Non capita tutti i giorni che un dottore ti dica che vuole spaccarti il naso 😅 Ma questo è più o meno quello che il chirurgo plastico mi ha spiegato, dopo aver esaminato in lungo e largo il mio setto nasale deviato, che occludeva quasi completamente una delle due narici. Dopo un paio di visite pre-operatorie, durante le quali mi sono state fatte anche le tipiche foto con i segni di pennarello sulla faccia, ero pronto per l’intervento vero e proprio. Così oggi vorrei raccontarti come si è svolta la mia prima esperienza in sala operatoria dopo 18 anni di permanenza sul suolo americano.
Qualche giorno prima dell’intervento, il chirurgo mi ha prescritto una sfilza di medicine da tenere a portata di mano per quando sarei rincasato: dalle pillole per curare la nausea dovuta all’anestesia generale, a quelle per contrastare la stitichezza, dato che non avrei potuto fare nessuno sforzo per almeno una settimana, per dare il tempo alla ferita di rimarginarsi. Mi ha persino prescritto l’ossicodone, un potente antidolorifico cugino del Vicodin, quello che Dottor House prendeva come fossero caramelle. E per non farsi mancare nulla, un po’ di Tachipirina per la febbre, ed un antibiotico per evitare possibili infiammazioni batteriche post-operatorie. Tutto mi è arrivato comodamente a casa nel giro di un giorno, grazie ad Amazon Pharmacy (no, questo non è un post sponsorizzato), nelle tipiche boccette che si usano qui.

La sera prima dell’intervento e la mattina stessa, ho fatto una doccia con un sapone antisettico come richiesto dallo staff del dottore. Alle 7 in punto, una mia amica è venuta a prendermi per accompagnarmi sul luogo del delitto, dato che al ritorno non avrei potuto guidare per via dell’anestesia, e non avevo voglia di rimanere la notte in ospedale, sebbene la caposala me l’avesse offerto, senza farmi pagare costi aggiuntivi per il… servizio.
Così mi sono presentato in reparto, dove mi hanno accompagnato in una stanzetta per spogliarmi e farmi mettere il camice ospedaliero, quello aperto di dietro, per intenderci. Mi hanno dato un braccialetto con i miei dati, ed è cominciata la via crucis di infermiere e personale medico a prepararmi. Ho apprezzato il coordinamento coreografico di tutti, e l’organizzazione con cui lavorano in quella struttura. La sanità americana ha una carrettata di difetti, ma nel mio caso devo ammettere di essermi trovato bene sotto tutti i punti di vista. Per prima è venuta una ragazza che, con il suo tablet, ha confermato tutti i miei dati, la mia storia clinica, le medicine che prendo, e che tipo di intervento avrei fatto quella mattina.
Poi è arrivata l’infermiera che mi ha messo la flebo che più tardi l’anestesista avrebbe usato per spedirmi nel mondo di Morfeo. Mi ha spiegato che avrebbe dovuto fare quello che io odio di più (salta questa frase, se sei particolarmente sensibile): infilarmi l’ago sulla vena della mano, perché in caso di emergenza hanno bisogno di tenere l’accesso tramite gomito libero. Ho stretto i denti e guardato dall’altra parte, ma è stata molto brava ed era più la paura che altro. Poi si è presentata la giovane anestesista, che ancora una volta ha ripercorso la mia storia clinica, e mi ha spiegato cosa avrebbe fatto e quali farmaci avrebbe usato. Mi ha chiesto se volevo un po’ di benzodiazepine per calmarmi (deve avermi visto mentre mi mettevano la flebo), ma le ho detto che non ce n’era bisogno. Però le ho fatto la battuta “non è che fai visite a domicilio durante il fine settimana, visto che tu hai la roba buona?” 😅 Mi ha guardato un po’ strano, devo ammettere.
