L’accordo in medioriente campeggia a caratteri cubitali su tutte le prime pagine. Ma vogliamo parlare delle peripezie della Flottila? Un manipolo di navi che hanno sfidato i grandi capoccioni del mondo per far un gesto dimostrativo e portare l’attenzione della gente sul genocidio che si sta verificando a Gaza. In Italia avete persino fatto uno sciopero generale, che specialmente se piazzato di venerdì, non guasta mai. Ora, premesso che io sono assolutamente a favore di queste manifestazioni, e premesso anche che in questo frangente non sono d’accordo con la posizione leccaculista della Meloni nei confronti del Paese a stelle e striscie, ma mi chiedo: cui prodest? Dopo settimane di martellamento mediatico, ora i riflettori si sono spenti sulla Flottila, ed è già diventata notizia di ieri. Si, c’è un accordo sul tavolo, ma siamo sinceri: gli americani non smetteranno mai di supportare Israele, la loro posizione nel Medioriente è troppo strategica per lasciarsela sfuggire di mano.

Io ne avevo già parlato due anni fa, quando ancora la maggior parte della gente s’indignava perché Hamas aveva attaccato Israele in maniera così violenta. La stessa gente che paventava una svolta fascista dell’Italia, dopo la vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni politiche. Mi pare che le cose siano andate in maniera leggermente diversa: il Belpaese finalmente cammina a testa alta tra le nazioni europee, e l’attuale esecutivo continua a battere tutti i record di longevità. Allo stesso tempo, Netanyahu ha gettato quella parvenza di maschera che indossava, e sta mettendo in atto un piano che bolliva in pentola dai tempi dell’accordo di Sykes-Picot.
Ma la cosa che continua a lasciarmi senza parole è che la comunità internazionale ha lasciato che il conflitto tra Israele e Palestina si intensificasse fino a diventare uno dei temi più complessi e divisivi della scena internazionale. Come mai quando Putin ha invaso l’Ucraina, le sanzioni sono partite praticamente subito (forse abbiamo dimenticato tutta la questione del gas e dell’abbassare la temperatura impostata nei termostati?), mentre per Israele di sanzioni non se ne vede manco l’ombra? Eppure non mancano prodotti che importiamo da quella nazione. Anzi, continuiamo a rifornirli di armi come se non ci fosse un domani. Con buona pace delle migliaia di civili che sono rimasti uccisi o feriti, mentre la popolazione di Gaza vive oggi in condizioni di estrema precarietà, con carenze di acqua, elettricità, cibo e assistenza sanitaria.
Quello che non si riesce a capire è che la situazione in quella regione, per quanto remota, va ben oltre i confini di Israele e Palestina: è un banco di prova per l’intera comunità internazionale, ed una prova inconfutabile dell’ipocrisia in cui vive la politica moderna, le cui decisioni, come al solito, sono dettate più dal portafogli che dalla carità umana. In gioco non c’è solo la pace in Medio Oriente, ma la credibilità stessa dei principi su cui si fonda l’ordine mondiale: il rispetto del diritto umanitario, la protezione dei civili, la ricerca di soluzioni politiche invece che puramente militari. A me l’accordo firmato in questi giorni puzza troppo di fumo negli occhi. Spero di sbagliarmi.
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Commenti
Trap ha scritto:
Stamani ho giusto ascoltato un interessante commento su youtube, permettimi di citare la trascrizione:
Dopo ben 2 anni di guerra contro tutto e tutti, nonostante la netta superiorità militare ed il forte sostegno politico internazionale, Israele non ha praticamente raggiunto nessuno dei suoi obiettivi strategici e i suoi nemici storici, Hamas, gli Houti e gli Ayatollai in Iran, seppure indeboliti, sono ancora tutti vivi e vegeti. E la tregua con Hamas di questi giorni, che certamente non rappresenta la fine della guerra, è sicuramente un grande esempio di questo fallimento strategico israeliano. Ci sono almeno tre ragioni che spiegano questo fallimento di Israele. La prima c’entra con la volontà di disimpegno dei conflitti da parte dell’amministrazione Trump che nonostante l’amicizia e i legami personali con Israele, Trump che ha come priorità gli affari economici crede che attualmente la pace in Medio Oriente in Africa sia la condizione migliore per favorire l’apertura di nuovi canali commerciali per le imprese americane, vista anche la guerra dei dazi lanciata contro i partner europei. Seconda ragione del fallimento israeliano, come da ammissione dello stesso Netanyahu, sta nella perdita della campagna di propaganda internazionale per giustificare le operazioni a Gaza. Le immagini e di video circolati sui social per mesi hanno infine scosso le coscienze di lavoratori studenti con continue campagne di protesta e boicottaggio contro Israele, con una ricaduta pesante sulla politica estera dei vari governi che alla fine hanno più o meno tutti condannato le operazioni di Israele che almeno in parte ha dovuto rivedere il proprio progetto di escalation generale. Terza ragione è certamente legata alla grande resistenza e unione che si è creata tra tutti gli arabi contro Israele, a prescindere dalla religione del gruppo etnico dove i supporter di Hasbol e Hamas, non in senso ideologico, ma in chiave antiisraeliana, si sono moltiplicati a macchia d’olio. Alla fine, ancora una volta, per un motivo o per un altro, la maledizione storica delle guerre di Israele sembra ripetersi, ovvero la vittoria militare su tutte le battaglie, ma la sconfitta politica su ciascuna di esse che si è sempre tradotta in uno status quo ante bellum.
Risposte al commento di Trap
Trap ha scritto:
Ecco il video del commento
camu ha scritto:
Condivido il commento in pieno, e mi stupisce vedere che ancora la maggior parte della gente con cui parlo non si rende conto di queste tre ragioni, ma continua a bersi la propaganda americana secondo cui gli arabi sono brutti e cattivi a prescindere 🙁
Samuele ha scritto:
Ti sei infilato in un bel ginepraio. 🙂
Io non sarei mai partito alla volta di Gaza, in barca, per portare aiuto a chi sta peggio, molto peggio, di noi. Non è il mio genere. Ma ammiro, e un po’ invidio, le persone che sono riuscite a farlo.
Risposte al commento di Samuele
camu ha scritto:
Per carità, tanto di cappello a Greta e soci, per aver organizzato questa protesta. Ovviamente gli aiuti che portavano erano solo un gesto simbolico: su quelle barche non c’era molto per i palestinesi, che al momento hanno ben altre priorità per la testa. Portare un tozzo di pane a chi non ha una casa e nessuna assistenza sanitaria (senza parlare di lavoro ed economia in genere) è ovviamente solo un gesto simbolico. Gli Stati che si lavano la coscienza mandando aiuti ma non facendo nulla per fermare il genocidio, sono i veri ipocriti.