Come promesso, riprendo da ieri il racconto della lunga maratona nuziale a cui ho preso parte una settimana fa, ospite di amici. Nella precedente puntata, giusto per fare il riassunto, abbiamo assistito al mio arrivo a casa dello sposo, con deviazione “fuori porta” dovuta ad una insignificante dimenticanza durante il carico dei bagagli in auto (t’immagini mi presentavo in mutande o in pantaloncini corti e canottiera?). Va bene, ho rimediato all’errore, e non ho speso neppure tanto: giacca, pantalone e camicia per soli 120 euro! Dopo una dormita colossale, complice la temperatura ideale e l’assoluto silenzio del paesino, il giorno dopo ero prontissimo ad assistere all’evento tanto atteso.
26.08, ore 9.30. Ho dormito in maniera strepitosa, mi trovo a casa del fratello dello sposo. Facciamo una rapida colazione a base di frutta fresca dell’orto, caffé e merendine. Poi si esce a dare una “ripassata” all’auto che accompagnerà la sposa: armati di pelle di daino, panni vari e olio di gomito, la tiriamo a lucido, pronta per essere infiocchettata dalle abili mani della fioraia. La quale, su precise indicazioni della sposa, adotta una decorazione assolutamente originale: non la composizione dietro, appoggiata sulla cappelliera dell’auto. Macché, quelle cose oramai sono superate: un bel cesto di rose bianche, attaccate con una ventosa ben nascosta, sul cofano anteriore dell’auto… ed il gioco è fatto.
26.08, ore 14.30. Un aperitivo a base di tartine e dolci vari, apre le porte della casa dello sposo, tutto preso a salutare parenti ed amici che non lo lasciano in pace un attimo: vabbè, credo che l’avesse messo in conto. Si sgranocchia qualcosa, poi si brinda e si fanno le foto, fino al grande momento: lo sposo che esce di casa e sale in macchina per dirigersi in chiesa. Prima di uscire dal paese, una breve sosta in piazza, a salutare coloro che non potranno esserci. Ed anche per dare il tempo alle auto di comporre il corteo: quando inviti più di trecento persone, devi pensare a tenere il gruppo compatto. Hai presente quello che racconta “Franco, oh Franco” di Zelig sui calabresi? Beh, più o meno l’idea è quella. Ovviamente si scherza.
26.08, ore 16.15. La chiesetta in campagna sembra identica a quella che fa da cornice alla storia nel film Casomai, piccola ma bella. Siamo tutti sullo spiazzo antistante l’ingresso, aspettiamo con impazienza l’arrivo della sposa: primo tra tutti lo sposo, che non tradisce troppa emozione, buon segno. Lei arriva, preceduta dalla “sclacsonata” dell’auto che la porta: le persone fanno spazio e accerchiano la macchina. Ed eccola, in un abito panna (almeno credo, il mio daltonismo non mi consente di cogliere queste sfumature, sob), splendido e semplice allo stesso tempo: il velo che le copre i capelli scende giù, fino a terra.
26.08, ore 19. La celebrazione è durata il tempo giusto: secondo me troppo annoia gli invitati, pigiati nella chiesa ad osservare ogni mossa degli sposi, e troppo poco significa fare le cose di fretta. Bravissimo il prete, quindi. Dopo la “sparatoria” di riso e cuoricini di carta, tutti al locale. Il serpentone di macchine credo sia lungo quasi un chilometro, e percorre in maniera sinuosa le curve del tragitto che va dalla chiesa al locale, uno spazioso ristorante praticamente in riva al mare. Il tramonto rosso intenso non poteva che essere un’ideale cornice, a questo punto del racconto. Qualche nuvoletta completava il tutto, in maniera perfetta.
Accipicchia, anche oggi temo di essermi dilungato oltre il dovuto: non è nel mio stile fare interventi troppo lunghi (con somma gioia del mio professore d’italiano), quindi mi tocca rimandare a domani la terza (e spero ultima) puntata di questa telecronaca. Chissà, magari ci si potrebbe fare un reality: al momento però non mi viene in mente un titolo giusto che si potrebbe usare. Comunque, rimani sintonizzato, perché la parte più divertente della storia deve ancora arrivare.