stata l’ultima fermata. “Non si può proprio far affidamento sui treni, in questo Paese” disse sorridendo, come pensando ad alta voce, la ragazza seduta di fronte a lui. All’inizio non l’aveva neppure notata, intento a giocherellare con il suo telefonino. Quando alzò gli occhi, vide la ragazza che s’era presentata al posto di Lorenza qualche giorno prima per pulire l’ufficio e svuotare i cestini. “L’unica nota positiva è che in genere ti puoi godere il paesaggio mentre viaggi” le rispose, con una lieve nota di rassegnazione. Lei non sembrava averlo riconosciuto, ma d’altronde era normale: la fisionomia di Enrico era assolutamente normale, nella media. Persino al lavoro, qualche settimana prima, una nuova impiegata dopo due o tre volte che s’erano parlati, aveva stentato a riconoscerlo e gli aveva chiesto se fosse mandato dalla ditta per una riparazione. Leggi il resto di A face i will remember for a long time

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