due chiacchiere

No turn on red

Quella mattina, in ufficio sembrava esserci un gran fermento. Alessandro non diede neppure il tempo ad Enrico di posare la borsa ed accendere il computer: agganciando il suo sguardo sulla porta della stanza che condividevano, sembrava un bimbetto a cui avevano appena regalato un giocattolo nuovo, gli fece “Oggi arriva la stagista nuova, finalmente dopo tante ipotesi potremo scoprire la verità su di lei”. Da qualche settimana avevano saputo che al loro ufficio era stata assegnata un’aiutante, una conoscente del grande capo assunta più per togliere una disoccupata dalla strada per un po’ che per le sue reali competenze amministrative. E da allora s’erano scatenate le congetture più disparate su com’era, quanti anni aveva, quale scrivania avrebbe occupato e se avessero riorganizzato la dislocazione del gruppo per far posto alla nuova arrivata. Poi c’era tutto il capitolo su quali sarebbero state le sue mansioni, ed ovviamente il peccato originale di Monica Lewinsky, che macchia automaticamente tutte le stagiste del mondo, non risparmiava neppure questa poveretta.

Alle 9.30 in punto, quasi materializzandosi dal nulla, bussò alla porta una ragazzona alta e longilinea, capelli castani con varie ciocche rossastre, tendenti al mogano verso la radice ed ad un rosso ciliegia sulle punte. Non sono edotto sulla terminologia da parrucchiere per definire questo tipo di colorazione estetica, ma spero di essermi fatto capire ugualmente. Disse che aveva un appuntamento con il dottor Papucci, il capufficio. Loro l’avevano sempre chiamato il grande capo, per via di una stupida barzelletta che Enrico conosceva da bambino, dove c’è un grande capo indiano che non riesce ad andare di corpo. Ma Papucci era un tipo simpatico, in fondo, uno di quei capi che non stanno a spaccare il capello in quattro o a cronometrarti se arrivi in ritardo. Il suo modo di camminare ricordava moltissimo quello di Hannibal Lecter quando s’allontana nella scena finale del film Il silenzio degli innocenti.

I due si guardarono negli occhi e poi fu Alessandro a prendere la parola “Vieni, t’accompagno da lui”. Ad Enrico, rimasto solo davanti al suo computer, iniziò ad insinuarsi un tarlo nella testa: quella ragazza l’aveva già vista. Attaccò a scorrere mentalmente tutte le ultime occasioni sociali dove aveva conosciuto gente nuova, ma riusciva ad individuare quel volto in nessuna di esse. Forse assomigliava a qualcuno, e quindi aveva solo l’impressione di conoscerla, si convinse. Poi mentre leggeva una delle email “a catena” di Giacomo (“rimanda questo messaggio a dieci persone ed i tuoi desideri si avvereranno…”), la lampadina s’accese: era la ragazza che aveva chiesto d’accendere al bar.

Commenti

  1. Francesco
    ha scritto:

    Non mi sorprendo, anzi mi compiaccio, della suspense che crea questo racconto: ho appena scritto a un amico autore della novella che ho sul comodino che mi prendo sempre qualche giorno prima della lettura della conclusione di un libro.
    L’attesa del piacere è piacere essa stessa.
    Sono favorevole al ritorno del roman-feuilleton.

  2. Simona
    ha scritto:

    ed eccola!!!
    il peccato originale della Lewinsky è straordinaria!!! ahahahahah
    ora si che si fa più interessante 🙂

    Risposte al commento di Simona

    1. camu
      ha scritto:

      @Simona: e non hai ancora letto il resto eheh

  3. Simona
    ha scritto:

    e allora ‘jamme ja’!!!! 😛

    Risposte al commento di Simona

    1. camu
      ha scritto:

      @Simona: we, guagliò, nun facimm’ ammuina!

      Risposte al commento di camu

      1. Simona
        ha scritto:

        @camu: ahahhahahha

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