Infine è arrivata un’altra infermiera che, sbloccate le ruote del mio letto, mi ha chiesto di salutare la mia amica, e mi portato in giro per corridoi vari, fino all’ingresso in una stanza fredda e dall’illuminazione accecante: stavo entrando in sala operatoria. Qui, uno stuolo di personale tutto coperto con cuffie e mascherine, ha ripreso la stessa tiritera, chiedendomi la mia storia clinica, e confermando che tipo di intervento avrei fatto quel giorno (si vede che si preoccupano proprio di non sbagliare!). L’assistente dell’anestesista si è presentata, ed abbiamo scambiato due chiacchiere mentre preparava l’ossigeno e gli altri arnesi. Poi hanno accostato il lettino su cui mi trovavo accanto a quello dove mi avrebbero operato, e poco alla volta mi sono spostato su quello.
Mi hanno messo una bella coperta calda, ed il chirurgo mi ha salutato: scambiamo due convenevoli e mi conferma che è tutto pronto. L’anestesista aggeggia dietro di me, e mi spiega che mi coprirà il volto con la maschera dell’ossigeno. Non mi ha chiesto di contare da dieci a zero, come a volte si vede nei film. Ma devo essermi addormentato immediatamente, perché non ricordo altro, se non il risveglio circa quattro ore dopo nella stessa saletta dove tutto era cominciato, con bende sul volto ed un leggero fastidio al naso. Sono ancora intontito, e la mia paura principale è di ricordare ancora come si parla inglese 😅 e di non aver detto parolacce durante il risveglio: a quanto pare è uno dei possibili effetti collaterali, e mio zio mi ha detto che mi è successo quando fui operato di appendicite tanti tanti anni fa.
Mi danno qualche cubetto di ghiaccio per dissetarmi, e dopo un po’ arriva il chirurgo a confermare che tutto è andato bene, e che sono riusciti a fare il taglia e cuci come programmato. Il fastidio al naso è dovuto ad un pezzo di plastica infilato dentro le narici, per tenerle il più dritte possibile e per evitare traumi. Dovrò tenerlo per una settimana, e mai avrei immaginato quanto sia difficile mangiare, tra le altre cose, senza la possibilità di respirare dal naso. Passa una mezz’oretta, e l’anestesia inizia a svanire. Mi aiutano ad andare in bagno, mentre la mia amica entra in stanza, sollevata di vedere che tutto è andato bene. Pian piano mi rivesto, e mi fanno sedere su una sedia a rotelle, per accompagnarmi all’ingresso. Entrato in macchina, mi appisolo per qualche minuto, ma sono contento che il peggio sia passato, e non vedo l’ora di provare questo… naso nuovo 🙂
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Commenti
Scricciolo ha scritto:
Sono contenta che sia andato tutto bene. Stai comunque in riguardo. E in merito ai medicinali, io non avrei coraggio ad assumere ossicodone. Preferisco il dolore, perché poi passa, mentre gli effetti dell’ossicodone penso siano subdoli. Parere mio, ovviamente 🙂
Risposte al commento di Scricciolo
camu ha scritto:
Grazie, ancora cerco di riguardarmi, e di evitare di starnutire con il naso, come prescritto dal medico. All’inizio sembra complicato, ma dopo un paio di starnuti, ci si fa l’abitudine 😅
Sull’ossicodone, sono assolutamente d’accordo con te. Ne ho preso una sola compressa la sera dopo l’intervento, quando iniziavo a sentire i punti tirare, e volevo cercare di riposare. Ma la matitna dopo mi sono svegliato un po’ rimbambito, quindi ho deciso che era meglio sopportare il dolore che provare quella sensazione così strana. Qui quella degli antidolorifici è una vera e propria epidemia, la gente ha una soglia del dolore bassissima, e poi gli effetti si vedono nelle statistiche, con la gente che comincia ad assumere oppiacei per continuare l’assuefazione a quella sensazione di intorpidimento…
Trap ha scritto:
Mi hai fatto ricordare l’esperienza di quando sono stato operato, nell’ormai lontano 2011, per l’impianto cocleare 🙂 io mi ero addormentato già ben prima di arrivare in sala operatoria.
p.s. aggiungo anche le tre settimane di malattia che quelli dell’ospedale mi hanno gentilmente concesso, anche se sarebbero state meglio quattro 🙂
Risposte al commento di Trap
camu ha scritto:
Eh, qui altro che 3 settimane di malattia. Già un paio di giorni dopo ero tornato al lavoro 😭 Comunque è stata un’esperienza interessante…