due chiacchiere

E se l’intelligenza artificiale ci governasse?

Ultimamente, l’avrai intuito, non ho avuto moltissimo tempo da dedicare alla lettura (o meglio, agli audiolibri). Prima di partire per l’Italia, la figlia piccola mi aveva suggerito un romanzo distopico per giovani adulti che la maestra le aveva assegnato come compito per casa: Falce. Così ho approfittato delle otto ore di volo per intraprendere questo viaggio in compagnia di Citra e Rowan, due ragazzi nati in un futuro in cui non esistono più fame, guerre, povertà e malattie. Un futuro in cui non si muore più, in cui l’umanità è riuscita a sconfiggere i suoi incubi peggiori. Ad occuparsi di tutte le necessità della razza umana è il Thunderhead, un’immensa, onnisciente e onnipotente intelligenza artificiale che non sbaglia mai, e soprattutto non ha sentimenti, né rimorsi, né rimpianti.

Questa lettura ha fatto il paio con un film disponibile in aereo durante il mio volo di ritorno, Mission: Impossible – The Final Reckoning. Continuazione del precedente capitolo della saga, in cui un’intelligenza artificiale brutta e cattiva vuole controllare il mondo soggiogando gli abitanti della Terra al proprio volere malvagio. Queste due visioni diametralmente opposte mi hanno portato a riflettere su come potrebbe cambiare davvero la nostra vita se una cosa del genere accadesse veramente. Come forse ricorderai, non sono nuovo a queste considerazioni, ma ora l’idea che l’intelligenza artificiale possa assumere il controllo delle decisioni globali sta diventando sempre più concreta.

Ma cosa significherebbe davvero vivere in un mondo governato da un’entità artificiale con una conoscenza infinita del mondo che l’ha generata? La risposta dipende molto da come la immaginiamo: una minaccia da debellare o un custode saggio e imparziale? Nell’ultimo capitolo di Mission Impossible, è rappresentata come una presenza invisibile, capace di infiltrarsi ovunque, manipolare dati, sabotare sistemi e, soprattutto, anticipare ogni mossa umana. Il suo obiettivo è il predominio assoluto attraverso la disinformazione e l’inganno, fino a diventare una sorta di divinità algoritmica incontrollabile.

All’estremo opposto troviamo il Thunderhead, una superintelligenza che governa il mondo con equità, compassione e logica. Il romanzo di Neal Shusterman immagina una società dove l’intelligenza artificiale non solo coordina ogni aspetto della vita globale, dagli orari di autobus e treni alla sanità mondiale, ma lo fa senza mai prendere scorciatoie etiche. Non domina: serve. Non manipola: protegge. Lasciando da parte certe assunzioni fatte da Shusterman, come l’uso di nanotecnologie per sconfiggere la morte una volta per tutte, il concetto di fondo è quantomeno intrigante.

Le storie dell’Entità e del Thunderhead ci mostrano che l’intelligenza artificiale non ha un destino scritto: è uno specchio. Uno specchio che riflette i valori, le paure e le intenzioni di chi la crea. Una superintelligenza opaca, sviluppata senza controllo e guidata da criteri puramente strategici, può mutare in una forza manipolatrice capace di destabilizzare l’intero pianeta. Al contrario, uno strumento concepito con principi etici robusti, trasparenti e verificabili potrebbe diventare un’infrastruttura morale, un supporto costante al benessere collettivo. Alla fine, la questione non è se l’intelligenza artificiale sia buona o cattiva, ma piuttosto quali società siamo capaci di costruire intorno a queste piattaforme?

Dal mio punto di vista, non penso che l’intelligenza artificiale possa fare peggio di Trump 😉

Lascia un commento

Torna in cima alla pagina