due chiacchiere

Volver

Infilarsi in una sala da cinema con aria condizionata, può essere una buona idea per sfuggire a quest’afa opprimente che non consente neppure di respirare. Ecco quello che abbiamo pensato ieri, con alcuni amici, mentre andavamo a vedere Volver, l’ultimo film di Pedro Almodovar. Peccato che al cinema eravamo solo una decina di persone (mai vista una sala vuota in quel modo, in vita mia) e soprattutto che l’aria condizionata, per quattro gatti, l’hanno accesa credo al minimo indispensabile… quasi impercettibile.

La storia è ambientata nella Spagna dei giorni nostri, tra la metropoli e la campagna, tra Madrid ed un minuscolo paesino di periferia. Dove la gente crede ancora in maniera convinta, che lo spirito di una persona scomparsa possa riapparire per portare a compimento un’azione interrotta dalla morte. Così Sole, sorella della protagonista Raimunda, alla morte della zia rivede lo spirito di sua madre. Da questa vicenda si snocciola poi tutto il resto del racconto, tra colpi di scena, momenti strappalacrime e pezzetti di euforia.

Nella primissima scena si vedono molte donne intente a sistemare la tomba dei loro cari, in un cimitero spazzato da un vento fortissimo e incessante, cercando di far stare in piedi i fiori e pulire le lapidi. Una scena che pare surreale e invece è realistica: una visione spiazzante della morte, vissuta con naturalezza e serenità. In una Spagna dai colori mediterranei, che ancora oggi riesce a custodire gelosamente le proprie tradizioni ed usanze di un tempo.

Se sei un appassionato come me di film d’azione, certo Volver non è adatto ai tuoi gusti. Letteralmente la parola vuol dire “tornare”: il ritorno della madre dal passato, la strofa di una canzone imparata da piccoli, per il saggio della scuola. Quindi su questo tema si costruisce l’intera vicenda, con un ritmo lento e misterioso. Almodovar gioca spesso con i doppi significati delle cose, lasciando che lo spettatore rimanga nel dubbio fino quasi alla fine.

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