due chiacchiere

Il prodotto interno lordo non misura la felicità

Qualche settimana fa in un podcast di economia è venuto fuori il discorso di come, sempre di più, il prodotto interno lordo e gli altri parametri che i giornali ci rifilano tutti i giorni, serva solo a darci l’impressione che la società in cui viviamo non vada poi così male. Un argomento che mi trova assolutamente d’accordo, specialmente in questi ultimi anni in cui, come ho avuto modo di scrivere già in passato, il portafogli è diventato in maniera sempre più prepotente il dio da adorare, il catalizzatore di una vita sintetica ma felice, una vita in cui ci circondiamo di oggetti inutili solo per avere l’illusione di sentirci realizzati. La cosa è particolarmente evidente qui negli Stati Uniti: tutti gli indicatori economici, dal tasso di disoccupazione agli adeguamenti salariali ed al prodotto interno lordo, ci dicono che il Paese a stelle e strisce va a gonfie vele. Poi però vai a guardare nel quotidiano, e trovi ragazzini che si fanno di fentanyl, gente che non arriva a fine mese, sparatorie nelle scuole, e via dicendo. Proprio in quest’ottica, il podcast ha fatto ascoltare un discorso di Robert Kennedy pronunciato nel lontano 1968. La contemporaneità di quelle parole fa venire la pelle d’oca.

 all'Università del Kansas

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del prodotto interno lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle [..]. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia nei loro momenti di svago. [..] Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri dipendenti pubblici. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

Commenti

  1. Il punto è, a mio parere, che in realtà il PIL è l’unità di misura della ricchezza sempre maggiore non di un’intera nazione ma dei soggetti economici siano essi persone fisiche o giuridiche, della nazione stessa. Più il PIL è alto più la maggior parte della popolazione è povera, più quella minoranza si arricchisce.

    Risposte al commento di DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®

    1. camu ha scritto:

      Si, ha senso. Eppure solo in pochi si rendono conto di questa menzogna che ci sventolano sotto il naso ogni qualvolta ci raccontano, in maniera entusiasta, che il prodotto interno lordo cresce. La maggior parte della gente si lascia abbindolare senza neppure pensarci due volte.

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