Prove tecniche di guerra mondiale

Ho deciso di rompere il protocollo di pubblicazione a giorni alterni per dire la mia sui fatti delle ultime ore. Lo confesso, sono troppo amareggiato per come l’Arancione ci sta cacciando nei guai con il Medioriente. Lui che, tra le tante bugie, aveva detto di essere l’uomo della pace e che non avrebbe mai scatenato nuove guerre, non ci ha pensato due volte a premere il pulsante per bombardare uno Stato sovrano. Sulla base di cosa, poi? Delle tanto sbandierate armi atomiche che l’Iran sarebbe ad un passo dall’avere? (si, come l’antrace di Saddam). La cosa che mi sconforta di più di tutte? Che ancora sono passati solo sei mesi dall’insediamento, e di questo passo, altri tre anni e mezzo di Trump saranno davvero pesanti.

Alcuni potrebbero darmi dell’ipocrita perché in fondo, diranno, la colpa è anche mia, che non ho votato per la Harris. Si, forse non avremmo tutto questo caos, tra tariffe, bombe, Elon Musk, sgravi fiscali agli oligarchi, ed economia sull’orlo del collasso (già, perché qui la gente sta iniziando a fare la spesa al supermercato pagandola in comode rate, con tanto di interessi, pensa un po’), ma non sono convinto che Kamala sarebbe stata meno guerrafondaia dell’uomo Arancione, in base ad alcune dichiarazioni fatte in campagna elettorale. Perché la verità, diciamocelo chiaramente, è che Israele è un avamposto strategico per controllare gli affari americani (petrolio, terre rare, stretto di Hormuz, giusto per citarne alcuni), e quindi la loro amicizia sarà sempre più importante di qualsiasi trattato internazionale o Corte dell’Aia. Come sempre, è tutta questione di portafogli: delle migliaia di vite umane perse finora non frega niente a nessuno.

Ed il bello, temo, deve ancora venire.