due chiacchiere

Abbiamo rovinato un’intera generazione

Citavo qualche settimana fa un articolo sulla condizione psicologica di molti giovani italiani, i cosiddetti neet, ovvero coloro che non studiano e non cercano lavoro. Centinaia di migliaia di adolescenti che, stando all’autore, stanno attraversando una crisi esistenziale molto più drammatica di quella che abbiamo dovuto affrontare noi ed i nostri avi alla loro età. Ed a quanto pare il Covid stavolta non è neppure l’origine dei loro mali: il problema affonda le sue radici in una cronica mancanza di prospettive e di punti di riferimento culturali, religiosi e sociali. Ne avevo già parlato l’anno scorso, quando riflettevo su come noi genitori spesso finiamo per danneggiare i nostri figli insegnando loro che possono ottenere quello che vogliono sempre e comunque, anche quando non s’impegnano. La cultura del “vincono tutti”, che poi si scontra con l’amara verità dei fatti della vita adulta, lascia impreparati questi ragazzi ad affrontare emozioni come la sconfitta, il disappunto e l’accettazione di non essere perfetti.

(dal sito del Corriere) Negli ultimi anni i tentativi di suicidio, a cui si sommano i problemi alimentari o più in generale di autolesionismo tra gli adolescenti, sono esplosi e oramai rappresentano un fenomeno preoccupante. «Statisticamente possiamo dire che negli ultimi sei o sette anni questi problemi fanno registrare una progressione esponenziale». I dati ufficiali indicano che tra il 2015 e oggi, con punte legate agli effetti del confinamento forzato per il Covid, c’è stato un aumento di circa l’8% dei casi di autolesionismo o suicidio. Secondo gli psichiatri i motivi sono strettamente legati all’età: l’adolescenza è un periodo molto delicato, in cui a cambiare non è soltanto il corpo ma anche la percezione di sé, del mondo esterno. «I genitori, che prima erano un punto di riferimento naturale, vedono il loro ruolo modificato – continua Kirn -. Si tratta di una evoluzione naturale: il punto è che oggi, in quella che potremo definire una fase di passaggio, i nostri ragazzi non hanno più neppure i punti di riferimento alternativi che avevamo noi, cioè gli amici veri».

D’altro canto anche il recente rapporto del Censis, a cui accennavo qualche mese fa come da tradizione di questo blog, ci ricorda che molti giovani di oggi non riescono ad avere un approccio positivo a lungo termine, perché temono che la loro condizione economica e sociale possa essere influenzata da eventi globali fuori dal loro controllo, anche a livello geopolitico. E quindi finiscono per concentrarsi sul godersi la vita a breve scadenza, senza progetti e senza la voglia di pianificare il proprio futuro:

(dall’articolo di Repubblica che citavo all’inizio) Il fenomeno fa emergere l’assenza di un progetto di vita e di opportunità che si aggrava nella mancanza di attrito fra le generazioni che non si incontrano più. Un quarto dei nostri giovani non ha una prospettiva concreta. C’è una enorme responsabilità della società che li ha un po’ abbandonati: la scuola ma anche la famiglia, la politica, le istituzioni. Complice la pandemia le diseguaglianze si accentuano sempre più: i vincitori vincono tutto, i perdenti perdono tutto. È un errore di sistema, una pesante ipoteca sul futuro dell’Italia. I neet sono la punta di un iceberg che galleggia nel tempestoso mare dell’istruzione, del lavoro e del mercato.

E mentre tutto questo accade, la gente continua a far polemica sui bancomat, sulle accise e sul reddito di cittadinanza modificato. Se vi piace così…

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