Stamattina in tv, in uno dei tanti programmi di approfondimento offerti dal palinsesto televisivo italico, intervistavano una direttrice scolastica che ha chiamato i Carabinieri per far perquisire i ragazzi del suo istituto, alla ricerca di eventuali sostanze stupefacenti. Le lodi per questo gesto deterrente si sprecavano, fior di psicologi analizzavano l’aspetto sociale delle droghe e via dicendo. Ma nessuno si rendeva conto che il problema non è curare, quanto piuttosto “prevenire” il senso di vuoto dei giovani d’oggi, che viene riempito con il bullismo, con le canne, con le spericolatezze e via dicendo. Il problema è che i ventenni del 2008 ha tutto e subito: automobile, cellulari, soldi, scuola “facile” (e genitori che li difendono di fronte alle loro bravate). Hanno perso la percezione del valore di un risultato, ed hanno quindi bisogno di qualcosa di più forte.
Non voglio fare il solito discorso qualunquista e retrogrado del tipo “si stava meglio quando si stava peggio”, ma la vera responsabilità di questa società in putrefazione (cito la definizione del Censis, che mi è tanto piaciuta) sono gli adulti: perché rendono la vita fin troppo facile ai ragazzi, credendo di fargli un favore (figlio mio, tu non dovrai soffrire come ho sofferto io alla tua età) ma arrecando loro un danno inestimabile. Senza la possibilità di “farsi le ossa” scontrandosi con la vita quotidiana, senza l’obiettivo di guadagnarsi con la fatica un qualcosa, dal cellulare ai soldi per gli studi, è evidente che non rimane loro che cercare altrove il senso della propria vita. E la droga è la prima cosa che gli capita tra le mani.