due chiacchiere

Un post sotto l’albero

Come dicevo qualche giorno fa, ho letto di recente il libro da cui è stato tratto il film Blade Runner: Do Androids Dream of Electric Sheep? Questo mi ha fatto ricordare di un racconto che scrissi in gioventù, tanti e tanti anni fa. Visto che in questi giorni il buon Squonk ripropone il classico appuntamento del post sotto l’albero, mi è venuta voglia di raccontare anch’io la mia storiella. All’epoca in cui la immaginai ero sicuramente più bravo di adesso a inventare storie, ma non esistevano ancora i blog (non esisteva neppure Internet come la conosciamo oggi, per la precisione), e così la scrissi su carta. Il clima uggioso e freddo di questi giorni è un palcoscenico perfetto per gustarsela (sempre che tu non abbia l’acqua alta in casa). Tra l’altro quando lo buttai giù non avrei mai immaginato che in una città come quella che descrivevo, ci sarei andato a vivere sul serio!

Inverno metropolitano

Tutto d’un tratto aveva iniziato a piovere a dirotto, e subito il traffico si era congestionato per le vie della metropoli. Nella notte piena di luci ed insegne luminose, ognuno cercava di trovare riparo come poteva: chi correndo verso un taxi, chi fermandosi sotto una pensilina di un grattacielo, chi passeggiando indisturbato con l’ombrello. Jack camminava vicino alle pareti dei palazzi, ma non gli importava di bagnarsi: le sue attenzioni erano tutte per lei. La coprì con il suo impermeabile, lanciandole uno sguardo di soddisfazione. Lei sembrava quasi ricambiare, stretta tra le sue braccia forti. Si infilò nell’ingresso dell’hotel Hilton, con disinvoltura. Il portiere lo riconobbe subito, e quasi precedendolo, gli porse subito la chiave della sua stanza. Notò anche lei, ma la sua discrezione “lavorativa” gli impose il più rigido disinteressamento.

Jack ringraziò, e subito dopo il portiere li vide entrare nell’ascensore, cogliendo il suo sguardo di compiacimento mentre la porta si richiudeva: c’era feeling tra lui e lei. Quasi nessuno usava oramai le tessere, o peggio le chiavi, per aprire le porte o avviare le auto, ma l’Hilton aveva conservato questo modo, come una cosa retrò… un segno distintivo di un certo lusso d’altri tempi. Aperta la porta, le tolse l’impermeabile e la buttò sul letto. Al contrario del caos di pochi minuti prima, nella stanza c’era un silenzio quasi totale. L’orologio alla parete segnava le 2.06 del mattino. Jack si avvicinò all’ampia finestra, dalla quale si vedeva l’intera città, e voltandosi verso di lei, sussurrò “Finalmente sei tutta mia”.

Una passione infuocata

Lei era immobile, sul letto. La sua pelle scura risaltava tra le lenzuola bianche, increspate. Da fuori la finestra proveniva, in lontananza, qualche suono di sirena della polizia. Mentre il luccichio continuava a far risplendere le strade molti metri più in basso, un elicottero passò a poche decine di metri, con il suo rumore cupo e ritmato. Alzò la temperatura del termostato, e dopo pochi istanti il clima diventò subito piacevole. Decise di spogliarsi, per togliersi di dosso i vestiti inzuppati d’acqua. E si sdraiò vicino a lei.

Iniziò ad accarezzarle i fianchi, a baciarla in maniera sensuale. Non riusciva ancora a credere di averla finalmente con lui, dopo tante lotte, dopo tanti inseguimenti, dopo tutti i pericoli che aveva corso. Non importava nulla, ora lei era lì. Si alzò di scatto, e andò a prendere un foglietto dalla tasca dell’impermeabile. Sopra c’era scritto un numero di quattro cifre. Non mancava nulla per aprire… quella valigia.

Commenti

  1. Occhidigaida
    ha scritto:

    Un saluto al volo!!!

  2. Nikita
    ha scritto:

    Mi sono persa nella lettura, trascinata dalla passione ed ho finito con una sonora risata! 😆
    Complimenti!

  3. caty
    ha scritto:

    …devo dire che qualche dettaglio mi aveva indirizzato…mai pensato di scrivere la storia di un investigatore ??nell’attesa buone feste a tutti voi

Lascia un commento

Torna in cima alla pagina